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Parafarmacie: "Altro che liberalizzazioni. Con decreto rischiamo il fallimento"


“Se la bozza del Dl sarà confermata, il Governo decreterebbe il fallimento delle 3.823 parafarmacie esistenti e cancellerebbe la possibilità di 500 milioni annui di sconto per i cittadini”. La denuncia arriva dai rappresentanti di parafarmacie. Chiesto incontro urgente con Balduzzi.

16 GEN - Il decreto liberalizzazioni del Governo Monti "rischia di seppellire l'esperienza delle parafarmacie". Ad affermarlo stamani nel corso di una conferenza stampa, sono stati i rappresentanti del Coordinamento delle Parafarmacie. Se infatti la bozza del decreto circolata nei giorni scorsi dovesse essere confermata, per il Coordinamento non solo non si creerebbero le opportunità per aprire nuovi esercizi non convenzionati, ma “si condannerebbero al fallimento anche le 3.823 parafarmacie esistenti oggi, che si troverebbero a competere con ulteriori 5.500 farmacie circa– la cui apertura è prevista dal decreto – senza avere nemmeno la disponibilità di dispensare i farmaci di fascia C. Dunque, non potranno reggere la concorrenza”.

Questo, secondo il Coordinamento, significherà anche la “perdita, per il cittadino, di possibili risparmi per 500 milioni all’anno derivanti dagli sconti attuati in un regime di sana concorrenza nel doppio canale”, ha affermato Giuseppe Scioscia, presidente del Forum nazionale Parafarmacie, ribadendo che “nelle parafarmacie e nei corner della Gdo i farmaci sono dispensati da farmacisti che hanno le stesse competenze dei farmacisti, che garantiscono lo stesso livello di sicurezza e in pari condizioni di farmacovigilanza delle farmacie”


Secondo i dati illustrati nel corso della conferenza stampa, infatti, il valore della fascia C si aggira intorno ai 3,3 miliardi di euro (su 26,5 miliardi del mercato globale dei farmaci). “Considerato che le parafarmacie applicano in media il 10% di sconto, che arriva anche al 20% nella Gdo, i risparmi per il cittadino sarebbero superiori a 330 milioni di euro. A questi bisogna sommare gli sconti già applicati sui Sop e gli Otc a partire dalle liberalizzazioni del 2006 di Bersani. Ma se le parafarmacie dovessero chiudere – ha sottolineato Scioscia -, sarebbe la fine di tutti gli sconti perché le farmacie, in assenza di concorrenza, non avrebbero alcun interesse a praticarli”.

Secondo i rappresentanti del Coordinamento, questo è stato dimostrato anche dalla possibilità di sconti introdotta nel 2005 dall’allora ministro Storace e  mai applicata dalle farmacie, così come dalla possibilità di sconto stabilita con la manovra dello scorso dicembre e che, secondo una ricognizione delle parafarmacie in dieci città di Italia, anche in questo caso non è stata messa in atto dalle farmacie.

Il Coordinamento ricorda il passo indietro compiuto dal Governo già nel corso dell’approvazione del decreto Salva Italia a causa dell’“azione lobbistica all’interno del Parlamento” e denuncia la “mancanza di coraggio” nel nuovo decreto – o meglio nella bozza. “Il Governo stavolta si è castrato da solo”, ha affermato Massimo Brunetti, presidente dell’Anpi. Brunetti ha inoltre spiegato che anche gli effetti del decreto Salva Italia, convertito in legge, sono in realtà molto ridotti per le parafarmacie. “L’elenco dei farmaci sui quali si potrebbe eliminare l’obbligo di ricetta è solo una parte di quelli di fascia C, pari a un valore di 2,2 miliardi. Secondo un nostro studio, il 30% di questi sono però esclusi direttamente dalla legge, ad esempio gli ormoni, e un ulteriore 37% sarà escluso perché si tratta di farmaci con effetti collaterali a rischio per i quali è difficile pensare che l’Aifa e il ministero concorderanno di togliere l’obbligo di ricetta. Rimarrebbe un misero 30% sul quale, peraltro, sappiamo bene che i titolari di farmacia e i medici faranno una forte opera di persuasione affinché sia conservato l’obbligo di ricetta. Al massimo, quindi, farmacie e parafarmacie si troverebbero a competere per un valore di 500 milioni di euro di cui le farmacie ne otterrebbero, secondo le nostre stime, circa 50 milioni, cioè niente”.

E così, il combinato del decreto Salva Italia con il testo del decreto liberalizzazione oggi in circolazione “avrà un solo effetto: togliere dalla distribuzione del farmaco il canale alternativo e concorrente alla farmacia, mantenendo per quest'ultima l'esclusività della vendita dei farmaci; sarebbe una marcia indietro di 5 anni che azzererebbe la sana ventata di concorrenza introdotta nel 2006 col decreto Bersani”. Quindi, “addio a 8 mila posti di lavoro, addio a 600 milioni di investimento, addio alle 3.823 parafarmacie (la liberalizzazione dei farmaci di fascia C permetterebbe invece l’apertura di 3.500 nuovi esercizi), addio a forti sconti sul prezzo dei farmaci con possibili risparmi pari a 500 milioni annui per i cittadini”.

I rappresentanti del Coordinamento hanno quindi criticato l’attuale sistema di pianta organica così come quello dei concorsi per l’assegnazione di nuove sedi e di vendita o ereditarietà della concessione governativa per l’apertura di una farmacia. Però sono contrari anche a lasciare ai farmacisti la totale libertà di aprire una farmacia. “In Italia ci sono 80 mila farmacisti ma è impossibile pensare di aprire 80 mila farmacie, anche perché salterebbe ogni possibilità di fatturato e quindi di sussistenza. Serve equilibrio”, ha affermato Brunetti. E Scioscia ha aggiunto: “Siamo a favore dell’apertura di nuove sedi, perché riteniamo sia giusto dare ai colleghi che vogliono diventare titolari di farmacia più possibilità perché ciò avvenga. Chiediamo solo di poter competere, di essere liberi di esercitare la nostra professione e la nostra attività imprenditoriale”.

Il coordinamento ha chiesto un incontro urgente con il ministro della Salute, Renato Balduzzi. Per il momento, comunque, non sono in programma azioni di protesta, in attesa di conoscere i contenuti definitivi e ufficiali del decreto.
 

16 gennaio 2012
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