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Cosa non convince della composizione dei tavoli sui Dm 70 e 77

di Federico Durbano 

07 LUG - Gentile Direttore
vorrei approfittare della teoria del terzo principio della termodinamica esposto da Angelozzi per fare qualche considerazione integrativa rispetto ai tavoli tecnici, che stanno assumendo per diversi motivi la dimensione di un banchetto medioevale.

Ho preso visione del recente decreto di revisione dei componenti del tavolo tecnico ministeriale rispetto alla revisione delle criticità dei (ormai famigerati) DM 70 e 77 e, al netto delle polemiche sulle rappresentanze di genere delle quali non mi voglio occupare in quanto le ritengo fuorvianti e fonte solo di annebbiamento, mi concentro sugli aspetti "tecnici".

Noto per prima cosa che la preponderanza di appartenenti alle Università non sembrerebbe coerente con la "quantità" di erogatori non accademici della nostra realtà sanitaria. Spesso le cliniche non sono integrate in maniera coerente con la medicina territoriale, occupandosi prevalentemente di medicina ospedaliera con le sue derivazioni poliambulatoriali, che non devono essere confuse con la medicina territoriale, organizzazione più complessa e integrata tra funzioni.

La medicina territoriale non è una semplice associazione di ambulatori specialistici, nella migliore delle ipotesi con un coordinamento da parte di un infermiere apicale per le attività di supporto assistenziale (ma spesso anche amministrativo). La medicina territoriale si avvale di competenze, ruoli e professionalità che interagiscono tra loro in tempo reale, con la mission di prendere in carico un cittadino in tutta la sua complessità (vuoi monospecialistica vuoi polispecialistica).

Se bisogna discutere del DM77, quindi, la componente universitaria non porterebbe un plusvalore alla discussione. Ma anche rispetto al DM 70, avendo le "cliniche" personale e risorse adeguati (o più adeguati) a rispondere a tutte le loro necessità (anche solo attingendo ai medici in formazione), fondi integrativi legati ad altri percorsi che non siano solo il finanziamento del SSN/SSR, sistemi di reclutamento e di acquisizione di beni e servizi in parte differenti da quelli dei sistemi ospedalieri pubblici, qualche dubbio mi viene rispetto alla loro possibilità di dare un qualche contributo risolutivo alle criticità eventuali.

Ma non voglio fare le solite polemiche tra "ospedalieri" e "universitari", gli uni e gli altri hanno ruoli in parte differenti e in parte integrati (sebbene la integrazione sia da auspicare un po' più estesa dell'attuale, favorendo di più i percorsi di condivisione nelle reti formative). Voglio solo dire che forse un maggior coinvolgimento della componente "ospedaliera" sarebbe stato più rappresentativo della realtà organizzativa degli erogatori interessati ai due DM.

Nello specifico, poi, noto con sconcerto che sono stati invitati al tavolo rappresentanti di tanti profili, ma quelli che la medicina del territorio l'hanno sempre fatta (almeno dal 1978) non ci sono: salute mentale e dipendenze sono i grandi assenti. Sono funzioni, quelle della salute mentale intesa in senso lato, che sono state integrate in modo indiretto ma alla fine funzionalmente significativo nelle case della comunità; hanno una pluriennale esperienza delle criticità dei sistemi territoriali; hanno una esperienza di problem solving rispetto alle stesse criticità; hanno un know how delle reti che rappresentano gli ingranaggi extrasanitari del sistema territoriale. Insomma, sono quelli che "fanno" e "sanno" la medicina del territorio, che lavorano (con scontri e incontri) con i MMG/PLS, ma che sono sempre tenuti fuori da ogni programmazione di sistema. Salvo poi essere chiamati in causa quando ci sono incidenti, come se alla fine fossimo l'imbuto collettore solo delle rogne.

Infine, una ultima considerazione sul numero degli invitati al tavolo. Con numeri di tale grandezza ha ragione Angelozzi, si può solo sperare che l'entropia generata non deflagri determinando la definitiva distruzione del sistema o che i sistemi di riduzione dell'entropia non congelino i moti atomici paralizzando il sistema. In ogni caso un numero così considerevole di soggetti, analizzato secondo le teorie delle reti sociali, individua un numero di possibili relazioni diadiche, di misure di centralità e altri indici di relazione tra le parti che rende alquanto dubbio che sia in grado di trarre rapidamente ed efficacemente una sintesi operativa. Soprattutto se il modello prevede un perturbatore esterno ("il Tavolo può operare mediante Gruppi di lavoro per specifiche tematiche") soggetto alle stesse regole delle reti sociali.

Essendo naturalmente predisposto all'ottimismo, ma consapevole che il pessimista è un ottimista che ha presente il dato di realtà, auspico quindi che il proliferare di tavoli tecnici sia più operativo ed efficace ed efficiente di quanto paventato e ci fornisca strumenti più incisivi che le linee di indirizzo, il che comporta che i partecipanti si facciano portatori degli interessi di tutti (operatori e cittadini/utenti) e non solo della componente che rappresentato. Solo un modello integrativo forte tra tutte le componenti ci potrà portare fuori dall'attuale situazione di stagnazione tempestosa.

Dott. Federico Durbano
Direttore S.C. Psichiatria Martesana UOP 34
Direttore Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze
Azienda Socio-Sanitaria Territoriale Melegnano e della Martesana

07 luglio 2023
© Riproduzione riservata

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