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Aggressioni in sanità: Servono interventi di sostegno e formazione

di Alessandra Schiavoni

05 APR -

Gentile direttore,
a pochi giorni dalla chiusura del CEU2023 di Firenze, credo sia ancora necessario riflettere su un tema tanto delicato quanto complesso: le aggressioni al personale sanitario.
All’interno del congresso abbiamo portato, con colleghi psicologi e infermieri, una bella sessione in cui è intervenuta anche l’On. Marta Schifone, che ringrazio ancora per aver partecipato.
È ancora necessario riflettere sulle persone che stanno dietro ai numeri. Focalizzarsi sulle persone che stanno dietro al sommerso di questo questo fenomeno.
È necessario perché il fenomeno è tutt’altro che individuale, ma è un sistema: Un sistema che coinvolge il paziente e la sua rete socio familiare, ma anche il professionista, i suoi colleghi e l’intero setting all’interno del quale lavora.
È necessario perché, sebbene la politica abbia appena inasprito le pene per questo tipo di reato, questo non è sufficiente.
Serve molto di più. Servono interventi di sostegno e formazione.
Da un lato sostegno agli operatori, perché se la prima aggressione incrina tutte le successive spezzano l’equilibrio psico-fisico-emotivo.

Serve il sostegno psicologico perché negli operatori aggrediti, si spezza qualcosa. Si sbriciola quell’idea che ogni operatore ha radicata dentro di sé: di essere, cioè, li per curare.
Ma non si spezzano solo gli operatori dei pronto soccorso, drammaticamente in affanno, ma anche quelli delle terapie intensive, dei reparti ordinari e delle centrali operative, tutti luoghi in cui le aggressioni non sono fisiche ma anche, e soprattutto, verbali e psicologiche.
Il fenomeno deve essere compreso in tutte le sue cause per poter essere arginato, perché l’eliminazione completa delle aggressioni resterà sempre un’utopia.
Dobbiamo comprendere da dove vengono, quali sono i segnali premonitori e cosa facciamo noi per innescare o meno l’evento aggressivo. Perché l’operatore fa anch’esso parte di quel sistema e non è un “osservatore neutrale” ma interagisce con l’aggressore, con il suo vissuto, all’interno di un contesto che è già un colmo, per sua stessa natura, di criticità operative e relazionali.
Se non ammetteremo tutto questo, continueremo a pensare all’operatore come vittima passiva e all’aggressore, semplicisticamente, come ad un matto o ad un delinquente, perpetrando così un circolo vizioso eterno e senza via d’uscita.
L’operatore può e deve essere parte attiva e l’aggressore non è necessariamente uno squilibrato o un delinquente, ma un individuo con tutto il suo portato di relazioni ed emozioni che necessitano di essere comprese e gestite.
Se sosteniamo concretamente gli operatori, prima, durante e dopo, se li formiamo ad essere disinnesco, a leggere i segnali, e se formiamo la popolazione alla conoscenza dei sistemi di emergenza urgenza allora, forse, abbiamo una speranza.
Gli psicologi devo essere utilizzati in modo strutturato e strutturale all’interno delle aree critiche, di emergenza e nelle centrali operative. Gli psicologi devono diventare parte del team di un DEA, occuparsi della gestione emotiva dei parenti o dei pazienti e, soprattutto, di quella degli operatori. La presenza degli psicologi in area critica non è più rimandabile. Stiamo vivendo un’emergenza a cui anche gli psicologi possono contribuire a dare risposta, a patto che se ne comprenda l’importanza e ce ne sia data la possibilità.
Gli psicologi devono considerarsi, ed essere considerati, a tutti gli effetti professione sanitaria e questo vuol dire lavorare con e per i colleghi.
Da CEU2023 siamo usciti con un manifesto siglato dalle maggiori società scientifiche di area e, ci è parso, ben accolto dalla politica. Il punto 16 parla di implementare il sostegno psicologico agli operatori. È un primo importante passo. Adesso aspettiamo, con fiducia, tutti gli altri passi a seguire, che non possono più essere rimandati.

Dr.ssa Alessandra S. Schiavoni
Psicologa - Psicoterapeuta
Membro C.S. CEU 2023
Membro C.S Sismax



05 aprile 2023
© Riproduzione riservata

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