Quotidiano on line
di informazione sanitaria
Mercoledì 15 MAGGIO 2024
Lettere al direttore
segui quotidianosanita.it

Errori in sanità e medicina difensiva? È quasi sempre colpa della cattiva organizzazione 

di Maurizio Nazari

08 DIC - Gentile direttore,
la lettera del chirurgo Gregorio Maldini sulle responsabilità dei medici mette in luce un grave aspetto di cui pochissimo si discute e mi fa ricordare come gli errori in medicina siano grossomodo di due tipi: 1. errori per scarsa conoscenza-competenza; 2. errori per non appropriato uso delle competenze (dovuto, ad esempio, alla stanchezza).
 
Da quello che scrive il dott. Maldini sembra che gli errori dei chirurghi italiani, in particolare quelli relativamente giovani, possano rientrare prevalentemente nel primo gruppo. Osservazione che condivido in base alla mia passata esperienza di chirurgo ortopedico.
 
Scrive il chirurgo americano Atul Gawande : "Io mi sono formato come chirurgo generale, ma, fatta eccezione per le aree più distanti dalle grandi città, un chirurgo generale è una astrazione. Non è più immaginabile fare davvero tutto. Avevo deciso di specializzarmi in chirurgia oncologica, ma anche questo campo si è rivelato troppo vasto. Così, per quanto mi sia sforzato di mantenermi aggiornato in un ampio settore di pratiche chirurgiche generali, soprattutto per le emergenze, ho sviluppato una specifica competenza nell'asportazione dei tumori delle ghiandole endocrine." "Checklist, Come far andare meglio le cose" p. 31, ed. Einaudi 2011.
 
La scelta del dott. Gawande derivò dalla constatazione che: "I tassi di sopravvivenza dei pazienti dopo un intervento di cardiochirurgia, di chirurgia vascolare e di molte altre operazioni sono direttamente collegati al numero di volte che il medico ha eseguito quella procedura. Venticinque anni fa, i chirurghi generali effettuavano isterectomie, asportavano tumori ai polmone e inserivano bypass nelle arterie delle gambe. Oggi per ogni problema c'è uno specialista, che ripete all'infinito un numero limitato di procedure”, e il dott. Gawande cita un caso specifico, parlando de: “la riduzione di un'ernia, che ho imparato a fare nel mio primo anno di tirocinio. ... Nella maggior parte degli ospedali ridurla richiede circa novanta minuti e può costare più di quattro mila dollari. Nel 10-15 per cento dei casi, l'operazione non riesce e l'ernia si riproduce. Ma c'è una piccola clinica alla periferia di Toronto, lo Shouldice Hospital, dove questa percentuale statistica viene smentita. Alla Shouldice per eseguire una riduzione di ernia impiegano dai trenta ai quarantacinque minuti. E sorprendentemente, il tasso di ricaduta è appena del 1 per cento. Inoltre l'operazione viene a costare circa la metà che altrove... Quale è il segreto del successo di quella clinica? In breve, è che i chirurghi della Shouldice eseguono solo interventi di ernia. Ognuno di loro riduce tra le seicento e le ottocento ernia all'anno, più di quante ne riduca un chirurgo generale in tutta la sua vita".  "Salvo complicazioni" p.50, ed. Fusi orari 2005.
 
Molto si è dibattuto in questi mesi sulla responsabilità professionale e su "quanti numeri a vanvera attorno alla spesa (e ai tagli) in sanità", come lei intitolava in un suo articolo del 27 luglio; concetto integrato due giorni dopo dal dott. Polillo con quel "E allora delle due l'una, o il Ministro delle finanze tedesche Schauble usa sprecare le risorse pubbliche del proprio paese, fatto questo che allo stato attuale sembra estremamente improbabile, o le ipotesi del ministro Lorenzin sono prive di fondamento". Dopo il bailamme assordante delle cifre per le spese sanitarie sparate per 4 mesi, è grazie all'intervento del dott. Maldini che si mette in luce forse la principale causa della cosiddetta medicina difensiva: la scarsa qualità-appropriatezza delle prestazioni specialistiche, rispetto alla potenzialità della medicina moderna, a cui sono costretti i nostri chirurghi per la mancanza organizzativa di appropriati Livelli Essenziali di Organizzazione.
 
Sempre a luglio, sul suo giornale,  l'intervento in Senato della presidente Commissione sanità Emilia Grazia De Biasi, da cui traggo: "La responsabilità in campo medico è l'appropriatezza. Dobbiamo decidere cosa intendiamo per appropriatezza. Ci sarà un decreto ad hoc su questo e deve esserci una lista molto chiara di cosa significhi appropriatezza, per fare in modo che il cittadino non cada nella trappola. Ma che non cada nella trappola, non dei medici, ma del fai da te e dell' autoprescrizione, nel decidere di fare alcune analisi totalmente inutili e alcune Tac molto costose. E ci sono dei DRG che significano una bella remunerazione, soprattutto per il privato. Stiamo attenti. L'appropriatezza è un valore anche per i farmaci." E giustamente l'onorevole De Biasi aggiunge nel suo discorso il concetto che il nostro universalismo non è l'aspirina gratis per tutti, ma l'anticancro di ultima generazione per tutti.
 
Ed ha ragione l'onorevole De Biasi perché in questo Paese vige ancora l'universalismo, grazie a quell'articolo 32 della Costituzione che purtroppo gli americani non hanno. Mancanza, sia detto per inciso, che ha portato quel Paese ad una medicina prevalentemente basata sulle assicurazioni, che pure escludendo ancora dalle cure l'11% della popolazione, è estremamente costosa (il 16,7% del PIL). Ed è soprattutto il tema delle buone cure per il popolo americano che sta facendo raccogliere al democratico Bernie Sanders grandi consensi nella campagna elettorale per le presidenziali negli USA.
 
Ora la brava senatrice De Biasi sicuramente sa che nella Riforma sanitaria Ter (Riforma Bindi; legge 229/1999) ci sono gli elementi legislativi che concedono ai Direttori Generali la possibilità, in base alla epidemiologia del loro territorio, di individuare le superspecialità da affidare ai singoli specialisti attraverso gli incarichi professionali, permettendogli così, di superspecializzarsi in un settore particolare della loro specialità: se un cittadino ha una patologia della spalla è bene che sia visto dal ortopedico che abbia l'incarico della chirurgia della spalla e non da quello che fa la chirurgia del piede, come purtroppo succede nella maggior parte delle nostre ULSS.
 
E' molto probabile che l'organizzazione del lavoro, come prevista dalla legislazione, farebbe migliorare le prestazioni professionali (utile ricordare i dati PNE di Agenas) e i costi (come ricorda il dott. Gawande a proposito dello Shouldice Hospital).
 
Non Le sembra il caso, se si è ancora in tempo, che i riformisti debbano riprendere in considerazione le loro riforme che hanno purtroppo abbandonato negli anni?
 
Maurizio Nazari
Chirurgo ortopedico in pensione

08 dicembre 2015
© Riproduzione riservata

Altri articoli in Lettere al direttore

lettere al direttore
ISCRIVITI ALLA NOSTRA NEWS LETTER
Ogni giorno sulla tua mail tutte le notizie di Quotidiano Sanità.

gli speciali
Quotidianosanità.it
Quotidiano online
d'informazione sanitaria.
QS Edizioni srl
P.I. 12298601001

Sede legale:
Via Giacomo Peroni, 400
00131 - Roma

Sede operativa:
Via della Stelletta, 23
00186 - Roma
Direttore responsabile
Luciano Fassari

Direttore editoriale
Francesco Maria Avitto

Tel. (+39) 06.89.27.28.41

info@qsedizioni.it

redazione@qsedizioni.it

Coordinamento Pubblicità
commerciale@qsedizioni.it
    Joint Venture
  • SICS srl
  • Edizioni
    Health Communication
    srl
Copyright 2013 © QS Edizioni srl. Tutti i diritti sono riservati
- P.I. 12298601001
- iscrizione al ROC n. 23387
- iscrizione Tribunale di Roma n. 115/3013 del 22/05/2013

Riproduzione riservata.
Policy privacy