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Liberalizzazioni. Bianco: "Se una prestazione sanitaria costasse troppo poco mi preoccuperei"

di Eva Antoniotti

Le tariffe per i medici sono già state cancellate da Bersani. Ma, secondo il presidente Fnomceo, avere un costo di riferimento è comunque utile ai cittadini per capire cosa stanno scegliendo. Attenzione ai rischi per la qualità che potrebbero derivare da un approccio troppo ideologico

18 GEN - Tariffe, procedimenti disciplinari e pubblicità sanitaria. Sono questi i temi sui quali il prossimo decreto sulle liberalizzazioni potrebbe intervenire. Ma in questa intervista a Quotidiano Sanità, il presidente della Fnomceo Amedeo Bianco spiega perché a suo parere non si dovrebbe andare oltre quanto già previsto nella manovra di agosto, che indicava il percorso per una rapida riforma degli Ordini professionali.

Presidente Bianco, crede che nel decreto sulle liberalizzazioni ci saranno novità anche per la professione medica?
Per le professioni sanitarie, oltre quanto scritto nel decreto legge 138 poi convertito in legge (la manovra d’agosto 2011, ndr) non si può ragionevolmente andare. Certo tutti sappiamo cosa c’era nella relazione dell’Antitrust di fine anno. In particolare riguardo alla liberalizzazione delle professioni c’erano tre elementi: tariffe, procedimenti disciplinari “laici” e la sottrazione della pubblicità sanitaria alla verifica e al controllo degli Ordini.
Andiamo per ordine. Parliamo delle tariffe professionali.
La questione delle tariffe per noi è già stata superata con il decreto Bersani. E infatti noi non abbiamo più un tariffario come tale.
Restano però dei tariffari di riferimento e proprio questi potrebbero essere cancellati con il nuovo decreto.
Le tariffe di riferimento vengono usate soprattutto nei contenziosi. Se sarà il giudice a dover stabilire la “congruità” di una richiesta economica, non potendo essere competente in ogni materia, dovrà affidarsi ad un consulente. Mi sembra una procedura più lunga e costosa.
Nel merito poi credo che avere un costo di riferimento sia comunque utile ai cittadini per capire cosa stanno scegliendo. Anche perché conoscere almeno il costo dei fattori di produzione contribuisce a garantire standard di qualità e sicurezza
Ma non può bastare il prezzo elevato  di una prestazione a garantire la sicurezza.
Certamente no, ma è vero che quando il costo di una prestazione copre si è no i costi vivi qualche preoccupazione dovrebbe sorgere.
E sulla pubblicità sanitaria?
Oggi gli Ordini intervengono su sollecitazione degli Enti locali, che hanno la competenza giuridica ma che non hanno la competenza specifica per valutare nel merito le situazioni. Addirittura la Regione Toscana ha stanziato dei fondi per affidare agli Ordini anche una forma di controllo sulle informazioni che circolano in internet. Voglio anche ricordare, che non c’è una sola sentenza dell’Antitrust che sanzioni gli Ordini per un intervento in materia di pubblicità sanitaria, il che vuol dire che non siamo stati “turbativi” della libera concorrenza. Se non saremo noi ad occuparci della veridicità e della trasparenza dell’informazione sui temi sanitari, mi domando chi lo farà.
Sulle commissioni disciplinari, l’antitrust chiede la presenza di componenti laici. È una richiesta accettabile?
Già oggi, se il sanzionato fa ricorso, sull’atto disciplinare possono intervenire il ministero della Salute, il giudice e la Commissione centrale delle professioni sanitarie, che è laica, mista. Ma credo che sia importante che il primo giudizio avvenga tra pari.
Non crede che la scelta delle liberalizzazioni coincida con un sentimento diffuso nell’opinione pubblica contro i “privilegi” dei professionisti?
Non si può affrontare questo tema con l’idea di “saldare i conti con la storia”. Piuttosto occorre fare un grande sforzo per far decantare quast’alea di resa dei conti, stando attenti agli equilibri sociali che si vanno a toccare. Capisco che certi settori vadano innovati e capisco anche che qualcuno pensi che si possa in questo modo creare molti nuovi posti di lavoro, a costo zero. Ma, a parte il rischio di creare posti di lavoro “poveri”, non si può perdere di vista il ruolo civile delle professioni che non può rinunciare a standard di qualità.
Modernamente, che ruolo possono avere gli Ordini professionali?
Per quanto riguarda i medici e gli odontoiatri credo ci si possa riferire alle cose contenute nel testo di riforma che avevamo messo a punto con il ministro Fazio. Primo: tutela e promozione della qualità professionale, ovvero formazione e formazione continua, ovviamente in rete con le Università, con le Società scientifiche, con le istituzioni sanitarie. Secondo: preservare, garantire e sviluppare i contenuti etici e civili di ogni prestazione professionale, attraverso la deontologia, che è proprio la qualità caratterizzante delle professioni. Perché una prestazione professionale va al di là del semplice contratto commerciale, e le regole di mercato, da sole, non garantiscono tutto questo. E forse è proprio verso questo aspetto che una certa cultura liberista mostra più insofferenza.
Ma davvero gli Ordini hanno sempre protetto tutto questo? O piuttosto non hanno solo difeso gli interessi dei loro iscritti?
Negli anni queste istituzioni hanno anche svolto un ruolo di rappresentanza “sindacale” dei professionisti, che non ne avevano altrimenti. Ma oggi l’80% dei medici lavora in un sistema di regole molto preciso, che è il Ssn, e dunque l’Ordine non ha più questa funzione di protezione.
Nell’incontro che gli Ordini hanno avuto la scorsa settimana con la ministra Severino voi non c’eravate. Perché?
Perché gli Ordini sanitari fanno riferimento al ministero della Salute e non al ministero di Grazia e Giustizia.
Avete comunque avuto scambi con rappresentanti del Governo su questi temi?
Il ministro Balduzzi conosce le nostre preoccupazioni, ma non abbiamo ancora avuto occasione di parlare con altri membri del Governo.
 

18 gennaio 2012
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