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Quale sanità per il domani? Le idee di un medico ospedaliero

di Marco Santini

10 APR - Gentile direttore,
sono un medico, anestesista rianimatore ospedaliero della Spezia. Raccolgo l’invito della Professoressa Labate autrice di un bellissimo articolo sul “NHS al collasso”. Ho ascoltato più volte in televisione, convegni o incontri politici, tavoli più o meno tecnici, molti esperti sia medici, sia economisti o politici, quando parlano dei mali del SSN sanno comunque affrontare la questione solo dal punto di vista economico...
 
Non che non sia importante...ma , forse mi sbaglio, attualmente mi pare che il nostro SSN assorba il 7% del PIL, del nostro PIL, Germania e Francia hanno percentuali ben più alte, mi sembra il 10% e gli USA, anche se non hanno propriamente un sistema, avevano un costo sanità pari al 15% del PIL e nello stesso tempo si permettevano o permettono ancora, la più alta incidenza di mortalità infantile del mondo occidentale..

Tutto questo era per dire che l'argomento denaro è solo un aspetto del problema, senza però darne le dimensioni e che si può anche spendere di più ed essere comunque in difetto.

E' vero, forse si potrebbe risparmiare ancora qualcosa, forse si potrebbe chiudere qualche ospedale...si i costi standard consentirebbero ancora qualche risparmio, addirittura si è pensato di limitare o razionalizzare gli esami radiologici, accorpare asl, ...ridurre (ancora?) l'odontoiatria pubblica.....
Ma, mi si consenta, tutti questi non sono provvedimenti di un buon legislatore, queste sono misure d'emergenza di un buon amministratore, che si trova a dover girare con un'auto vecchia e non può comprarne una nuova..

Faccio mia una frase estrapolata dall’articolo della Professoressa “il Paese ha bisogno di un dibattito aperto e onesto tra i politici e l'opinione pubblica su che tipo di servizio sanitario nazionale vogliamo nei prossimi 10 o 20 anni"…aggiungo che i Cittadini dovrebbero decidere, perché si sta parlando della loro salute e dei loro denari, ma al di là di ogni ipocrisia , dovrebbero anche decidere quali e quante risorse destinare a quei malati che resteranno al di fuori del ciclo produttivo della società e per patologia e per età.

Perché limitare le risorse al SSN comporta un’onda lunga ed invisibile, ma spietata, che fa sì che manchino risorse proprio nei settori della riabilitazione o del territorio, o per la prevenzione oppure provocheranno liste d’attesa sine die, oppure la mancata riparazione di una tale macchina, per cui non verrà eseguito un certo esame.

Negli anni ottanta la Thatcher tra le altre cose aveva escluso dalla emodialisi gli over 65, certamente fu un provvedimento iniquo oltre che doloroso.
Io penso che andrebbe ripensata interamente la struttura del nostro SSN, del quale rivendico l’universalità e la capillarità.
Per cominciare penso che se si vuole spendere meno per curare le malattie, si deve fare in modo che queste diminuiscano…ciò può succedere solo con la prevenzione, quindi più medicina scolastica, più medicina del lavoro e più e meglio medicina di base.

Non starò a dire se i medici di famiglia lavorino tanto, troppo poco, poco, ma sicuramente complessivamente il loro lavoro non risponde alle reali esigenze.
Credo che andrebbero vincolati maggiormente al SSN, assumendoli… ed inibendo a loro come agli ospedalieri qualsiasi forma di libera professione.
Il loro lavoro dovrebbe essere svolto in poliambulatori con altri medici specialisti e dotati di una diagnostica di base , così da non dover ricorrere per forza all’ospedale.

E dovrebbero essere loro a chiamare il paziente in studio seguendo criteri d’età e patologia. Chi prescrive un esame si preoccupi anche della prenotazione della effettiva possibilità di esecuzione…quanti anziani o persone un po' più semplici della media devono ricorrere a “salvatori” tra parenti e conoscenti..

Sarebbe fondamentale istituire un database di tutti i Pz , con relative informazioni cliniche, con modalità d’accesso diverse.

Io sono un medico ospedaliero, e vedo che se da una parte si parla di risparmio, ad esempio sui farmaci:,antibiotici albumina e sangue e derivati in testa,,non c'è invece alcun riguardo circa le procedure invasive, o sui trasporti urgenti: voglio dire spesso un intervento chirurgico, neurochirurgico, una procedura d’emodinamica, angiografica, emodialisi… sono fatte più per curare la malattia che per fare meglio al Pz, allora io credo, che si “i costi standard delle siringhe”, ma ancora di più ci vorrebbero i criteri standard per l'accesso alle UTI, alla dialisi, alla chirurgia, all'emodinamica, alle trasfusioni, alla chemioterapia e/o radioterapia,in poche parole... quando affronteremo in Italia il tema della "limitazione cure per comorbidità" e il "fine vita"?
 
Penso non sia lesivo della dignità del medico non fare libera professione, io credo che si possa essere molto gratificati lavorando in equipe, cercando il proprio spazio in competenze specifiche , credo quindi che dovrebbero sparire l'intramoenia e l'extramoenia, credo che certamente l'esclusività vera, dovrebbe essere remunerata molto di più.

Circa l’intramoenia è aberrante che il SSN possa avere interminabili liste d’attesa e contemporaneamente possa permettersi nelle medesime strutture la libera professione.
Nel contempo, mi chiedo quale Azienda consentirebbe al proprio professionista di lavorare nel tempo libero per un Azienda concorrente…vedi extramoenia.

Penso andrebbero rivisti i criteri di accreditamento delle strutture private convenzionate, in alcuni casi veri centri d’eccellenza, ma in altri non in grado di gestire le evoluzioni negative di patologie sottovalutate, così poi da essere scaricate sulle strutture del SSN.
Ma il DRG lo prendono pieno anche in questi casi?
 
I piccoli ospedali, sono un grande problema, ce ne sono diversi, d'altronde l'Italia ha una morfologia complessa, ma sicuramente il territorio va presidiato.
Esistono ospedali piccoli con pochi accessi all'anno, sicuramente antieconomici, ma che possono però essere molto utili per l'emergenza /urgenza.
Io credo però che far lavorare dei sanitari (medici/infermieri/tecnici ecc..) in un presidio con poca casistica, significhi condannarli all'impoverimento culturale.

Credo che una volta studiata la demografia e l'orografia del territorio e quindi una volta presa la decisione di mantenere un presidio, dovrebbe essere mantenuta la rotazione del personale lavorante, cioè tutto il personale sanitario dovrebbe provenire da una struttura più grande, in modo così da portare in quel piccolo presidio la medesima qualità.

In ultima analisi penso che si dovrebbe proporre ai cittadini un modello d'assistenza, mostrare quanto costerebbe, decidere veramente cosa sia imprescindibile, da dover quindi salvare nel caso di tagli, ma continuare a proporre come soluzione l’integrazione del SSN con forme assicurative tradirebbe di fatto il diritto alla salute, lasciando quindi spazio alla discrezionalità, alla possibilità che qualcuno possa anche non assicurarsi, che a qualcuno possa anche non essere garantito il suo diritto alla salute.

E se ci si chiedesse invece se l’incapacità a trovare risorse per il SSN o la Giustizia o l’Istruzione e Pensioni, non sia l’ennesima conferma della crisi di un sistema, quello capitalista?

Mi chiedo come si possa parlare di Stato e mi chiedo se anzi la sua esistenza non si dissolva, inquadrandolo all’interno di un sistema economico che prevede l’esistenza di ricchi e poveri,di occupati e non, pur non essendo in presenza di guerre e carestie.

Penso che invece vada quanto prima affrontata la questione della limitazione cure per comorbilità e fine vita, proprio per evitare che preziose risorse vadano investite inutilmente a discapito invece di chi se ne potrebbe giovare.

I temi limitazione cure e gestione fine vita, non possono, non devono essere lasciati solo agli operatori sanitari,quali Medici ed Infermieri , investono invece tutta la Società, investono noi Cittadini…..

Cosa chiediamo alla Società che faccia per noi quando staremo male? Dico Società, perché è vero che materialmente saranno Medici ed Infermieri a gestire la procedura medica, ma agiranno con risorse e nel rispetto di normative messe a disposizione del SSN dallo Stato, su mandato quindi popolare.
E’ per questo che tutta la Politica non può sottrarsi all’argomento, così alto da non poter essere gestito neppure dalle autorità religiose, perché anche quelle hanno visioni di parte.
Cos’è che riunisce tutti i Cittadini in una Democrazia? La Politica.
 
E la Politica deve farsi carico di cominciare a parlare di argomenti forse sgradevoli, ma necessari e che saranno via via sempre più pressanti.
Chiedo un confronto sul dolore, sulla vita, sullo stato vegetativo.
Se in questa società sia ancora ammissibile il dolore e sono disposto ad ascoltare anche chi pensa che “Si, il dolore vale la pena di essere vissuto”, ma non accetto che questa opinione possa generare una legge dello Stato e pertanto estesa a tutti.
 
Chiedo un confronto sereno aperto sulla limitazione cure per comorbidità, mi chiedo perché si debbano ancora sottoporre a procedure mediche invasive persone malate croniche, le quali purtroppo non si gioveranno mai dei brillanti risultati, ma avranno solo un’ esistenza biologica prolungata.
 
Chiedo se sia condivisibile il termine qualità di vita, forse no? Forse sì? Ovviamente per il sottoscritto è un sì, vorrei però comprendere anche chi pensa di no.
 
Vorrei però un confronto che partisse da basi concrete: il dolore, la gestione di Pz cronici allettati, le conseguenze di eventuali interventi, le settimane di degenza passate in UTI, ora per ora, senza notti e senza giorni, senza affetto, senza intimità, senza niente, corpi curati, ma non amati, cmq corpi ed animi violati, ecco ….la base del confronto parte da qui….la conoscenza di questi elementi è imprescindibile.
 
Tutto il processo medico è accettabile, ma ci deve essere uno scopo, un ritorno alla vita, con tutti i significati che le si vogliono dare.
Gli ospedali, le terapie, le UTI sono come dei ponti, corti o lunghi, servono unicamente per essere attraversati, dai ponti si deve scendere, non ci si può vivere, credo che questo concetto possa essere universale.
 
Vorrei che si cominciasse a distinguere il curare dall’aver cura.

Marco Santini
La Spezia 

10 aprile 2016
© Riproduzione riservata

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