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Il Ddl sulla Responsabilità professionale e il rischio di un ennesimo buco nell'acqua

di Francesco Lauri

10 OTT - Gentile direttore,
se da un lato gli emendamenti del relatore On. Federico Gelli al DDL sulla responsabilità professionale dell’attività medica contengono spunti di sicuro interesse, come ad esempio un miglior  inquadramento delle linee guida -  cui il legislatore ha finora solo genericamente rimandato - l'articolo 4, relativo alla conciliazione obbligatoria, contiene tali incongruenze con la realtà dei fatti da renderlo sostanzialmente improponibile.

Cercherò di fare chiarezza: com’è noto la responsabilità professionale medica rientra tra le materie per cui è previsto, obbligatoriamente, un preventivo tentativo di mediazione. Tutti quelli che si occupano quotidianamente nei Tribunali di responsabilità medica sanno che, purtroppo, la mediazione è stato il più grande flop tra tutti gli strumenti di ADR mai ipotizzati e previsti nel nostro sistema giuridico. In tale ottica è possibile leggere l'intenzione del relatore Gelli di sostituire  la media conciliazione con il più articolato Istituto della consulenza preventiva ai fini conciliativi introdotta nel nostro ordinamento dall’articolo 696 bis.

L'Istituto di per se rappresenterebbe l'uovo di Colombo per deflazionare l’enorme mole di contenzioso in materia di med mal: un cittadino si rivolge al tribunale  perché nomini un CTU che accerti il nesso di casualità, valuti il danno ed esperisca un tentativo di conciliazione. Un procedimento di straordinaria efficacia teorica, che nella pratica però si è rivelato del tutto inefficace.

Infatti, in assenza di una legge che istituisca l'obbligatorietà della copertura assicurativa per tutte le strutture sanitarie italiane ed elimini qualsiasi rimando all'autoassicurazione (virtuosismo pseudogiuridico per indicare un istituto giuridicamente inesistente che nella pratica si traduce normalmente in un inadempimento legalizzato,  giacche quasi tutte le strutture prive di copertura assicurativa, da Roma in giù, sono indigenti ed incapaci di far fronte con propri capitali ai risarcimenti), la conciliazione prevista dall’art 696 bis cpc non potrà mai funzionare, giacché ogni tentativo di mettere d'accordo le parti resterà lettera morta proprio per l'assenza di fondi nelle casse delle aziende ospedaliere o delle ASL.

Come rendere efficace allora il procedimento di cui al 696 bis? La soluzione potrebbe essere racchiusa in 5 passaggi:
1) istituire il principio della copertura assicurativa obbligatoria per Aziende Sanitarie e Case di cura con esplicita esclusione per  gli altri sistemi auto gestionali;
2) abolire la mediazione in materia di responsabilità professionale medica;
3) disporre l'obbligatorietà preventiva del ricorso ex articolo 696 bis per tutti i contenziosi in materia di responsabilità medica;
4) prevedere sanzioni obbligatorie ex articolo 96 bis cpc in tutti i casi in cui una parte non aderisca alla proposta conciliativa formulata dal CTU o dal giudice;

Si tratta di accorgimenti che per esperienza personale potrebbero portare ad un consistente deflazionamento del contenzioso. Ci si chiederà ora "qual è il quinto passaggio? E’ certamente quello più delicato e che necessariamente deve prevenire tutti gli altri: la riduzione dei parametri risarcitori, con particolare riferimento al danno morale da morte del congiunto che in Italia è del tutto sproporzionato rispetto agli standard europei e determina attualmente la fuga delle grandi Compagnie di Assicurazione.

Per concludere, il timore che da più parti si riscontra rispetto a questo ulteriore tentativo di regolamentare e legiferare in merito al risarcimento del danno prodotto dalla condotta professionale dei medici, è che si tratti dell’ennesimo buco nell’acqua perché anche in questa circostanza il legislatore non ha voluto confrontarsi fino in fondo con chi vive nella quotidianità la “trincea dei Tribunali” italiani che è tutta un’altra storia.
 
 
Avv. Francesco Lauri
Presidente Osservatorio Sanità

10 ottobre 2015
© Riproduzione riservata

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