Hanno ancora senso le visite a casa del paziente?
di Ornella Mancin
25 OTT -
Gentile Direttore,
in questi giorni girava sui social una vignetta in cui il presidente degli Stati Uniti Obama rivolto al nostro premier in maniera assai divertita (diciamo pure ridendo a crepapelle) diceva: “Mi stai dicendo che in Italia un venticinquenne può chiamare un medico a casa per 38,2C di febbre???”.
La cosa può anche far ridere Obama ma di certo succede in Italia e seppure la Convenzione che regola l’attività della medicina generale reciti che: “L'attività medica viene prestata nello studio del medico o a domicilio, avuto riguardo alla non trasferibilità dell'ammalato” , spesso capita di ricevere richieste improprie di visite domiciliari(“Dottore non ho nessuno che mi accompagni in studio”, “Ma il ragazzo ha la febbre non posso farlo uscire” ecc..) che dobbiamo cercare di stoppare se non vogliamo girovagare tutto il giorno e arrivare talvolta a casa del malato trovandolo comodamente seduto sul divano a guardare la TV o a giocare con la play station o magari in giardino a farsi una passeggiata.
Stupisce quindi la presa di posizione di Mario Falconi , Presidente del Tribunale dei diritti e dei doveri del medico, in precedenza segretario FIMMG (e per tale ruolo si presume forte conoscitore di queste problematiche).
Falconi in una intervista riportata da Doctor 33 commentando dei dati del rapporto Pit-TdM di 11 mesi fa segnala un aumento da parte dei medici di famiglia del rifiuto alle richieste di visite domiciliari: “.. purtroppo in certe grandi città le domiciliari non tutti i Mmg le fanno più. E mi dico, se abbandoniamo un caposaldo come la visita domiciliare, che insegna a vedere il paziente nel suo contesto e distinguere i suoi bisogni sociali da quelli sanitari, rischiamo di perdere i fondamenti che ci danno centralità e forza contrattuale”, questo è quanto commenta Mario Falconi.
Fermo restando che le visite agli anziani “non trasportabili” fanno parte di un progetto che impegna il medico di famiglia a far visita con regolarità all’assistito ( Assistenza Domiciliare Programmata) secondo un calendario concordato con il responsabile del distretto, quali altri accessi a domicilio sono così essenziali?
Dobbiamo assecondare madri ansiose che vogliono il medico a casa per il figliolo ventenne con il mal di gola? Non è forse arrivato il momento, visto l’esiguità delle risorse anche umane (ricordo che i dati ci dicono che fra 7 anni venti milioni di italiani resteranno senza medico di famiglia) di rivedere l’intero impianto del sistema e pensare a una medicina del territorio più a passo con i tempi?
L’immagine del vecchio medico che gira con il calesse e fa visita ai suoi pazienti è tramontata da tempo ed esaudire pedissequamente i desideri degli assistiti non conferisce certo autorevolezza al medico che deve educare alla salute, promuovere stili di vita sana, aiutare a capire il valore degli screening e della vaccinazione. Su questi campi oggi stiamo perdendo terreno a favore di teorie senza fondamento scientifico che stanno creando molti più danni di qualche visita domiciliare in meno.
Che poi il dr. Falconi lamenti addirittura il fatto che il paziente oggi “ sempre meno di fronte al diniego del suo medico reagisca con la revoca” francamente fa un po’ male a chi nel territorio ogni giorno cerca di costruire con gli assistiti dei rapporti di fiducia che sappiano anche incassare qualche no motivato.
Il medico di famiglia non può essere completamente a disposizione dell’assistito, dei suoi desiderata e dei suoi capricci…. Altrimenti veramente Obama ha ragione di sganasciarsi dalle risate.
Ornella Mancin
Medico di famiglia
Cavarzere (VE)
25 ottobre 2016
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