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Caso Avastin-Lucentis. Il parere e i commenti della stampa statunitense

di Mauro Quattrone

13 MAG - Gentile direttore,
nei giorni passati ho letto su questo quotidiano, con molta attenzione, gli interventi degli attori principali (Governo, Regioni, politici, rappresentanti della società, Associazioni consumatori, rappresentanze professionali, associazioni di categorie) interessati alla disputa sul caso Roche-Novartis .

Le tesi dei favorevoli o contrari oramai hanno i giorni contati, poiché le carte processuali sono in mano alla Magistratura che dovrà valutare non la scorretta concorrenza delle società, già sanzionata in via pecuniaria dall’Authority, ma l’eventuale danno erariale subito dal SSN e gli eventuali danni personali che hanno subito i pazienti, affetti da tale patologia, che non potevano permettersi questa costosa cura.

Come mio approccio professionale, già sperimentato su alcune questioni inerenti la sanità nazionale, ho cercato presso le fonti esterne estere la conferma o il diniego delle tesi sostenute da autorevoli professionisti su questo caso, non avendo io alcuna competenza professionale su questa materia.

In questo lavoro mi sono avvalso di due articoli apparsi sulla stampa statunitense.

The New York Times in data 5 Marzo 2014 a firma dell’editorialista David Jolly, riassumeva la vicenda italiana sul caso. Dopo aver evidenziato le motivazioni ed i fatti che hanno portato all’erogazione pecuniaria nei confronti di Roche e Novartis, il giornalista evidenziava alcune questioni conosciute ed altre non note.
Non era la prima volta che la Genentech (proprietaria del marchio Lucentis-Avanstin e distributrice negli USA), finisce nei guai negli Stati Uniti. La prima risale al 2010, quando si era scoperto che la Società poteva offrire ai medici compiacenti sconti segreti per la  prescrizione di Lucentis al posto di Avastin.

Avastin non era mai stato ufficialmente approvato per uso oftalmico, ma i medici l'avevano usato, fin dalla metà dello scorso decennio, per il trattamento di disturbi come la degenerazione maculare senile, una comune causa di cecità negli anziani.
Le compagnie farmaceutiche, ricorda il NYT, non sono autorizzate a commercializzare i loro farmaci per usi non approvati, ma la legge statunitense dà ampio potere discrezionale ai medici di utilizzare il farmaco secondo un proprio giudizio.

Genentech aveva iniziato a sviluppare Avastin nel 1997. Il farmaco era stato approvato per il trattamento di tumori del colon, del polmone, del rene e del cervello, e ha fatto guadagnare alla Roche circa 7,2 miliardi dollari per l'anno 2013.

Genentech ha poi iniziato a sviluppare Lucentis, ranibizumabo, nel 2000 come trattamento per la degenerazione maculare. Lucentis e Avastin si basano su due molecole differenti, ma entrambi, ricorda ancora il NYT, derivano dallo stesso anticorpo e lavorano secondo un meccanismo analogo.

La Food and Drug Administration, ente federale statunitense preposto al controllo dei farmaci, non ha approvato Lucentis per la patologia oculare fino al 2010 - anno in cui Avastin era già in largo uso come trattamento off-label per la degenerazione maculare.

Sempre il NYT ricorda come Avastin e Lucentis siano equivalenti nel trattamento della degenerazione maculare, secondo i test sponsorizzati dal governo degli Stati Uniti (non vengono specificati gli organismi preposti), e milioni di pazienti in tutto il mondo hanno ricevuto Avastin in luogo di Lucentis senza effetti negativi. Ci sono stati, tuttavia, una manciata di casi in cui uso improprio di Avastin, dovuto principalmente ad inquinamento, ha portato a casi gravi per effetti collaterali.

Per cui dall’articolo apparso sul NYT si evincono alcune conferme e smentite sulle tesi apparse in questo quotidiano.

La prima conferma è che la Genentech aveva già consolidato la prassi, presso i medici americani, di richiedere la prescrizione di Lucentis a scapito di Avantis. Secondo, conferma che Avanstin e Lucentis sono equivalenti per il trattamento e la cura della stessa patologia. Terza conferma è che negli USA sono stati testati, sull’equivalenza dei due farmaci, un numero rilevante di pazienti affetti da tale patologia, da parte di organizzazioni sanitarie statali e federali

L’altro articolo apparso sul Washington Post in data 11 Aprile 2014 a firma di Steven Rich riguarda uno studio effettuato dall’assicurazione statale Medicare dal quale viene evidenziata la differenziazzione del prezzo dei farmaci su tutto il territorio federale .

I farmaci presi a base come curativi della stessa patologia  sono: Lucentis, Eylea, Avastin. Lucentis è il più costoso, circa 2.000 dollari per dose  Eylea ha un prezzo leggermente inferiore, ma Avastin è molto più economico perché costa circa 50 dollari, secondo i dati del 2012.

Dalla mappatura dei consumi si nota che l’uso esclusivo di Lucentis riguarda alcuni stati decentrati del nord (South Dakota –Minnessota) del centro (Kansas-Nevada) e del sud ( Alabama –Florida parte) oltre il Tennesse e il Kentucky. Nelle aree metropolitane e cittadine, nella East e West coast la diffusione Avastin è preponderante.

Lo studio mette, nuovamente, in evidenza che dai test randomizzati sull’efficacia dei due farmaci, questi risultano essere equivalenti per la cura della stessa patologia, l'unica differenza è che Avastin non è venduto in dosi convenienti e quindi deve essere diviso con rischio di contaminazione, lo stesso rischio evidenziato nell’articolo del NYT.

Per l’articolista del WP lo studio di Medicare ha evidenziato un grave danno economico assicurativo per l’utilizzo dell’uno a scapito dell’altro farmaco, e si pone un quesito finale, se i medici curano i pazienti in base a criteri di efficacia del farmaco somministrato o se esistono altre interessi non inerenti la malattia. Forse non è lo stesso quesito che si è posta la Magistratura italiana?

Secondo una logica di libero mercato è il consumatore sanitario americano a dover decidere la scelta finale ed è solo lui responsabile delle proprie azioni e delle sue scelte giuste o sbagliate.

Questa centralità, acquisita nel sistema, indirizza l’utilizzatore finale alla scelta di un farmaco nei confronti di un altro, alla scelta tra assicurazione privata o pubblica, o all’individuazione di un medico curante e ospedale di riferimento o all’acquisizione via internet (prevalente nel mercato sanitario americano) di un pacchetto sanitario di cure, di una prestazione diagnostica o l’acquisto di un farmaco. Ma nel caso specifico, quanto incide una prescrizione medica mirata nella scelta opzionale dei farmaci che devono prevenire e curare una così rilevante patologia?

Mauro Quattrone
Consulente direzionale forecasts & planning management


13 maggio 2014
© Riproduzione riservata

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