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Medicina generale: il problema non è il tipo di contratto

di Enzo Bozza

31 LUG - Gentile Direttore,
entro a gamba tesa nella questione organizzativa della medicina generale, dibattuta tra i colleghi Polillo e Belleri, non come arbiter o schieramento di parte per l’una o l’altra tesi, ma con una riflessione e testimonianza dai bassifondi della medicina del territorio che ho praticato nelle varie declinazioni per quasi 35 anni: guardia medica a Cortina e Cadore, guardia medica nel tarantino, pronto soccorso nelle sedi di Taranto, Cortina, suem 118 a Pieve di Cadore e dal 1995 ad oggi, medico di base per i comuni di Vodo e Borca di Cadore, tra le montagne bellunesi. Qualche competenza dovrei averla maturata quindi, sul campo e per il territorio, con il conforto dei cervi, caprioli e attualmente lupi di montagna.

Da quando faccio il medico di base, ho fatto stampare, a mio carico una insegna magnetica per la mia macchina con la scritta: USL DOLOMITI, MEDICINA DEL TERRITORIO. Non per vanagloria o per informazione alla popolazione tutta. L’ho fatto per me, per “sentire” nel mio intimo, di far parte di una squadra, quella delle cure primarie del servizio sanitario pubblico. Di essere e sentirmi medico sul territorio, in trincea ma con le spalle coperte dal fuoco amico della mia azienda. Mai solo.

Questo è il nocciolo della questione, dare spessore e significato al proprio lavoro, riconoscendosi ed essere riconosciuti come parte fondamentale di una squadra aziendale pubblica che a sua volta ti riconosce un ruolo e ti gratifica per il tuo lavoro. Non è una questione di stipendio o vile denaro, peraltro necessario, ma molto di più: alleanza, stima, aiuto, essere nella stessa barca e remare tutti insieme nell’unica direzione, la meta: servizio vero ed efficace per la gente.

In questi 35 anni di professione, molte cose sono cambiate, soprattutto sul piano tecnologico: non uso più la penna ma una tastiera e il supporto informatico è così fondamentale da non poter immaginare più una clinica senza monitor. Supporto non sostituto, perché al centro dell’attività di ambulatorio c’è, e ci sarà sempre, il medico, non solo come tecnico ma soprattutto come persona tra le persone: né sopra, né sotto, ma accanto e con le persone, né assistiti, né clienti e nemmeno utenti ma solo, unicamente persone. Come persona vorrei sentirmi io se fossi malato in un reparto ospedaliero o ambulatorio.

Una cosa non è cambiata e non cambierà mai: affidarsi al medico. Da Ippocrate in poi, chi soffre a qualsiasi titolo, si affida al medico con un atto di fiducia che non può essere tradito né dal medico, né dalla istituzione sanitaria, e nemmeno dalle interferenze burocratiche di uno stato incapace spesso di tutelare sia il paziente che il medico. Una fiducia che non dipende dal contratto con cui il medico lavora, e nemmeno dalla struttura in cui il medico esercita, ospedale, casa della salute, ambulatorio o domicilio del paziente. Dipende solo dalla relazione tra due persone, dalla capacità del medico di costruirla e dalla volontà del paziente di mantenerla senza cadere nella trappola delle leggi di mercato che vorrebbero venderti tutto, salute compresa. Non diventi il medico un venditore di fumo, l’estetista di turno, il mago degli incantesimi e soprattutto, mai prostituirsi al profitto di una medicina privata, cosmetica e cialtrona. Quella che annulla le liste di attesa in cambio di denaro.

La questione fondamentale non è il tipo di contratto che si vuole dare alla medicina del territorio, gireremmo intorno al problema senza mai centrarne l’obbiettivo. E’ come discutere sulla divisa da indossare e prestarci alla canzonatura di De Niro quando dice: tutto chiacchiere e distintivo. E’ necessario riconoscere la centralità del ruolo di medico di base, dare spessore, ruolo, riconoscimento e inserimento in un sistema di cure pubbliche con tutto quello che ne consegue: la medicina del territorio è una specialità, orfana, misconosciuta e abbandonata, ma specialità come ogni altro settore clinico.

Solo il politico in mala fede e cialtrone vorrà ancora tenerla alla stregua di Guido Tersilli medico della Mutua, solo per il proprio personalissimo tornaconto ma non certo nel nome della gente che ha bisogno del medico, sul territorio come in ospedale. E allora, perché queste distinzioni, perché tenere la Sanità Pubblica in due scarpe: statale e convenzionata, anzi, in tre, considerando la ciabatta dorata della sanità privata. Quella elegante, ornamentale ma falsa come ogni apparenza truffaldina. Polillo e Belleri, non giriamoci intorno.

Enzo Bozza
Medico di base a Vodo e Borca di Cadore (BL)

31 luglio 2023
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