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Bpco. Non dimenticare il ruolo della riabilitazione respiratoria

di Gianni Melotti

03 MAR - Gentile Direttore,
come non essere d’accordo con il ministro Lorenzin. La cosa è sotto gli occhi di tutti e sono anni che se ne parla. Le malattie respiratorie, unitamente al cancro al polmone, sono la seconda causa di morte a livello mondiale e la sola broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) nel 2020 sarà la terza causa di morte nel mondo. Detto questo, però, sarà bene che anche i politici razzolino meglio perché ancora oggi il paziente con Bpco non ha una esenzione legata alla patologia e la stessa riabilitazione respiratoria, di cui questa condizione clinica può giovarsi, non ha dei suoi codici e il tutti finisce nel “mare magnum” della fisioterapia.

Questo nonostante anni fa Nicola Ambrosino, nel suo volume sulla “Riabilitazione nelle malattie respiratorie”, mettesse in luce come questa può vantare: ” a) Test di valutazione specifici per la riabilitazione respiratoria differenti da quelli inerenti altri tipi di riabilitazione e da quelli specifici della pneumologia. b) Programmi terapeutici specifici. c) Informazioni fisiopatologiche. Queste tre condizioni ci spingono ad osservare che la riabilitazione respiratoria, attualmente, ha dignità di Disciplina Scientifica Autonoma. Essa infatti possiede strumenti diagnostici e terapeutici propri e ha una “controscienza”, una scienza cioè con cui interagire, scienza che viene individuata nella Fisiopatologia respiratoria”.

Che dire poi del personale dedicato? E non mi riferisco all’optimum, che sarebbe quello di avere una figura professionale equivalente al Respiratory Therapist, presente negli USA, ma almeno si riconoscesse la formazione avanzata di chi ha frequentato un master universitario in riabilitazione respiratoria.  Ma questo entra nel “calderone delle incompiute” come il riconoscimento dei master previsti dalla legge 43/06, sui quali si discute a vuoto da tre anni per i soli infermieri, delle dirigenze di area, sulle quali l’incuria dei burocrati e dei politici è scandalosa. E che dire degli ordini per le professioni che ne sono prive?

Finalmente il ddl  Lorenzin è arrivato in Senato e allora sarà bene anticipare il fatto che se questo rispecchia quanto sancito alla lettera “e” dell’articolo 4 della legge 43/06  e cioè che si devono: “definire le condizioni e le modalità in base alle quali si possa costituire un unico ordine per due o più delle aree di professioni sanitarie individuate ai sensi della lettera a”, ignora completamente quanto la stesso articolo sancisce alla successiva lettera “f” e cioè, si devono:” definire le condizioni e le modalità in base alle quali si possa costituire un ordine specifico per una delle professioni sanitarie di cui al presente comma, nell'ipotesi che il numero degli iscritti al relativo albo superi le ventimila unità”.

Politici….”ad maiora”
 
Gianni Melotti
Fisioterapista


03 marzo 2014
© Riproduzione riservata

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