12° Forum Risk Management. Seconda giornata/1. Pdta, risposta ai problemi assistenziali delle patologie cronico-degenerative
Condiviso nel 90% della Aziende sanitarie è considerato anche strumento di gestione di particolari settori sensibili e complessi dell’intervento sanitario. È quanto emerso da un’indagine promossa dal Laboratorio Pdta del Forum Risk Management presentata a Firenze. Sono tre le Regioni che hanno recepito il Piano nazionale cronicità con atto formale: Umbria, Puglia e Piemonte.
29 NOV - La sfida alla cronicità è aperta. Un puzzle complesso dove Pdta, Distretti ma anche nuovi modelli di gestione regionale sono le tessere che completeranno il percorso per garantire la presa in carico del paziente in un’ottica di continuità assistenziale. Il tutto nella cornice delineata dal Piano nazionale cronicità che ha preso il via con l’accordo Stato Regioni del settembre 2016.
Ad oggi sono tre le Regioni che hanno recepito il Piano con atto formale: Umbria, Puglia e Piemonte. C’è quindi ancora molto da fare. Mentre sul fronte dei Pdta nel 26% delle aziende sanitari italiane, il 90% li ha attivati. Scompenso, diabete, ictus e post ictus, patologie oncologiche e Bpco sono le prime 5 patologie maggiormente considerate.
È quanto emerso dalla sessione “Dai Pdta alla personalizzazione della cura alla presa in carico del paziente e continuità assistenziale” organizzata nell’ambito della seconda giornata dei lavori del 12° Forum Risk Management in corso a Firenze fino al 1 Dicembre, alla quale hanno partecipato Direttori sanitari, di Distretto e di Presidio sanitario.
A fotografare lo stato dell’arte Piano nazionale cronicità a un anno e mezzo dalla sua applicazione
Paola Pisanti Presidente della Commissione nazionale Diabete del Ministero della Salute. “Un Piano nazionale innovativo incentrato sulla persona e costruito con le Regioni – ha ricordato
Pisanti – che ha come capisaldi un diverso modello integrato ospedale territorio, una continuità assistenziale modulata sulla base dello stadio evolutivo della malattia, il potenziamento delle cure domiciliari, un’attenzione ai bisogni globali dei pazienti e la valutazione multidimensionale e di outcome personalizzati.E poi un sistema di cura integrato basato sul Chronic care model. Le Regioni – ha aggiunto – si sono impegnate a recepire i provvedimenti e a dare attuazione ai suoi contenuti nei rispettivi ambiti territoriali ferma restando la loro autonomia nell’adottare le soluzioni organizzative più idonee”.
Ad oggi sono tre le Regioni hanno recepito il Piano con atto formale: Umbria, Puglia e Piemonte. L’Umbria ha approvato un documento tecnico in cui sono stati stabiliti i criteri per dare attuate attuazione alle linee guida del Piano dando mandato ai Dg delle Aziende sanitarie di porre in atto, confermare o rimodulare assetti organizzativi, percorsi clinico assistenziali in coerenza con quando stabilito nel Piano nazionale cronicità. Piano che la Puglia ha recepito con una delibera di giunta già dal novembre del 2016. Ma un progetto esemplare è quello realizzato nella Regione Piemonte. “Nel prevedere il recepimento a livello regionale, il Piemonte – ha spiegato Pisanti – ha attivato un workshop per un’iniziativa pilota con l’obiettivo di attivare quattro Comunità di pratica. In particolare, l’idea è quella di promuovere un lavoro di analisi dal livello operativo a quello organizzativo e a quello programmatico promuovendo l’attivazione delle Comunità di pratica in 4 aziende che rappresentano differenze territoriali e organizzative per poi favorire la trasferibilità di modelli e soluzioni che saranno individuate. E come Ministero siamo stati coinvolti definizione dei problemi nelle quattro aree considerate”.
Certo, ricorda Pisanti, per applicare il Piano molto si giocherà sulla capacità di governance e sulla collaborazione tra Governo e Regioni: “Per questo abbiamo costituito una cabina di regia, che dovrà coordinare e indirizzare l’attuazione, monitorare la realizzazione dei risultati e valutare i vari modelli innovativi tra cui i sistemi di remunerazione e proporre quando necessario l’aggiornamento del Piano. Ora serviranno anche regole e strumenti e strumenti che accompagnino la trasformazione del Ssn da un modello a Sylos verticali a percorsi integrati e trasversali”.
25 milioni di euro per la sanità digitale. E ancora, Il ministero della Salute ha messo in campo un progetto, denominato PonGov, che utilizza la sanità digitale quale supporto all’utilizzazione del Piano nazionale cronicità, prevedendo un finanziamento di 25 milioni di euro: “Il progetto sarò affidato ad Agenas per dare una casetta di strumenti necessari per applicare attraverso lo strumento digitale il Piano, consentendo di lavorare in un’ottica di interdisciplinarietà”
L'indagine del Laboratorio del Forum Risk Management: Pdta condiviso nel 90% delle Aziende.
Paolo Zolo Comitato scientifico Gutemberg ha snocciolato i dati emersi dalla
seconda indagine conoscitiva sulla applicazione dei Pdta nelle Aziende Sanitarie delle principali Regioni italiane condotta tra giugno e settembre del 2017 e promossa dal Laboratorio Pdta del Forum Risk Management. Un’indagine realizzata in 43 Aziende sanitarie (10 Aou) rappresentative del territorio nazionale (il 26% del totale delle 183 Aziende sanitarie esistenti, 123 Ao e 60 Aou) e che ha visto come protagonisti le Direzioni sanitarie e i loro Direttori generali.
“Dai dati è emerso che il Pdta è condiviso nel 90% delle Aziende come strumento di gestione di particolari settori sensibili e complessi dell’intervento sanitario – ha spiegato Zolo – e come risposta ai problemi assistenziali delle patologie cronico-degenerative. Tra queste le condizioni di malattia di maggior attenzione sono state lo scompenso cardiaco, il diabete, l’ictus, la Bpco. Le patologie neurodegenerative quali demenze, sclerosi multipla, parkinson, autismo, assenti nella precedente rilevazione su base regionale, compaiono in blocco in maniera significativa come espressione emblematica della nuova epidemiologia. L’accessibilità alla documentazione sulle iniziative aziendali di Pdta è difficoltosa in oltre 2/3 dei casi. Nel 30% delle Aziende il processo di realizzazione dei Percorsi si attua interamente nelle Direzioni Sanitarie, mentre nella maggior parte dei casi le Direzioni assicurano promozione e coordinamento”.
E ancora, nella maggioranza delle risposte (80%) si è avvertita l’esigenza di costituire un Team competente alla programmazione dei percorsi: medici e infermieri sono le professionalità più coinvolte, ma si evidenzia un significativo processo di valorizzazione di nuove professioni e di nuove competenze.
“Tra gli elementi critici rilevati – ha aggiunto Zolo – ci sono l’assenza nel 90% dei casi di una nuova organizzazione dei bilanci aziendali, ancorati a budget per prestazione e non per percorsi, per consumi e non per efficacia degli interventi e dei trattamenti. Manca inoltre nel 30% delle aziende, una significativa valutazione dei risultati delle nuove azioni e della qualità dei percorsi, sono quindi assenti indicatori adeguati. Sono ancora fragili le politiche aziendali di sostegno e di incentivo verso i professionisti impegnati in prima persona nelle nuove sfide poste dai Pdta e dall’83% pensa che siano necessari interventi formativi sui processi di riforma avviati. Infine i Pdta vengono intesi come strumenti di collegamento tra sanitario e sociale, la totalità delle aziende ritiene un’opportunità per incentivare i rapporti tra Presidi Ospedalieri e dimensione territoriale dei servizi e degli interventi”.
Il modello Veneto: Oltre i Pdta. Andare oltre la cronicità e oltre i Pdta per concentrarsi sulla complessità e sulla multimorbidità sono queste le sfide e gli strumento per il cambiamento sulle quali ha invece puntato il Veneto per affrontare i problemi della cronicità. Un nuovo modello illustrato da
Maria Chiara Corti della regione Veneto che, ispirandosi al Piano nazionale cronicità e partendo dai big data, ha puntato a una segmentazione della popolazione e a piani di cura personalizzati e monitorati.
“La multimorbidità va riconosciuta in quanto, oltre a determinare alti costi, se non viene gestita adeguatamente non consente la presa in carico efficiente del paziente – ha detto – L’unità di osservazione è l’assistito considerato a 360 gradi: Il nostro sistema è infatti basato sulla classificazione delle persone e non delle malattie per arrivare per ottenere una stratificazione della popolazione a rischio e una definizione dei costi. Abbiamo osservato che il 25% della popolazione utilizza il 75% delle risorse, quasi 4mld di utilizzati proprio per la gestione delle cronicità e delle multimorbidità”.
“Ora stiamo cercando di sperimentare con una fase pilota, e successivamente con uno skillig up, delle modalità di presa in carico delle multimorbidità – ha aggiunto – perché dobbiamo comunque mettere in campo strumenti nuovi e diversi. Stiamo quindi stiamo cercando nel nostro nuovo Pssr di concentrarci sulla presa in carico delle cronicità per intensità di cura. Quindi vogliamo riportare e creare nel Distretto, con la centrale operativa, con le Unita operative di cure primarie e le medicine di gruppo integrate all’interno della nostra realtà distrettuale una modalità diversa di presa in carico con strutture di ricovero intermedio. E per il 2018-2019 abbiamo finanziato la progressione di oltre 860 posti letto di cure intermedie e riabilitazione territoriale e hospice. luoghi più vicine al domicilio del paziente. Il programma che stiamo sperimentando è un programma di care-management che vorremmo in futuro ampliare. Ora – ha concluso – stiamo gestendo un programma che vede lavorare insieme il medico di medicina generale e l’infermiere, ai quali aggiungeremo in futuro la figura di un geriatra per portarlo all’interno del territorio. A distanze di sei mesi dal suo avvio abbiamo già i primi risultati: i ricoveri si sono ridotti del 20% con un effetto quasi simile all’efficacia dei nuovi farmaci sullo scompenso cardiaco. Insomma la gestione multiprofessionale sono i nostri farmaci”.
Ester Maragò
29 novembre 2017
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