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La colpa professionale e la responsabilità, anche penale

di Mario Iannucci

08 SET - Gentile direttore,
Ho letto con interesse la lettera dell’amico Antonio Panti, pubblicata su QS, sulla inutilità delle sanzioni penali per le colpe professionali mediche. L’ho letta con interesse, ma non mi ha convinto in alcun modo. Cercherò di spiegare perché, a partire dal settore clinico del quale mi occupo, quello psichiatrico. Un settore particolare visto che tutti i medici, ma gli psichiatri in particolare, sono spesso chiamati dai giudici nella cosiddetta posizione di garanzia.
 
Noi psichiatri rispondiamo cioè, anche penalmente, se per un nostro grave errore professionale un paziente si ammazza o compie gravi reati contro altre persone.
 
Antonio Panti sostiene che “solo il diritto italiano, insieme a quello di pochissimi altri paesi” riconosce “la colpa professionale come fatto penale”. Nonostante lavori da decenni in contiguità col sistema giudiziario, non ho una sufficiente conoscenza di diritto comparato internazionale per smentire questa affermazione. Nel settore psichiatrico, comunque, la responsabilità penale del professionista, per colpe professionali, è riconosciuta in diversi Paesi che abitualmente riteniamo “civili”.
 
Negli USA, ad esempio, anche prima del “caso Tarassoff”, i professionisti della salute mentale venivano condannati quando, per imperizia, imprudenza o negligenza, non proteggevano i loro pazienti o le potenziali vittime dei pazienti. Lo stesso accade in Francia, in Inghilterra e in altri Paesi “occidentali”.
 
Certo, nel Togo i pazienti con gravi disturbi psichici si recano spontaneamente in “luoghi di cura e di preghiera” dove vengono incatenati a dei pali (all’inizio accettano questo “trattamento”) e dove poi rimangono, talora per molti giorni, fiduciosi di essere “risanati” . Nessuno persegue, in Togo, i responsabili di un simile “trattamento”. Non saprei nemmeno dire quanto tale trattamento sia efficace. So per certo che, qui in Italia, questi “responsabili” verrebbero “forse” perseguiti. “Forse” verrebbero perseguiti: posso infatti dire, con certezza dal momento che lavoro in carcere da decenni, che moltissimi gravi pazienti psichiatrici, anche qui nella civile Italia, finiscono “in catene” senza che nessuno si scandalizzi.

Ma torniamo agli argomenti di Antonio Panti. Il quale sostiene che non serve a nulla la sanzione penale per colpa professionale “grave” (perché vi sia colpa professionale, è necessario non solo che essa sia accertata al di là di ogni ragionevole dubbio, ma anche che sia grave). Sarebbe sufficiente, secondo Panti, la resipiscenza del colpevole, il suo disdoro e il risarcimento in sede civile. Proviamo a spostare questo ragionamento su altri settori professionali.
 
Un ingegnere progetta il ponte di una strada. Il ponte crolla e muoiono un paio di persone. Si accerta, tramite perizia, che l’ingegnere ha sbagliato il progetto, non per dolo ma per colpa professionale grave. E’ bene o non è bene che venga condannato per omicidio colposo? Forse basterebbero la resipiscenza, il disdoro e il risarcimento delle famiglie delle vittime. O forse no. Non ho mai visto alcun medico finire in carcere per un’unica condanna penale per colpa professionale grave. Nemmeno ho visto finire in carcere un ladruncolo che abbia rubato un’unica volta oggetti di poco valore. Quest’ultimo, però, l’ho visto sempre condannare, anche per un unico furto, magari di oggetti di pochissimo valore.

Nella Introduzione teorica alle funzioni della psicoanalisi in criminologia, del 1950, Jaques Lacan, psichiatra psicanalista che aveva lavorato a lungo per la Prefettura di Parigi, era giunto semplicemente a dire: “La responsabilità, cioè la punizione”. Il principio di punizione è molto diverso da quello di pena (con il concetto di pena che mi piace molto di più rispetto a quello di punizione). La resipiscenza che può conseguire al disdoro, e al riconoscimento giuridico di una colpa grave in sede civile, è auspicabile. Ma si può anche dover risarcire, in seguito a una sentenza civile, senza provare alcuna vergogna e senza essere resipiscenti.
 
La punizione invece, che vorrei comminata quando necessaria, agevola la sperimentazione di una pena e favorisce assai di più la resipiscenza. Una punizione che dovrebbe ovviamente essere comminata quando, per gravi imprudenze, imperizie o negligenze, si è provocato un danno non lieve.
 
Parlando di responsabilità dei professionisti (anche nei suoi risvolti penali) mi piacerebbe aggiungere qualcosa sulla competenza, concetto a proposito del quale occorre semplicemente constatare come si assista ormai diffusamente in questo Paese, specie a livello istituzionale, a una vera e propria mortificazione della competenze. Io preferisco coltivare qualche competenza, sapendo che mi preserverà anche sul fronte della responsabilità penale.
 
Sono assolutamente sicuro che errare umanum est. Sono altresì lontanissimo dall’essere un giustizialista. Ma in ogni caso vorrei qualche garanzia di avere attorno a me dei professionisti competenti e responsabili.
 
Mario Iannucci
Psichiatra psicoanalista
Resp. della Residenza 'Le Querce', USL Centro Toscana
Psichiatra della Casa Circondariale di Firenze


08 settembre 2016
© Riproduzione riservata

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