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Infermieri. Pisa ha ragione

di Carlo Pisaniello

25 APR - Gentile Direttore,
non ci interessano le lotte ideologiche o le prese di posizione oltranziste di alcuni rispetto ad altri, siamo equidistanti da tutti coloro che si nascondono dietro manifesti o bandiere di circostanza, la nostra cultura del diritto ci impedisce di parteggiare per pseudo-leader o condottieri dell’ultima ora, siamo altrettanto attenti a non appoggiare soggetti che potrebbero trarre profitto a loro vantaggio dalle nostre lotte, soprattutto quando queste hanno portano un serio e fattuale contributo alla professione.
 
Ma la circostanza dell’art. 49 del codice deontologico infermieristico (CDI) è una battaglia di civiltà oltre che di professionalità, qui non si sta discutendo di smacchiare i giaguari, ma si stanno gettando le basi del cambiamento della professione, siamo perfettamente in linea con quello che il Presidente IPASVI di Pisa ha espresso nei suoi scritti, ossia, che l’articolo 49 CDI è una spada di Damocle sulla schiena di tanti professionisti infermieri. E’ in effetti un serio limite all’emancipazione professionale ed un ricatto costante allo sviluppo e alla progressione professionale.
 
Chi all’epoca lo ha partorito e rielaborato successivamente nel 2009, non era di certo uno sprovveduto ma era un “mente” sopraffina, un attento osservatore delle dinamiche socio-politiche dell’epoca che strizzava un occhio alla politica e che desiderava in fondo solo mantenere l’egemonia sulla governance della professione per i successivi decenni, sfruttando l’ignoranza della categoria e la sua naturale predisposizione al volontariato.
 
Chi ancora oggi propina la validità e l’attualità del codice in generale ed in particolare dell’art. 49 è fuori dal tempo, è un anacronistico dinosauro in via d’estinzione che non ha ancora compreso che nulla c’azzecca la contemporaneità dell’art. 49 con la professionalità, la competenza, l’evidence base nursing, le competenze avanzate, gli ambulatori infermieristici, la dirigenza, le UOC infermieristiche, i direttori infermieri, la ricerca infermieristica e i dottorati di ricerca.
 
E’ una realtà che non solo non è più attuale, ma non lo è mai stata, perché tra le competenze professionali dell’infermiere non c’è mai stata quella di base, cioè quella degli aspetti igienico-domestico-alberghieri, è un retaggio culturale antidiluviano, anacronistico e apodittico, la sua naturale corrispondenza  infatti è nelle figure di supporto siano esse OTA  o OSS ma non certo dell’infermiere.
 
Ma nulla nasce spontaneo o per caso, infatti mentre migliaia di infermieri venivano e vengono tutt’ora sfruttati, demansionati, umiliati, oltraggiati e resi inebetiti dalle continue attività di propaganda “pro-paziente”, altri invece, spiccavano il volo volteggiando in sfavillanti carriere dirigenziali, didattiche, politiche, aziendali…auto-proclamandosi nuova classe dirigente infermieristica e dettando le regole del gioco, in un sistema che è stato creato ad hoc per  sembrare reale ma che reale non è.
 
Costoro, oggi, sono stati smentiti dall’inesorabile progredire del tempo, della tecnologia, della didattica, della giurisprudenza, la professione si sta avviando verso un percorso che per forza di cose non può che avanzare inesorabilmente verso un’autonomia reale e una professionalità sempre più indipendente che si svincola sempre di più dai preconcetti e gli stereotipi culturali che fino ad oggi l’hanno contraddistinta.
 
Ed è proprio in questo contesto che giustamente si inseriscono le prese di posizione come quelle del Nursind, di Ivan Cavicchi e del Presidente IPASVI Pisa  Emiliano Carlotti e di tantissimi colleghi, i quali, cominciano a comprendere anche se un po’ in ritardo, anzi, parecchio in ritardo (il Prof. Mauro Di Fresco lo diceva già 20 anni fa), che l’emancipazione vera e reale della professione non si avrà mai fino a quando non spezzeremo il legame con il passato, quel vincolo culturale che è insito prima di tutto nella mentalità di alcuni appartenenti al Collegio, una cultura che fonda le sue basi su presupposti errati, su principi contrastanti o forse, su convinzioni di comodo.
 
E lo si dimostra facilmente vedendo la reazione scomposta della Presidente Mangiacavalli contro il rifiuto del Presidente IPASVI Pisa di ottemperare al CDI, una reazione sconsiderata visti i tempi, ma soprattutto viste le numerose sentenze in fatto di demansionamento che sempre di più dimostrano che le attività che oggi vengono chieste agli infermieri non sono congrue e appartenenti al suo profilo.
 
E lo sa bene la Presidente della FNC, la storia e la giurisprudenza vanno verso una strada ben diversa da quella percorsa sino ad ora, eppure si è comunque scelta la via della contrapposizione contro un collegio provinciale che secondo la FNC ha commesso il reato di lesa maestà disubbidendo alle regole e ai diktat federativi, piuttosto che il dialogo o il confronto si è preferito lo scontro. Un atteggiamento che a nostro avviso non pagherà e che anzi, forse, farà scontare duramente  la scelta del muro a muro.
 
Se poi aggiungiamo le ultime novità in tema di giurisprudenza, beh allora possiamo certamente affermare che è stato un annus orribilis per la Presidente Mangiacavalli,  i cambiamenti se non colti per tempo portano facilmente a disfatta coloro i quali, si arroccano sulle proprie posizioni tentando di rimanere in equilibrio precario pur di non affrontarli.  Per altro, la recente assoluzione dei i 73 colleghi di Modena dai reati loro ascritti per esercizio abusivo della professione di cui all’art.  348 C.P., la dice lunga su come le cose possono cambiare da un momento all’altro, è sempre bene valutare prima di agire, un azzardo su convinzioni errate può provocare un terremoto. Le egemonie, tutte, per non parlare dei poteri assolutistici simil-monarchici, prima o poi sono destinati a dissolversi, ce lo insegna la storia.
 
Del resto basterebbe veramente poco per adeguarci alla realtà europea, non serve neanche spremersi le meningi o tentare di inventare chissà che cosa, basterebbe copiare, copiare da realtà ben più evolute delle nostre dove la professione infermieristica è ben considerata e stimata e dove realmente l’infermiere è avvezzo alle competenze avanzate, non sulla carta, ma nella realtà lavorativa di tutti i giorni.
 
A nulla vale per altro fare come molti servi sciocchi del collegio che propagandano altri codici deontologici per giunta neanche tradotti, nel vano tentativo di far capire che non siamo solo noi che compensiamo le carenze ma tutta l’Europa, un bufala bella e buona, basta leggerlo per capire che nulla di quello che c’è scritto fa pensare ad un abominio come quello dell’art. 49, che è una realtà solo ed esclusivamente Italiana, fatta per gli Italiani e che solo gli Italiani sono in grado di sopportare. Essere demansionati o meglio, “deontologicamente demansionati” è un vero privilegio che è riservato veramente a pochi e del quale, dovremmo anche essere grati, una follia senza precedenti, schiavi per legge, ossequiosi per nascita.
 
E non mi si venga a dire che l’appello sui ROT perso dal collega del San Camillo di Roma sia una valida dimostrazione che l’art. 49 ha la sua valenza giuridica e trova consensi anche fra i giudici, perché tale affermazione sarebbe un artificio giuridico ed un falso palese, il ricorso è stato purtroppo redatto male, non si sono provati i presupposti giuridici idonei a dimostrare che il demansionamento si basava sulla reiterata e costante violazione delle norme di riferimento la professione infermieristica, ma ci si è basati solo sulla circostanza del contestare la circolare della direzione sanitaria che obbligava l’infermiere, in caso di mancanza degli OTA-OSS alla chiusura dei ROT, su tali presupposti, era facile preventivare la soccombenza del ricorrente. In un precedente ricorso del Prof. Di Fresco fatto anni prima e sulle medesime circostanze, c’era stato un pieno accoglimento delle tesi poste a fondamento del ricorso stesso, con la conseguente condanna del datore di lavoro.
 
Quindi confermiamo la nostra convinta adesione, ribadiamo che siamo assolutamente favorevoli all’abolizione dell’art. 49 del CDI e vicini alla battaglia che sta portando avanti il Presidente IPASVI di Pisa, poiché riteniamo l’articolo incriminato non solo ridicolo ma fuori contesto e per altro irrilevante ai fini delle norme che inerirono la professione.
 
A coloro i quali hanno un senso spiccato per i temi etici e che quindi si sentono particolarmente coinvolti ed obbligati nei confronti del medesimo articolo, diciamo, se avete questo spirito volontaristico e magnanimo continuate a farlo ma al di fuori dell’orario di servizio e soprattutto a titolo gratuito, se mostrate veramente il bisogno di sentirvi utili per il prossimo come molti di noi già fanno, fatelo, non smettete, ma non offendete la professione e la dignità di migliaia di altri vostri colleghi prostrandovi e dequalificandovi.
Solo così mostrerete veramente la vostra predisposizione utilitaristica ai fini della professione.
 
Carlo Pisaniello
Vice Presidente Associazione avvocatura di diritto infermieristico (AADI)

25 aprile 2016
© Riproduzione riservata

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