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La radiologia nel Lazio e quei pochi “capitani coraggiosi”

di Stefano Canitano

01 DIC - Gentile direttore,
l’elaborazione degli Atti Aziendali del Lazio è stata l’occasione, per degli osservatori esterni, come ormai sono ridotti a essere i sindacati della dirigenza medica da una politica di sempre più pervicace emarginazione operata dagli organi amministrativi e di governo di regioni e aziende, per valutare, con la massima obiettività possibile, almeno la capacità delle amministrazioni periferiche di cogliere necessità e innovazione. 
               
E non è forse un caso che i DG che hanno la nostra condivisione , almeno per qualche aspetto e almeno per noi radiologi, siano quei DG che hanno consultato, a puro titolo di arricchimento delle proprie conoscenze, visto che non vi sono tenuti, le OO.SS., considerandole una risorsa di competenze piuttosto che un ostacolo alla gestione come altri hanno fatto.
 
Non voglio qui elencare la lista dei provvedimenti che lasciano scontenti noi radiologi, e sono molti, alcuni anche da parte di coloro che citiamo più oltre, contrarietà che sono state già manifestate nelle sedi opportune.
 
Ma in molte aziende del Lazio prevalgono accorpamenti elaborati con l’aiuto del pallottoliere, che certo non è un consulente particolarmente qualificato, in altre  si razionalizzano, comprensibilmente, con timidezza, situazioni di repliche di fatto non perpetuabili e in altre ancora, dopo le dichiarazioni, stando alla stampa, di “inutilità delle radiologie”, si procede alla selvaggia chiusura delle stesse con altrettanto selvaggia esternalizzazione degli scatti fotografici dei quali si suppone  sia fatta la radiologia, per non parlare delle previste teletrasmissioni incontrollate di immagini per la refertazione in remoto, e delle aperture in grande pompa di interi ambulatori in cui la diagnostica è esternalizzata in blocco.
 
Ci sono però anche pochi “capitani coraggiosi”, che invece interpretano correttamente il ruolo clinico e non ancillare delle Diagnostiche e delle terapie mininvasive.
 
Non vorremmo che questa approvazione da parte dei competenti allarmasse i decisori centrali e determinasse la cassazione dei programmi di chi ha lavorato chiedendosi prima il “cosa” e poi, magari, il “quanto”. Ma dopo non avere risparmiato critiche alle amministrazioni che secondo noi operano culturalmente al ribasso con un forte danno per l’assistenza, è doveroso riconoscere il merito a chi ha cercato di rendere compatibile il risparmio con la qualità del’assistenza e, in un caso, persino della ricerca.
 
La prima sorpresa gradita è il mantenimento proposto della Struttura Complessa della Radiodiagnostica del San Filippo Neri. Ho già espresso su queste pagine elettroniche  quanto mi commuovano le poltrone da Direttore in quanto tali.
 
Cioè zero, se non legate ad una necessità organizzativa reale. Ma qui si correva un reale rischio di difficoltà gestionale e perdita della necessaria autonomia, specie se si vuole credere alle magnifiche sorti e progressive del SFN nell’elezione e non si vuole credere alle voci che interpretano invece la riconversione come una riduzione della rilevanza a vantaggio di un potente vicino.
 
Il secondo atto che ha portato un vento di novità è quello dell’Azienda San Camillo Forlanini, perlomeno sul piano delle diagnostiche e dell’Area Radiologica. Sancire che la Radiologia d’Urgenza è del tutto altro dalla Radiologia di Elezione è un grande passo avanti nella comprensione del lavoro che facciamo. Un riconoscimento delle nostre specificità  specialistiche e dei rischi ai quali si va incontro se si viene sbattuti in un campo del quale non si ha dimestichezza.
 
Quello che vale per tutti gli altri (chi si farebbe operare al cuore da un chirurgo ortopedico, o viceversa?) solo per noi, nella mente degli amministratori, non ha diritto di cittadinanza, noi soli dobbiamo per definizione sapere tutto di tutto. E fare tutto di tutto.
 
Ma dove le scelte organizzative hanno raggiunto davvero un punto di innovazione che dovrebbe fare riflettere chiunque amministri una ASL  o una Az.Osp. è il modello di organigramma del’Istituto Tumori Regina Elena. Il Commissario Straordinario insieme alla Direzione strategica ha ritenuto di non inserire l’Area Radiologica, come in una concezione piuttosto miope le aziende fanno di solito, in un generico dipartimento dei Servizi che normalmente riunisce strutture diversissime fra loro con l’unica caratteristica comune di non avere degenza,  Radiologia con Cardiologia, con Fisiopatologia Respiratoria, con Farmacia etc., e di non sottoporla nemmeno  alla gerarchia delle strutture cliniche.
 
Ha ritenuto invece di istituire un innovativo Dipartimento Ricerca Sperimentale, Diagnostica Molecolare Avanzata e Innovazione Tecnologica, riunendo tutte le strutture che si occupano di ricerca preclinica, molecolare, immunologica e traslazionale a quelle che si occupano di diagnostica, di anatomia patologica virtuale in vivo e in corpore vili, di terapia mininvasiva e di analisi morfologiche e funzionali. In una parola il Laboratorio analisi, l’Anatomia Patologica, la Diagnostica per Immagini, la Medicina Nucleare e la Radioterapia, oltre al Centro Trasfusionale anche come servizio di immunoematologia e la Fisica Sanitaria, insieme all’area delle strutture che sotto il coordinamento del Direttore Scientifico, muovono la ricerca traslazionale, dal laboratorio ai letti dei malati.
 
Una collocazione che restituisce a quello che di norma veniva considerato un “Servizio” , la Radiologia, la sua corretta dignità di Divisione Clinica permettendo una relazione da pari a pari con i reparti di degenza nell’approccio multidisciplinare all’assistenza e alla cura, in controtendenza con esternalizzatori e accorpatori.
 
Finalmente viene riconosciuto il ruolo chiave che le divisioni dell’Area Radiologica giocano nella filiera diagnostico terapeutica e nella ricerca e viene contraddetto quanto viene praticato ubiquitariamente e selvaggiamente, il servaggio delle radiologie e dei radiologi, lettori di immagini all’ingrosso al servizio non dei pazienti o dell’Assistenza Pubblica ma del pareggio di bilancio o, peggio, del profitto delle companies.
 
È un primo passo, significativo, verso una migliore concezione della Medicina. Non casualmente uno dei compiti istituzionali degli IRCCS è la sperimentazione organizzativa, l’elaborazione di modelli innovativi che superino le antiche gerarchie non più in grado di interpretare la realtà in costante tumultuoso movimento. E non è un caso che l’Istituto Regina Elena stia affrontando un impegnativo percorso di accreditamento ai criteri di qualità elaborati dalla Organization of European Cancer Institutes.
 
Stefano Canitano
Segretario Regionale Lazio FASSID - area SNR

01 dicembre 2014
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