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Questa la situazione al Dea e PS dell'Asl TO5

di Emanuele Stramignoni e Chiara Rivetti

27 FEB - Gentile direttore,
quel che c‘è di realmente positivo in un turno di Ps come quello di oggi, è che ad un certo punto finisce. Arriva il cambio. Cui puoi raccontare quanti. Quanti ne hai dimessi, a volte in modo anche un po’ acrobatico, a quanti hai trovato un letto, sempre troppo pochi. Quanti rimangono su una barella in attesa di essere ricoverati in reparto.
 
Oggi 17. Di cui un paziente in attesa da 9 giorni, uno da 6 giorni, un altro da 5. In tutto 50 pazienti in carico a due medici di mattino ed uno di pomeriggio . E’ così da Natale. L’ emergenza è diventata paradossalmente ordinaria. Ogni giorno affollamento, sovraffollamento. Soprattutto la sera, la scena è surreale: vai in giro per Chieri e le strade sono deserte, entri in PS e sembra che tutti si siano dati appuntamento lì.

Oggi è stato un turno massacrante. E’ arrivato un paziente con un infarto esteso e subito dopo un altro con un grave ictus. Nella foga di fare presto e fare bene e fare tutto e stare dietro a tutti mi stavo dimenticando di comunicare con i parenti. Non so se l’ ho fatto come andrebbe fatto: informandoli, tranquillizzandoli e facendoli sentire protetti. Ti puoi sentire protetto al fronte?

Ben due pazienti mi han chiesto di avere un letto a pagamento. No, siamo nel pubblico, non ci si può comprare i privilegi. O i diritti.

Perché forse, per la signora di 90 anni con decubiti sacrali e calcaneari su una barella da 24 ore, si trattata di diritti, minimi.

Anche oggi ho avuto la sala emergenze piena di malati, ben oltre i posti previsti. E dove li metto, se devo monitorizzarli? Si stringono un po’, sacrifico la loro privacy ( ed il loro pudore) ma almeno hanno i trattamenti adeguati.

Anche oggi ho dovuto faticare ma alla fine ho trovato un posto appartato dove sistemare l’ultimo dei ben cinque pazienti terminali. Non pare dignitoso morire davanti al lavapadelle.

Mi stupisco sempre di quanto i pazienti siano comprensivi. Aspettano il loro turno. Due, tre, quattro ore. E quanto li visito mi sento sempre un po’ in colpa per l’attesa, cerco di giustificarmi, ma loro: ho visto c’è tanta gente, c’è chi sta peggio, poveri voi. Ci sono molto più vicini i malati di tutti quelli che governano questo bistrattato sistema sanitario.

Ieri una paziente ha ceduto la sua barella ad un uomo affetto da polmonite e con necessità di ossigeno. Io sto meglio, mi ha detto, mi metto su una sedia.
Quando è arrivato il cambio, mi sono accorto di avere fame. E’ comprensibile, alle 14.30. Ho mangiato un panino e sono tornato a lavorare ancora due ore. Si, con il cambio tocca ad un altro. Ma volevo ancora dimettere due pazienti, controllarne altri due, insomma dare una mano. Ho lasciato comunque dei malati in attesa della rivalutazione medica dal giorno precedente. In attesa delle nostre parole, spesso troppo rapide, cui i pazienti però continueranno a ripensare fino alla prossima visita, nelle ore interminabili, sulle barelle del PS.
 
Dott. Emanuele Stramignoni
Segretario Aziendale ANAAO dell'ASL TO5 
 
Dott.ssa Chiara Rivetti
Componente della Segreteria Regionale Anaao Assomed Piemonte

27 febbraio 2017
© Riproduzione riservata

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