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Medicina potenziativa. Fnomceo esplora le frontiere della medicina


Ci sono interventi che possono migliorare e potenziare le fisiologiche capacità psico-fisiche dell’essere umano. Sono leciti? Fino a che punto? Se ne discute oggi a Roma in un convegno organizzato dalla Fnomceo. IL PROGRAMMA.

16 MAR - L’articolo 76 del Codice di Deontologia Medica del 2014 recita: “ll medico, quando gli siano richiesti interventi medici finalizzati al potenziamento delle fisiologiche capacità psicofisiche dell’individuo, opera, sia nella fase di ricerca che nella pratica professionale, secondo i principi di precauzione, proporzionalità e rispetto dell’autodeterminazione della persona, acquisendo il consenso informato in forma scritta”.
 
Una “presa d’atto” riguardo alle pratiche di medicina potenziativa che tutela le prerogative professionali, ma che non chiude la porta a scenari futuri. Capacità sensoriali potenziate, ad esempio, come attualmente si sta studiando soprattutto in ambito militare e di difesa.
 
E la medicina potenziativa sarà al centro del convegno organizzato oggi, giovedì 16 marzo, a Roma dalla Fnomceo, per ragionare intorno alle sue implicazioni etiche e giuridiche.
 
Secondo Maurizio Grossi, Presidente Omceo Rimini e coordinatore della Consulta deontologia nazionale, “Cambia il paradigma della medicina, che non si rivolge solo ed unicamente alla persona malata ma anche alla persona sana per ‘potenziarla’. Però, introducendo la medicina potenziativa nel Codice Deontologico, nasce evidente un problema complesso, quello della definizione di potenziamento specie in relazione alla distinzione con i trattamenti a finalità terapeutica. Tale problema – prosegue Grossi in un’intervista pubblicata sul portale Fnomceo – ricade sulla deontologia in quanto questa ha il compito di definire il comportamento responsabile del medico in ogni atto della condotta professionale. Importante quindi conoscere cosa sia la medicina potenziativa, quali ruoli abbia la professione medica in questo settore, e non ultimo quali limiti dare a questa pratica, chiedendosi se è lecito fare tutto ciò che è tecnicamente possibile”.
 
Il nodo è quindi, ancora una volta, nel ruolo del medico. “Penso – dichiara, sulla stessa pagina online, Maurizio Benato del Centro Studi Fnomceo e tra i primi a occuparsi del tema – che prendersi cura delle persone non vuol dire solo preservare l’esistente storico, ma anche non ostacolare ciò che è nuovo in nome di una conservatrice pretesa ‘essenza’ dell’umano e neppure porre un limite al processo di creazione, attraverso astratte e formali norme etiche. Occorre accettare la sfida, facendosi carico, in quanto medici, della vulnerabilità umana che è l’humus nel quale l'esistenza umana si manifesta e la progettualità della vita di ciascuno si esprime. Sono proprio i modi e i gradi della condizione di vulnerabilità, nella quale si sviluppa nel tempo l'identità biografica di ciascuno, che devono richiamare le attenzioni di chi intende agire con l'obiettivo di ridurne il peso. A questo ampliamento dell’orizzonte culturale dovrebbe, contemporaneamente, seguire il compito della sfera normativa che evitando derive paternalistiche sulle scelte personali del singolo dovrebbe tutelare nel contempo l’incolumità della popolazione”.
 
 

16 marzo 2017
© Riproduzione riservata

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