Riabilitazione. Non è con i Lea che possiamo risolvere tutti i problemi
di Paolo Boldrini (Simfer)
05 SET -
Gentile Direttore,
il dibattito sui nuovi LEA si riaccende in vista della ripresa dei lavori dopo la pausa estiva, e nell’imminenza della seduta della Conferenza delle Regioni e Province Autonome prevista per il 7 settembre.
La SIMFER ha già espresso in diverse sedi istituzionali le proprie osservazioni su diversi punti del documento, evidenziandone gli aspetti positivi così come le criticità, ben consapevole che si tratta di un atto normativo fondamentale di politica sanitaria.
Ritiene però necessario ribadire che i LEA, per la loro stessa natura, non sono sufficienti a delineare compiutamente il modo con cui l’assistenza sanitaria si va a declinare nei contesti operativi concreti. E’ indispensabile far riferimento anche ad altri strumenti normativi, e ovviamente prevedere il forte contributo della componente professionale, in termini scientifici ed organizzativi, se si vuole tradurli in pratica dando risposta adeguata ai nuovi bisogni di salute.
Il documento LEA, essendo organizzato per distinti settori assistenziali, non risulta adatto a descrivere i servizi secondo una prospettiva sistemica, che tenga conto delle reciproche interazioni fra le diverse aree di attività. Questo aspetto è particolarmente percepibile nell’ambito della Riabilitazione, attività che interseca quasi tutti i nodi della rete dei servizi sanitari, e che non a caso viene richiamata in molti punti diversi del documento e della relazione tecnica.
Una delle conseguenze più evidenti sul settore della Riabilitazione di questa visone “colonnare” dell’assistenza, è la difficoltà a individuare una prospettiva unitaria che vaIorizzi i concetti di percorso di cura, continuità di presa in carico, di integrazione fra le attività svolte nelle diverse fasi del percorso riabilitativo: strutture ospedaliere per acuti, ospedaliere di riabilitazione, ambulatoriali, setting domiciliari e di residenzialità protetta. Altro aspetto che è descritto come settore a sé, ma che ha evidente necessità di integrazione con tutte le altre aree di attività riabilitativa, è quello della protesica.
Il concetto di integrazione di percorso viene in effetti esplicitato in alcune parti del documento, ad esempio nell’ambito dell’assistenza sociosanitaria, ove viene fatto riferimento al “Progetto Assistenziale Individuale” ed al “Progetto Riabilitativo Individuale” come strumenti operativi a supporto della continuità di presa in carico.
Riteniamo che vada compiuto uno sforzo per estendere ulteriormente le logiche e gli strumenti di continuità in ambito riabilitativo, specie nei delicati punti di transizione ospedale-territorio; (meglio forse sarebbe usare la locuzione “ territorio-ospedale”)
Da questo punto di vista, le normative relative allo sviluppo delle reti cliniche, quali quelle previste dal DM 70/2015, e le progettualità normative orientate a valorizzare le logiche di percorso di cura (quali ad esempio le proposte di “accreditamento di percorso” e non più solo di “accreditamento di struttura”, previste dall’Intesa Governo-Regioni e Province Autonome del 19.2.2015) con una verifica della loro applicazione attraverso un opportuno sistema di indicatori e flussi informativi ben strutturati, appaiono importanti quanto quelle sui LEA.
Riteniamo che il settore della Riabilitazione abbia il merito di aver proposto fra i primi questa visione, con lo strumento del Progetto Riabilitativo Individuale, ed il concetto di Percorso Riabilitativo Unico, così come delineati già nelle Linee Guida del 1998 e poi nel Piano di Indirizzo del 2011. Questi riferimenti infatti definiscono una cornice organizzativa ed uno spazio operativo comune, con una opportuna valorizzazione dei diversi apporti professionali che tiene conto delle specificità del settore della riabilitazione, e che nel contempo si integra con le altre aree dell’assistenza.
Come Società Scientifica,ribadiamo la disponibilità a contribuire allo sviluppo di un impianto normativo che favorisca in modo omogeneo nel nostro paese la concreta attuazione del principio di continuità di cura riabilitativa in tutti i suoi aspetti: informativo, organizzativo e, non certo ultimo, relazionale.
La SIMFER ha già proposto l’adozione di strumenti di continuità ed integrazione adatti alle peculiari caratteristiche dell’assistenza riabilitativa (che per certe connotazioni di tipo sistemico ha analogie con il settore della Salute Mentale).
Ad esempio, quelli descritti nel recente Position Paper sulla “persona in condizioni di cronicità/disabilità”, e la proposta di prevedere, per ogni ambito territoriale di competenza dell’Azienda Sanitaria Locale, lo sviluppo di uno specifico “Piano Attuativo dell’Assistenza Riabilitativa” (da integrare nei documenti di programmazione locale) che descriva i nodi della rete di offerta riabilitativa, i collegamenti fra di essi, e fra la rete riabilitativa e le altre reti di servizi (secondo un evoluto modello di “integrazione fra reti” o “metareti”), nonché le modalità operative con cui viene assicurata ai cittadini la continuità di presa in carico all’interno della struttura dell’offerta.
Paolo Boldrini
Presidente SIMFER
05 settembre 2016
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