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Disegnare la professione psicologica in epoca post-Covid

di Claudio Bosio

06 LUG - Gentile direttore,
l’esperienza Covid ha rappresentato un significativo momento di passaggio per la professione psicologica. Lo rivela una recente indagine promossa dal Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi (CNOP) condotta su un campione rappresentativo di suoi iscritti.

Presentata nell’ambito dell’incontro sugli “Stati generali della professione psicologica” (Roma, 21-22 giugno ’23) l’indagine mostra come, a fronte delle criticità della sfida, gli psicologi abbiano risposto in modo proattivo e resiliente: per quanto faticoso e stressante, il management della pandemia si è rivelato nella maggioranza dei casi un’occasione di crescita professionale (64%) cambiando in meglio le pratiche di lavoro e favorendo l’acquisizione di nuove competenze (51%). Anche il vincolo del lavoro a distanza – sperimentato dalla gran parte dei professionisti (84%) – ha costituito alla fine un’occasione di potenziamento della professione piuttosto che un limite.

Insomma, l’esperienza Covid per buona parte degli psicologi mostra di aver agito da stimolo a migliorare il design della professione. E’ più che probabile che in questa direzione – oltre all’esperienza condivisa all’interno del gruppo professionale – abbiano agito anche fattori di ordine contestuale: da un lato, la diffusa percezione di

un bisogno psicologico nella popolazione generato da fragilità personali e di contesto legate al Covid; da un altro lato, il riconoscimento istituzionale di tale bisogno mediato dal cosiddetto “bonus psicologo” che sul piano sociale ha sancito la legittimità di una richiesta e la praticabilità di una risposta.

Forse come non mai negli ultimi anni gli psicologi hanno così avuto l’opportunità di riflettere su se stessi come gruppo professionale e di ripensare come community il loro futuro. Un futuro prefigurato come ricco di opportunità dalla maggioranza degli intervistati ma bisognoso di un rinnovato sforzo progettuale proprio nell’area della salute in cui gran parte degli psicologi (80%) ha riversato il proprio impegno professionale.

L’area “salute” appare di fatto densa di significato e di valore sul piano culturale e sociale ma bisognosa di una rimessa a punto sul piano del design professionale, soprattutto con riferimento ai contesti pubblici entro cui il nostro sistema di welfare si articola. Un sistema che nel corso degli ultimi anni ha registrato una presenza dalla psicologia sempre più debole, quasi “diafana”: sia sul piano quantitativo (= presenza radicata di psicologi nei servizi) sia sul piano qualitativo (= chiarezza e rilevanza del profilo professionale).

Ciò riguarda anzitutto l’ambito dei servizi sanitari ma anche il settore dei servizi sociali alla persona e la scuola: tre situazioni che sollecitano un potenziamento della presenza psicologica ancorata alle specificità dei contesti e ai cambiamenti in progress delle domande di psicologia generate da questi contesti. Esercizi di nuove progettazioni non mancano all’interno della psicologia ed anche sul piano legislativo.

Forse è arrivato il momento di tessere un dialogo fra queste direzioni progettuali per rispondere anche sul piano psicologico in modo efficace alla domanda di salute della popolazione.

Claudio Bosio
Fondazione Professione Psicologica Adriano Ossicini

06 luglio 2023
© Riproduzione riservata

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