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Il Rapporto Pit. Un’occasione persa. Peccato

di Marino Nonis

17 LUG - Gentile Direttore,
Quotidiano Sanità ha riportato  ieri la notizia sul Rapporto Pit di Cittadinanzattiva. Io ero presente alla presentazione (almeno fino all’inizio della discussione) e ho ascoltato l’intervento piuttosto deciso di Tonino Aceti, che pur ringraziando per la disponibilità dell’auditorium del Ministero della Salute in lungotevere Ripa, lamentava l’assenza del’on. Lorenzin e si associava alla richiesta di Antonio Gaudioso (che aveva aperto l’evento), per “un’immediata convocazione da parte del Ministro delle organizzazioni civiche (leggi Tribunale per i diritti del Malato-Cittadinanzattiva) da coinvolgere formalmente nelle politiche sanitarie del paese”.
 
I presenti avevano copia del Rapporto (che QS sintetizza e che è ordinabile in cartaceo o in e-book al sito www.cittadinanzattiva.it) e in queste ore ho dato una rapida lettura, premettendo che non avevo avuto modo di leggere i precedenti rapporti (quello del 2013 è il XVI). Non pago, ho esplorato il sito per scoprire, non senza fatica (e scusate la mia ignoranza), che PiT sta per “Progetto integrato di Tutela - Pit salute - servizio di informazione, consulenza e assistenza ai cittadini sui servizi sanitari e socio-assistenziali, attivo sia a livello nazionale che regionale e locale. I servizi Pit salute raccolgono ogni anno circa 25.000 segnalazioni, che dal 1997 vengono elaborate e pubblicate nell'Annuale Rapporto Pit”.
 
Ed ecco finalmente il Rapporto Pit: 160 pagine e, se ho contato bene 26 tabelle e 36 grafici (più altri 20 nell’appendice “dati territoriali 2012”, per un totale di 56 “figure”), senza nemmeno un  numero espresso in valori assoluti (tutte, dico tutte percentuali, salvo ovviamente i tempi d’attesa), se non l’iniziale dichiarazione che si tratta dell’elaborazione di 27.491 segnalazioni relative all’anno solare 2012, tra la sede centrale (1.320) e 26.171 dai Pit Salute locali e sezioni territoriali del TdM (Tribunale per i diritti del Malato), riportati nella nota 24 (a pagina 143). Se poi la si legge, riserva non poche sorprese perché mancano all’appello regioni seppur piccole come Val d’Aosta e Molise, una Provincia Autonoma (Bolzano), ma soprattutto capoluoghi o città del calibro di Firenze, Venezia, Trieste, Genova, Bari, Palermo.
 
Si arriva a pagina 145 e (superata la soglia del 90% delle pagine del volume) si può leggere nel paragrafo eufemisticamente intitolato “Valore e limiti del rapporto” che:
E’ necessario sottolineare che i dati raccolti e presentati nel Rapporto PiT Salute non hanno rilevanza dal punto di vista statistico: essi, cioè, non sono espressione di un campione rappresentativo degli utenti del SSN. Bisogna considerare,inoltre, che quanti richiedono l’intervento del TdM-PiT Salute sono incorsi in problemi o hanno incontrato difficoltà che non possono ovviamente essere estesi alla generalità dei cittadini. Il significato dei dati utilizzati sta piuttosto nella loro capacità di costituire una sorta di termometro, vale a dire di essere spie o indicatori delle più rilevanti situazioni di malessere con le quali si misurano i cittadini nel loro contatto con il servizio sanitario…”
 
Di solito negli articoli scientifici o nelle tesi i materiali e metodi stanno all’inizio e si deve offrire al lettore il comprensibile (e confrontabile) contesto di estrazione dei dati (in questo caso le segnalazioni). Per esempio, sapendo che, relativamente ai ricoveri ospedalieri sono pervenute alla banca dati del Ministero della Salute 10.757.733 schede di dimissione ospedaliera relative all’anno solare 2011 (e di cui si conosce l’esatta distribuzione quali-quantitativa, come ampiamente descritto nel consueto Rapporto SDO), mi sarebbe piaciuto sapere quante delle 27.491 segnalazioni riguardavano i ricoveri e con quale sorta di distribuzione. Un paio di tabelle all’inizio magari, non sarebbero state di troppo.
 
Poi, sinceramente, mi sfugge il razionale del confronto temporale 2011-2012, se non so a che si riferisca. Che senso ha il grafico di pagina 36 che “mostra” che i “presunti errori terapeutici” sono passati dal 58% del 2011 al 60% del 2012, mentre, per converso, i “presunti errori diagnostici” sono diminuiti tra il 2011 (42%) e 2012 (40%)? O ancora, tabella di pagina 37 sui Presunti errori diagnostici/Area specialistica prima riga, Oncologia con i valori 2012: 27,3% e 2011: 26,5%; seconda riga Ortopedia 2012: 14,3% e 2011: 15,3%, terza riga Ostetricia e Ginecologia 2012: 9,1% e 2011: 10,2 per giungere indefettibilmente parecchie righe dopo al totale 2012: 100% e 2011: 100%?
 
Ripeto, non ho letto i quindici rapporti precedenti, ma mi dispiace, questa “fotografia”, per come è stata pensata, elaborata e realizzata non fornisce informazioni di qualsivoglia significato sulla meritoria ed indispensabile attività di segnalazione, vigilanza e stimolo svolta da Cittadinanzattiva. Ed è un vero peccato, oltre che un’occasione perduta, anche perché molte delle affermazioni e parecchi elementi di analisi delle criticità sarebbero del tutto verosimili ed assolutamente condivisibili.
 
Marino Nonis
Direttore sanitario dell'Ospedale Cristo Re di Roma

17 luglio 2013
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