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Formazione specialistica. Quando si corre per rimanere sempre nello stesso posto

di Andrea Silenzi (Sigm)

16 MAG - Gentile direttore,
sembra che in questo Paese sia veramente impossibile progettare e pianificare con metodo. Normalmente basterebbe senso di responsabilità, voglia di migliorare la situazione, competenze e un pizzico di buon senso. Purtroppo, però, se guardiamo a quanto sta accadendo nella discussione sulle variegate proposte sulla formazione medica post lauream, frutto del tavolo politico nato su mandato dell’art. 22 del Patto per la Salute 2014-2016, questo non solo non si sta verificando ma, per l’appunto, ci spinge a pensare di vivere nel Paese della Regina Rossa descritto da Lewis Carrol in “Alice in Wonderland”.
 
"Bene, nel nostro paese" disse Alice, ansando ancora un po', "se inizi a correre e mantieni l’andatura dovresti arrivare da qualche parte."
 
"Una ben lenta specie di paese il vostro!" disse la Regina “Qui da noi devi correre più che puoi per restare nello stesso posto. Se vuoi andare da qualche parte devi correre almeno il doppio.”
 
Ecco, sembra proprio che in Italia si finga di correre tanto per non cambiare nulla. In altre parole, per tornare al confronto sulle proposte del tavolo dell’art. 22, si parli tanto per non arrivare a nessuna conclusione. Eppure basterebbe utilizzare buon senso!
 
In questi giorni al governo italiano è arrivato anche il richiamo formale di Bruxelles sull’inadempienza alla scadenza temporale individuata per risolvere la problematica del rispetto del monte orario e riposo compensativo. È abbastanza evidente che, mancando il coraggio di disinvestire da assetti non più sostenibili per investire nell’assunzione di neo-specialisti e nella stabilizzazione dei precari, qualcuno provi ad avanzare soluzioni compromissorie per risolvere le carenze di organico. In quale modo? Impiegando professionisti in formazione in possesso di buone competenze, a basso costo e a elevato turnover, senza garantire loro i presupposti per una futura e tempestiva stabilizzazione ma, al contrario, alimentando l’insicurezza e il precariato in sanità.
 
Una recente nota della CRUI ha definito queste prospettive come l’anticamera della dequalificazione e del demansionamento dei medici all’interno di un SSN immobile nonché un progetto incompleto e incomprensibile dal punto di vista della pedagogia medica. Non possiamo far altro che sottoscrivere queste affermazioni.
 
Come ben sottolineato qualche settimana addietro dal Presidente del CUN sulle pagine di questo giornale, è paradossale pensare a grandi rivoluzioni della formazione medica a nemmeno 15 mesi dal riordino voluto dal DI 68/2015 che, in molte parti, resta una riforma ancora da applicare. Il pensiero va immediatamente all’accreditamento delle UU.OO., universitarie e non, afferenti alla rete formativa di ciascuna scuola di specializzazione, in conformità a ben definiti indicatori di performance. Tuttavia, a oggi, questo resta un grande salto concettuale incompiuto che potrebbe contribuire e molto al miglioramento della qualità formativa e assistenziale, un obiettivo primario rimasto colpevolmente inevaso.
 
A nostro avviso, da qui è necessario ripartire se si vuole veramente migliorare la situazione lavorando all’implementazione di quelle reti formative volute dal Dlgs 368/99 ma mai realmente decollate. Le reti rappresentano la base operativa per la costituzione di ben più complessi sistemi di formazione, ovvero un insieme di attività e attori che abbiano la comune finalità di migliorare la qualità della formazione post lauream di area sanitaria*.  Per creare questi sistemi serve integrare in modo oggettivo il meglio di università, ospedale e territorio e comprendere che è necessario sottoporsi continuamente a una trasparente e oggettiva valutazione.
 
Senza questo passaggio preliminare e fondamentale ogni ulteriore iniziativa rischia di essere ridondante, confusionaria e finanche pericolosa. Un monito che speriamo verrà tenuto in debito conto nel futuro anche dai colleghi della sezione giovanile dell’ANAAO che, magnificando e sostenendo in modo avventato la proposta dell’intersindacale anche su queste pagine, non hanno fatto altro che prestare il fianco alla riproposizione da parte delle Regioni della proposta del doppio binario ovvero dell’innesto nel SSN dei medici in formazione specialistica degli ultimi due anni di corso, senza però prevedere o chiarire nel frattempo le necessarie condizioni per garantire ai neo specialisti la possibilità di sbocchi reali e stabili nel SSN.
 
A questi colleghi che sprecano parole e inchiostro, accusando di autorefenzialità chi guarda come riferimento culturale al modello associativo tra pari piuttosto che a quello sindacale, chiediamo di impegnare le proprie energie in modi più utili. Ad esempio, per unire la propria voce a quella del SIGM e delle altre sigle rappresentative dei giovani camici bianchi per essere chiamati a partecipare ai tavoli politici, come quello dell’art.22, senza delegare tale rappresentanza a più attempati colleghi che, fisiologicamente, sono portati a tutelare la condizione di quanti sono ormai prossimi all’uscita dal sistema.
 
Qualcosa di positivo e controcorrente è tuttavia sorprendentemente accaduto: nel documento licenziato il 4 Maggio 2016 a opera della Commissione Salute della Conferenza Stato Regioni, in controtendenza rispetto a quanto proposto per l’attuale sistema della formazione specialistica, è stata avanzata una proposta di evoluzione della formazione specifica in medicina generale che prevede il passaggio dagli attuali corsi di formazione regionali a una formazione specialistica in medicina di comunità e cure primarie. Si tratta dell’unica luce tra le ombre delle proposte di rivisitazione della formazione medica post-laurea.
 
Una proposta che, riconoscendo il valore che l’attuale formazione specifica in medicina generale ha prodotto in alcune realtà, vorrebbe disancorarsi da compromessi storici e rilanciare finalmente anche in Italia un progetto sistemico di valorizzazione della formazione dei futuri specialisti dell’assistenza primaria, definendo “le modalità per la valorizzazione e l’inclusione in un nuovo processo formativo specialistico del patrimonio esperienziale delle scuole regionali in medicina generale”.
 
Pertanto, più che correre confusamente attorno al bivio è ora di scegliere quale delle due strade imboccare. Quella volta all’integrazione di funzioni e attori in ottica di sistema, con il fine del miglioramento continuo delle performance e della produttività inespressa in ambito formativo e assistenziale, oppure quella del compromesso momentaneo e strumentale che ha il solo fine di scaricare sulle giovani generazioni di professionisti le responsabilità delle cattive gestioni del passato?
 
Andrea Silenzi
Presidente Nazionale SIGM
Associazione Italiana Giovani Medici
 
*Frenk J, Chen L, Bhutta ZA. et al. 2010. Health professionals for a new century: transforming education to strengthen health systems in an interdependent world. The Lancet 376(9756): 1923-1958

16 maggio 2016
© Riproduzione riservata

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