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Liberalizzazioni farmacie. Non è vero che la pianta organica è stata abolita


Il ministero della Salute ha recentemente diramato un parere secondo il quale il “Cresci Italia” avrebbe “inequivocabilmente” abolito le piante organiche delle farmacie. Ecco perché questa tesi non può essere condivisa. Un commento dell’avvocato Tommaso di Gioia

28 MAR - L’art. 2 della legge n. 475/’68, a seguito della definitiva conversione in legge del d.l. “cresci Italia”, è ora composto soltanto da due commi. È venuto meno il comma 1 nelle sua versione originaria “Ogni Comune deve avere una pianta organica delle farmacie nella quale è determinato il numero, le singole sedi farmaceutiche e la zona di ciascuna di esse” ed è stato sostituito da una disposizione, secondo cui “…il Comune, sentiti l’azienda sanitaria e l’Ordine provinciale dei farmacisti competente per territorio, identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie … tenendo altresì conto dell’esigenza di garantire l’accessibilità del servizio farmaceutico anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate”.
Tale modifica normativa ha indotto l’ufficio legislativo del Ministero della Salute a rendere un parere secondo cui il legislatore ha “inequivocabilmente” eliminato la pianta organica e le procedure ad essa correlate.

La tesi dell’eliminazione della pianta organica dal mondo giuridico, tuttavia, non è condivisibile.
Perché possa affermarsi tale tesi che vi è stata l’eliminazione dal mondo giuridico della pianta organica occorre che non vi siano più norme statali che a questa facciano riferimento. È viceversa evidente che, ove il legislatore avesse fatto rimanere in vigore norme statali che prevedono espressamente la  pianta organica farmaceutica, non potrebbe sostenersi che la stessa sia stata espunta come strumento di ordinata dislocazione delle farmacie sul territorio comunale.

Nel caso di specie il legislatore ha ritenuto di lasciare in vigore alcune norme che prevedono l’obbligatoria redazione della pianta organica farmaceutica; si consideri, al proposito, a mero titolo di esempio, che il d.l. “cresci Italia” non ha abrogato:
- l’art. 9 comma 1 della L. n. 475/’68: “La titolarità delle farmacie che si rendono vacanti e di quelle di nuova istituzione a seguito della revisione della pianta organica …”
- l’art. 5 comma 1 della L. n. 362/’91 (intitolata Norme di riordino del settore farmaceutico): “… in sede di revisione della pianta organica delle farmacie …”
- l’art. 104 comma 2 del R.D. n. 1265/’34 (modificato dall’art. 2 della L. n. 362/’91): “In sede di revisione delle piante organiche successiva all’entrata in vigore delle seguente disposizione …”.

Tutte tali disposizioni sono rimaste valide ed efficaci e, pertanto, vanno lette in combinato disposto con la nuova formulazione dell’art. 2 della L. n. 475/’68, secondo un principio pacifico secondo cui ad ogni norma occorre assegnare un’interpretazione che assicuri un significato logico, piuttosto di un’interpretazione che la ponga nel nulla.
E non vi è dubbio che proprio l’art. 2 e l’art. 5 della l. n. 362/’91 si configurano come le disposizioni fondamentali nell’assicurare l’ordinata dislocazione delle farmacie sul territorio mediante lo strumento flessibile della pianta organica farmaceutica; non a caso questi due articoli (non abrogati), sono proprio quelli che il Governo della Repubblica Italiana, mediante l’avvocatura Generale dello Stato, cita a pagina 14 del controricorso presentato dinanzi alla Corte di Giustizia nella causa C-531/06, come fonte normativa statale di riferimento in materia di pianta organica farmaceutica.
Se, allora, il legislatore, potendo abrogare espressamente quelle norme fondamentali che prevedono l’obbligo di approvazione della pianta organica farmaceutica, ha ritenuto viceversa di lasciarle in vigore, non vi è dubbio che non può affermarsi che la normativa del decreto “cresci Italia” ha eliminato la pianta organica delle farmacie dal mondo giuridico.

A tali conclusioni, del resto, può giungersi anche seguendo proprio l’iter argomentativo contenuto nel parere dell’ufficio legislativo del Ministero della Salute.
Nel parere si legge, infatti, che occorre rispettare tuttora il limite della distanza di 200 metri tra le farmacie giacchè il Parlamento, nel novellare la L. n. 475/’68, ha “lasciato immutato” il comma 7 dell’art. 1; se, allora, detto criterio della “immutazione” vale per il comma 7 dell’art. 1, non si vede perché non debba viceversa valere per tutte quelle altre disposizioni statali che prevedono espressamente una pianta organica farmaceutica (è il caso di rilevare, per scrupolo di completezza, che il legislatore è espressamente intervenuto novellando la L. n. 362/’91 all’art. 7 comma 9, sicchè, se veramente avesse voluto eliminare la pianta organica come strumento per la dislocazione delle farmacie, nulla gli avrebbe impedito di novellare anche l’art. 5 della stessa legge).

Ulteriori argomenti a favore della permanenza della pianta organica farmaceutica come strumento pianificatorio comunale si ricavano dalle norme del decreto legge “cresci Italia”.
L’art. 11 comma 1 lettera c) (ora art. 2 della L. n. 475/’68), infatti, stabilisce che il Comune “… identifica le zone nelle quali collocare le nuove farmacie”.
La disposizione è di un rigore estremo ed impone di indicare in maniera precisa i confini di quelle porzioni del territorio comunale all’interno dei quali collocare le farmacie.
Deve considerarsi, infatti che:
- il termine “identifica” è tutt’altro che vago ma, anzi, presuppone una precisione estrema nell’indicazione degli elementi identitari
- il termine “zona”, tecnicamente, indica una porzione di territorio perimetrata. La giurisprudenza amministrativa è pressoché granitica nell’assegnare tale significato al termine “zona”
- la locuzione “all’interno delle quali collocare” presuppone logicamente che vi sia un limite (costituito, appunto, dalla perimetrazione): non si può collocare qualcosa all’interno di ciò che è privo di confini.

Ciò dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che la pianta organica farmaceutica è tutt’altro che “eliminata” dal mondo giuridico: i Comuni, nell’istituire le nuove farmacie ai sensi del “novellato” art. 2 della L. n. 475/’68 devono, proprio a garanzia del criterio dell’equa distribuzione sul territorio, indicare precisamente quelle porzioni perimetrate dello stesso che costituiscono l’ambito entro cui è obbligatoria l’allocazione dell’esercizio farmaceutico.
Questo modus procedendi assicura in maniera effettiva il rispetto della capillarità del servizio farmaceutico, tanto condiviso dal legislatore da far prevedere espressamente nel novellato art. 2 della L. n. 475/’68 (a differenza del regime pregresso) che la distribuzione sul territorio deve essere talmente ramificata da assicurare l’accessibilità del servizio medesimo “anche a quei cittadini residenti in aree scarsamente abitate” (è auspicabile, tuttavia, che l’applicazione di tale prescrizione non determini abusi nell’individuazione delle zone di nuova istituzione).
Un ulteriore (e probabilmente decisivo) argomento a favore della permanenza della pianta organica nel nostro sistema giuridico è dato dal fatto che essa veniva qualificata, nella abrogata versione dell’art. 2 comma 1 della L. n. 475/’68, come quell’atto in cui “è determinato il numero, le singole sedi farmaceutiche e la zona di ciascuna di esse”.

La pianta organica, dunque, è un atto che, dal punto di vista giuridico e per esperienza consolidata, ai sensi della disposizione abrogata, divide il territorio comunale in zone (intese come porzioni perimetrate di territorio), all’interno di ognuna delle quali devono operare le singole sedi farmaceutiche.
Se così è, allora, non si vede in cosa differisca la nuova normativa dalla previgente: il decreto “cresci Italia”, infatti, nello stabilire le modalità operative per l’istituzione delle nuove farmacie, impone di identificare le “zone” di ogni istituenda sede farmaceutica. Il legislatore, in buona sostanza, nella nuova formulazione dell’art. 2 della l. n. 475/’68 ha avuto cura di utilizzare quella stessa terminologia che, nella previdente formulazione, veniva utilizzata per spiegare quali fossero il contenuto e le caratteristiche della pianta organica farmaceutica.
Le dinamiche operative per l’individuazione delle nuove sedi ed il contenuto degli atti relativi alla loro istituzione sono, quindi, gli stessi indicati nella normativa abrogata: ne discende che, per quanto attiene alla necessità di operare ordinatamente mediante l’approvazione di una pianta organica farmaceutica, nulla è stato innovato rispetto al passato (un’interpretazione secondo cui le nuove sedi istituite ai sensi del d.l. “cresci Italia” devono essere identificate mediante l’indicazione di zone del territorio, mentre le sedi già istituite perderebbero la propria zona di riferimento, si rivelerebbe immediatamente irragionevole e contraddittoria, il che non è consentito in un’ottica di interpretazione costituzionalmente orientata).

Ciò che, invece, è stato innovato sensibilmente rispetto al passato dal d.l. “cresci Italia” è il procedimento di approvazione della pianta organica farmaceutica che ora diviene più snello e rapido, è avviato e concluso dal Comune ed è sottratto al “collo di bottiglia” dell’approvazione regionale (la Regione ha ora l’esclusivo compito di sostituirsi al Comune inerte).
Il Comune, infatti, è istituzionalmente l’ente più vicino ai cittadini interessati, conosce perfettamente le dinamiche demografiche e l’assetto topografico del proprio territorio, assicura duttilità di azione grazie alla varietà di specifiche competenze dei propri uffici.
Ciò è perfettamente conforme ai principi a cui si ispira la nuova normativa: principio di sussidiarietà, speditezza ed adeguatezza dell’azione amministrativa, concorrenza e competitività.
La nuova normativa, peraltro, è anche appropriata rispetto all’obiettivo di evitare che le lungaggini burocratiche per le approvazioni delle piante organiche possano diventare l’inaccettabile strumento mediante cui rallentare l’istituzione delle sedi farmaceutiche, ad ingiusto discapito e pregiudizio dell’assistenza al cittadino ed a detrimento dei livelli occupazionali.

Su tale punto sarebbe estremamente opportuno che le Regioni, nel legiferare la normativa di dettaglio, potenziassero, se possibile, la rapidità delle modalità istitutive delle nuove farmacie e la certezza della relativa azione amministrativa, prevedendo, ad esempio, che i Comuni inseriscano sulla home page del proprio sito web il numero aggiornato degli abitanti, il numero delle farmacie operative ed il numero delle farmacie che dovrebbero funzionare nel rispetto del quorum stabilito dalla legge; ciò consentirebbe di percepire immediatamente se vi è un deficit di assistenza farmaceutica.
In tempi in cui la normativa prevede la class action anche nei confronti della pubblica amministrazione, potrebbe essere una norma utile e capace di garantire una maggiore trasparenza dell’azione amministrativa in un ambito rilevante e strategico come quello della tutela della salute.
Altri accorgimenti andrebbero previsti nella normativa di dettaglio a tutela dell’effettività dell’assistenza farmaceutica, ma questo potrà essere oggetto di uno studio specifico.

Tommaso di Gioia
Avvocato in Bari, Presidente del Centro Studi di Diritto Amministrativo e Comunitario



 

28 marzo 2012
© Riproduzione riservata

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