Gentile direttore,
nelle ultime settimane l’annosa questione del passaggio alla dipendenza dei 90mila professionisti convenzionati è tornata all’attenzione dell’opinione pubblica dopo alcune dichiarazioni dei decisori nazionali e regionali.
Come si ricorderà il tema era balzato in primo piano nel dibattito tra addetti ai lavori, entrando poi nella cosiddetta agenda pubblica, dopo le ondate pandemiche del 2020 per la convergenza tra portatori di interessi e argomentazioni di varia natura, vale a dire
Sulla spinta di alcune denunce giornalistiche, più o meno motivate, circa le responsabilità dei MMG nella pandemia, il tema trovava spazio anche nell’agenda istituzionale, ovvero nella rosa di ipotesi di ristrutturazione dell’assistenza primaria del documento regioni del settembre 2021; dopo aver osservato che la dipendenza avrebbe favorito “l’integrazione dei singoli professionisti e con l’organizzazione aziendale, senza minare il rapporto fiduciario medico-paziente” il documento esaminava vantaggi e criticità della transizione, così concludendo: “Andrebbe fatta una valutazione relativa al costo del lavoro e alla necessità di aumentare significativamente gli organici se si applicassero le regole della dipendenza rispetto ad orari di lavoro, tutela di malattia e infortunio, ferie”. In compenso l’ipotesi della dipendenza veniva implicitamente accantonata dal ministro Speranza al congresso Fimmg ad ottobre 2021 – “La dipendenza dei medici di famiglia non è il cuore della vicenda” - suscitando la risentita lettera aperta di oltre 150 generalisti che avevano sperato in una rapida transizione verso la subordinazione.
L’apparente archiviazione della proposta veniva avvalorata dallo schema di rinnovo dell’ACN del gennaio 2022, riproposto l’anno successivo con l’atto di indirizzo per l’ACN 2019-2021, in previsione dell’attuazione del PNRR, nel frattempo convertito in DM 77/2022. Dopo l’insediamento di Giorgia Meloni il tema sembrava escluso dall’agenda di governo per la contrarietà di esponenti della maggioranza mentre regioni di diverso orientamento politico erano sempre favorevoli. Ebbene, se non erro dopo quasi 2 anni non vi è ancora traccia di un dettagliato documento di fattibilità economico-finanziaria, cuore della valutazione ex ante e dell’analisi di impatto della regolazione propedeutica alla decisione di policy.
Infine nella primavera del 2023, a breve distanza dalla presentazione del progetto di legge della senatrice Cantù di revisione dell’assetto convenzionato alternativo alla dipendenza, è arrivata a sorpresa la sortita del Ministro della salute che invece si dichiarava favorevole, spalleggiato da governatori regionali, sindacati e associazioni del volontariato. Dunque, dopo essere uscito alla chetichella da una finestra ministeriale, senza esplicite motivazioni, il progetto rientra nell’agenda pubblica dalla porta principale del successivo ministero, per ora con vaghe dichiarazioni di intenti prive di un esplicito progetto e di un cronoprogramma di implementazione per un cambiamento epocale di grande complessità organizzativa, logistica e previdenziale; tuttavia per l’ingresso nell’agenda politico-deliberativa manca ancora la valutazione dell’impegno finanziario che resta indefinita o più probabilmente celata nei cassetti del MEF.
Alla prima dichiarazione del ministro sono seguite interviste con risposte evasive sull’argomento e senza alcun riscontro progettuale, come hanno osservato alcuni autorevoli osservatori sollecitando il Ministro a “fare sentire la sua voce assumendosi le responsabilità che gli competono anche a costo di scontentare qualcuno ma accontentare molti”. Infine, in un quadro a dir poco incerto e contraddittorio, sono arrivate le preoccupate osservazioni della Conferenza delle regioni sullo stato di attuazione del PNRR, in particolare su due punti chiave: (1) la difficoltà di reperire professionisti sanitari con “l’effettiva possibilità di assunzione o convenzionamento al completamento dei percorsi formativi”, al fine di popolare le nuove strutture territoriali e garantire l’assistenza domiciliare, e (2) la copertura dei costi per l’edificazione di Case ed Ospedali di Comunità – nel frattempo lievitati – e per i beni e i servizi necessari al loro funzionamento, due macigni che mettono a rischio l’intera missione 6C1.
Come si può sviluppare un serio dibattito pubblico sull’assunzione di 90mila professionisti convenzionati a partire da posizioni ondivaghe e indefinite basi progettuali?
Giuseppe Belleri