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Cartella clinica. Cassazione: “Se incompleta scatta nesso causale con presunta colpa del medico”

di Federico Loche

È quindi fondamentale da parte del medico, la corretta tenuta della cartella clinica, in modo completo e non lacunoso, al fine di evitare la presunzione del nesso causale in suo sfavore, in un eventuale giudizio promosso dal paziente nei suoi confronti e teso a ottenere il risarcimento del danno dallo stesso lamentato. Non è inoltre possibile modificare, ex post, il contenuto della cartella clinica senza commettere il reato di falso materiale in atto pubblico. 

21 NOV - Con sentenza n. 22639 depositata in data 08.11.2016, la Corte di Cassazione ha ricordato che una cartella clinica incompleta fa scattare la prova presuntiva del nesso causale a sfavore del medico, qualora la condotta dello stesso sia astrattamente idonea a cagionare quanto lamentato. Ciò in quanto, per il principio di “prossimità alla prova” (ossia l’effettiva possibilità, per l’una o l’altra parte, di offrirla), una cartella clinica lacunosa non può gravare su chi ha diritto alla prestazione sanitaria, costituendo obbligo del sanitario tenerla in modo adeguato.

In tal caso, quindi, scrive la Corte, per provare il nesso eziologico tra la condotta del medico e il danno lamentato, si può far ricorso alle presunzioni, come avviene nei casi in cui la prova non può essere fornita a causa di una condotta riferibile alla stessa parte contro la quale il fatto da provare avrebbe potuto essere invocato.

Tale arresto della Corte di legittimità, peraltro, è in linea con la precedente esegesi della stessa Corte su tale materia, sol che si pensi alla precedente pronuncia di pochi mesi prima (sentenza 31/03/2016 n. 6209), con la quale il massimo Consesso civile aveva già osservato che la difettosa tenuta della cartella clinica da parte dei sanitari non può tradursi, sul piano processuale, in un pregiudizio per il paziente e che è anzi consentito il ricorso alle presunzioni “in ogni caso in cui la prova non possa essere data per un comportamento ascrivibile alla stessa parte contro la quale il fatto da provare avrebbe potuto essere invocato”; tali principi, scrive la Corte, costituiscono espressione del principio della “vicinanza alla prova” nel quadro della distribuzione degli oneri probatori e assumono speciale pregnanza in quanto sono destinati a operare non soltanto ai fini della valutazione della condotta del sanitario (ossia dell’accertamento della colpa), ma anche in relazione alla stessa individuazione del nesso eziologico fra la condotta medica e le conseguenze dannose subite dal paziente.

Pertanto, conclude la Corte di Cassazione, l’imperfetta compilazione della cartella clinica non può tradursi in uno svantaggio processuale per il paziente (anziché per la parte cui il difetto di annotazione è imputabile).

In tale quadro esegetico, si ritiene quindi fondamentale, da parte del medico, la corretta tenuta della cartella clinica, in modo completo e non lacunoso, al fine di evitare la presunzione del nesso causale in suo sfavore, in un eventuale giudizio promosso dal paziente nei suoi confronti e teso a ottenere il risarcimento del danno dallo stesso lamentato.

Si ricorda, peraltro, che non è possibile modificare, ex post, il contenuto della cartella clinica (“ora per allora”) senza commettere il reato di falso materiale in atto pubblico.

Invero, come sostiene la Corte di Cassazione (Sezione V Penale, Sentenza 11 settembre 2013 n. 37314) la cartella clinica redatta dal medico di una struttura sanitaria pubblica, in ogni parte di essa, ha natura di atto pubblico; esattamente, essa ha natura di atto pubblico munito di fede privilegiata, con riferimento alla sua provenienza dal pubblico ufficiale e ai fatti da questi attestati come avvenuti in sua presenza, sicché l'atto adempie alla funzione di diario della malattia e di altri fatti clinici rilevanti.
 
Talché, scrive la Corte regolatrice, anche laddove il medico agisca per ristabilire la verità effettuale, alterando il testo della cartella clinica, sussiste ugualmente il reato di falso materiale, perché la cartella acquista carattere definitivo in relazione a ogni singola annotazione ed esce dalla sfera di disponibilità del suo autore nel momento stesso in cui la singola annotazione viene registrata. Ciò perché, come detto, l'atto adempie alla funzione di “diario” della malattia e di altri fatti clinici rilevanti, la cui annotazione deve quindi avvenire contestualmente al loro verificarsi.
 
Si ritiene, quindi, di fondamentale importanza porre la dovuta attenzione alla completezza della cartella clinica.
 
Avv. Federico Loche 

21 novembre 2016
© Riproduzione riservata

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