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Maternità surrogata. Sul perché è giusto che la Sinistra sostenga la GPA solidale

di Maurizio Mori

28 LUG - Gentile Direttore,
il 26 luglio 2023 la Camera dei Deputati ha approvato con 166 sì, 109 no, e 4 astenuti la proposta di legge per il divieto universale di “gravidanza per altri”, altrimenti detta “maternità surrogata”. Non è qui il caso di vedere se e quanto il passo compiuto sarebbe un luminoso contributo alla tutela dell’“umano” e a difesa del “materno”, come affermano i conservatori della Destra guidata da Fratelli d’Italia, o invece non sia solo un'altra “italianata” analoga a quella fatta con la L. 40/04, che avrebbe dovuto essere il “modello” per il mondo intero e che poi si è rivelata invece un ridicolo fallimento. Il passo compiuto certamente arreca molto dolore a tante persone in cerca di filiazione e ai nati grazie alla GPA, che dalla nuova legge vengono ingiustamente stigmatizzati quasi fossero dei “nati da divieto!”, e questo è grave: gravissimo. Ma quel che preoccupa è la confusione intellettuale presente sul tema, e soprattutto nell’opposizione: confusione che porta la Sinistra a divisioni profonde e paralizzanti.

Senza pretese di completezza, su QS del 6 giugno scorso avevo cercato di formulare alcuni rilievi critici sulla posizione di Goffredo Bettini, autorevole esponente nazionale del Partito Democratico (PD) e firmatario di un Manifesto “No GPA” a sostegno del divieto universale della GPA. Il giorno dopo il mio intervento, anche Enrico Rossi, ex Presidente PD della Toscana ha rilasciato al quotidiano Il Foglio (7 giugno 2023) un’ampia intervista per dire alla segretaria PD Elly Schlein che per essere favorevole alla GPA “sbaglia e non condivido affatto la sua posizione. Così il PD rischia uno scivolone […] Abbiamo bisogno di una posizione netta, senza ambiguità. […] Sono assolutamente contrario perché credo non si possa fare un uso strumentale del corpo della donna […] è una pratica eticamente inaccettabile, altrimenti rimaniamo schiacciati. Perché il diritto a essere genitori non si estende oltre ogni limite”.

Poiché credo che le scelte etiche, politiche e di vita dipendano al fondo da presupposti cultural-filosofici più generali ho cercato di sottoporre le tesi di Enrico Rossi a un’analisi critica e razionale che è ora in stampa su “Bioetica. Rivista interdisciplinare” (vol. xxxxi (2023) n. 2, pp. 214 – 241, che può essere richiesta a segreteria@consultadibioetica.org). Come contributo al dibattito pubblico e razionale, cerco di riassumere il succo delle mie obiezioni a Rossi, rimandando il lettore interessato alla versione più ampia su “Bioetica”.

Il nucleo della contrarietà di Rossi (e di larga parte delle critiche mosse da parte della Sinistra) è che non è lecito “fare un uso strumentale del corpo della donna”. Per rafforzare la tesi, a volte alcuni citano la formula kantiana: “Tratta la persona sempre come un fine e mai come mero mezzo”: qui la difficoltà è che di solito la citazione è semplicemente sbagliata perché quando la si cita ci si dimentica dell’aggettivo “mero” che significa “puro e semplice”, aggettivo che cambia il senso normalmente dato alla formula. Senza il “mero” ha ragione Rossi quando dice che non si può “fare un uso strumentale del corpo della donna”, ma se ci si mette il “mero” è perfettamente lecito farlo, e anzi si deve riconoscere che tutti noi facciamo un uso strumentale di parti del corpo degli altri quando chiediamo loro un servizio. Per esempio quando chiediamo a una cameriera di portarci a tavola l’acqua o il piatto di spaghetti ordinati usiamo le sue braccia, gambe, etc. Sempre quando chiediamo a un altro di fare qualcosa per noi, lo usiamo “come mezzo” per realizzare i nostri obiettivi, ma non lo usiamo “come mero mezzo” perché, pur prestandosi a svolgere il servizio richiesto, l’altro resta pur sempre una persona trattata con un fine, tanto che anche negli aspetti concernenti l’uso strumentale (il servizio) non perde la dignità: è vero che quando chiedo a una cameriera di portarmi a tavola gli spaghetti, la tratto come “mezzo”, ma non come “mero mezzo” perché il servizio che rende:
1. è di per sé dignitoso (non è degradante) e, se è adeguatamente ricompensato, non è oggetto di “sfruttamento”, e
2. è perfettamente compatibile con il considerarla allo stesso tempo anche come “un fine” perché l’uso strumentale riguarda solo l’aspetto concernente il servizio richiesto, mentre per tutto il resto la cameriera è una persona alla pari, i cui diritti e la cui dignità restano garantiti.

È fondamentale sottolineare che ove fosse usata come “mero mezzo”, la cameriera potrebbe essere oggetto di offese, maltrattamenti, insulti, abusi, etc., o addirittura annichilita, come invece avviene per alcune figure presentate nelle opere del marchese De Sade.

L’argomento del non si può “fare un uso strumentale del corpo di un altro” non funziona in via generale per quasi tutte le parti del corpo, ma Rossi potrebbe insistere nel dire che non vale per la sfera sessual-riproduttiva, la quale deve rimanere al di fuori di ogni uso strumentale. Ma perché quest’eccezione? Le risposte sono diverse, e una rimanda alla sacralità della riproduzione che ha caricato quell’ambito di molti significati simbolici e che ci porta a credere che il controllo umano delle funzioni sessual-riproduttive sia in qualche senso “degradante” (una hybris che toglie alla natura o alla divinità le proprie prerogative).

Riducendo all’osso il discorso, quando si considera l’ambito sessual-riproduttivo di fatto ci sono due opposti paradigmi: da una parte c’è il “paradigma della regolazione” per il quale la scienza fornisce la conoscenza dei ritmi naturali così che essi possano essere intercettati per realizzare scopi umani senza essere modificati. Dall’altra c’è il “paradigma del controllo” per il quale, invece, la conoscenza scientifica è usata per modificare e soggiogare la natura al fine di raggiungere scopi umani. L’analogia è con la conoscenza scientifica dei venti (in ambito meteorologico) può aiutare a chiarire la differenza tra i due paradigmi: lo studio dei venti, della loro direzione, forza, etc., è utile (fondamentale) per chi vola con l’aliante, che può intercettare e sfruttare i venti senza stavolgerne l’ordine. Ma lo stesso studio dei venti serve anche per chi vola in aereo o in elicottero che invece usa quella conoscenza per cambiare o anche contrastare l’ordine naturale. In questo senso, il primo paradigma propone la “regolazione delle nascite” in cui non si cambia il corso della natura, ma al massimo si cerca di intercettare i periodi infecondi lasciando che il corso naturale proceda per proprio conto. Nell’altro paradigma, invece, si propone il “controllo delle nascite” che promuove la contraccezione, l’aborto e la fecondazione in vitro.

Chi come Rossi accetta l’aborto e la fecondazione assistita, è chiaro che accetta anche (per coerenza interna) il paradigma del controllo. Pertanto, deve riconoscere che controllo delle nascite e fecondazione assistita hanno apportato una novità fondamentale nella storia umana: la genitorialità non più per la mera continuazione del casato, della specie o della stirpe, ma per garantire tutelare il benessere del nato, ossia il “best interest of the child”: ove i genitori non si preoccupassero del best interest o lo minacciassero, viene meno la genitorialità. È questo il passo che è in gioco con la fecondazione assistita: sicuramente il cambiamento è grandioso, ma a me pare che la prioritaria attenzione al benessere del nato sia una grossa crescita di civiltà.
Se vale quanto delineato, allora il problema circa la GPA è sapere se sia pratica che arreca danno al nato o no. Per stabilirlo bisogna riconoscere che le tecniche riproduttive hanno creato nuove forme di nascita, perché in passato si poteva nascere in un solo unico modo, cioè come effetto di atti “sotto le lenzuola”, mentre ora si può nascere come effetto di atti “in laboratorio”. Un risultato di questo cambiamento è che ci sono forme diverse di gravidanza e in particolare:
1. GPS, gravidanza per sé;
2. GPA, gravidanza per altri o per terzi;
3. GEO, gravidanza extra corporea o ectogenesi.

La GEO è in fase di studio e si prevede sarà disponibile tra qualche decennio, per cui per ora può essere lasciata sullo sfondo. D’altro canto è chiaro che la stessa locuzione “gravidanza per sé” (GPS) appare essere ridondante se non bizzarra o priva di senso, perché sinora la cosa è stata ovvia e scontata e non si nominano le ovvietà. Ma è altrettanto vero che adesso, piaccia o no, non è più così perché abbiamo un’alternativa, la GPA. Del momento che abbiamo due diverse forme di nascita, la GPS e la GPA, – come sempre accade quando si aprono possibilità nuove – si presenta il problema della scelta tra le due e quindi esse vanno messe a confronto per stabilire quale sia la “migliore” – e non si può presupporre che la forma tradizionale lo sia.

Nel momento in cui si mettono a confronto la GPS e la GPA ci si accorge in primo luogo che la GPA è prima-facie buona, almeno fintanto che la nuova nascita è un bene per il nato che senza la GPA non sarebbe mai venuto al mondo. Questo è il punto centrale: il divieto universale è negativo e moralmente sbagliato perché è teso a impedire la nascita di nuove persone che sarebbero contente di vivere (recando gioia anche ai loro genitori). D’altro canto, non ci sono evidenze o prove che il nato subisca danni né nella fase prenatale né in quella postnatale, per cui non pare che la GPA sia “peggiore” della GPS. L’analisi razionale di questi temi non può essere sviluppata qui, ma la linea argomentativa è indicata nella versione più ampia.

Conclusione, gli argomenti di Enrico Rossi contro la GPA sono invalidi e fa bene Elly Schlein a sostenere in qualche modo la GPA solidale: più in generale la Sinistra deve riprendere la riflessione sulle tematiche riproduttive che porteranno a un cambiamento radicale degli assetti sociali, con conseguenze profonde sul lavoro e sulla giustizia sociale.

Maurizio Mori
Presidente della Consulta di Bioetica Onlus
Componente del Comitato Nazionale per la Bioetica


28 luglio 2023
© Riproduzione riservata

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