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Vaccini e malattie cronico degenerative. Il ruolo dei Dipartimenti di prevenzione

di Maria Triassi

08 GIU - Gentile Direttore,
alla Sanità pubblica Italiana viene riconosciuto, anche a livello internazionale, un grande pregio: aver incardinato e strutturato la prevenzione territoriale con la istituzione, con il decreto legislativo 502 del 1992, e successive modifiche, i Dipartimenti di Prevenzione. Pur con molte traversie negli anni, tra declassamenti di strutture, accorpamenti e blocco del turnover con conseguente sottodimensionamento del personale (soprattutto nelle Regioni in Piano di rientro tra cui la Campania) essi hanno consentito la creazione di una cultura della prevenzione diffusa sul territorio.
 
I valori aggiunti che i Dipartimenti di prevenzione hanno apportato variano sicuramente da Regione a Regione, dipendendo - la loro incisività e la loro forza - da una serie di variabili non secondarie tra cui annovero:

1. La motivazione e la grinta dei Direttori di dipartimento e dei responsabili di struttura;

2. La capacità di mantenere una connotazione tecnica e di avere una riconosciuta autorevolezza nel risolvere i problemi, dialogando con la politica ma non soggiacendo ad essa;
3. La capacità di fare rete con gli stakeholders e con le istituzioni regionali ed in particolare Comuni, Arpa e Università;

4. La costruzione, infine, di un rapporto organico con le Università che possa consentire quella necessaria osmosi tra formazione e momento operativo che è poi la variabile che crea nel tempo la vera cultura della Sanità pubblica.

In ogni caso, tuttavia, anche nelle Regioni in cui i dipartimenti di Prevenzione hanno avuto meno fortuna, non si può non constatare che essi siano stati l’avamposto di Sanità pubblica che ha permesso di contenere emergenze che, in altri Paesi, soprattutto quelli che non hanno un sistema della prevenzione così ben strutturato, sono drammaticamente esplosi: basta guardare alle emergenze Escherichia Coli in Germania, o della Bse in Inghilterra.

Anche in occasione della circolare applicativa del Ministero della Salute avente per oggetto: “Aspetti operativi per la piena e uniforme implementazione del calendario vaccinale” si ribadisce che la governance della prevenzione è attribuita ai Dipartimenti di prevenzione con “il ruolo di regia, sia delle funzioni di erogazione diretta delle prestazioni sia di Governance degli interventi non erogati direttamente, costruendo e sviluppando una rete di collegamenti fra stakeholders”. È fin troppo chiaro, infatti, che qualunque intervento di prevenzione, sui soggetti sani, non può prescindere dalla presenza di una prevenzione strutturata territorialmente con un’esperienza maturata negli anni sulle strategie vaccinali e su tutti i momenti di prevenzione dei problemi acuti ma anche ultimamente sul ben più complesso e numericamente rilevante problema delle patologie cronico-degenerative.

Con una patologia infettiva in continuo e rapido mutamento (vedi il problema delle antibiotico-resistenze), con il problema della sicurezza alimentare e nutrizionale, con l’ingravescente epidemia delle malattie cronico-degenerative e degli errati stili di vita, un indebolimento del ruolo dei dipartimenti di Prevenzione e della rete della prevenzione territoriale sarebbe esiziale sia dal punto di vista culturale che dal punto di vista economico.

Sono sotto gli occhi di tutti i grandi cambiamenti paradigmatici della nuova medicina: è stato necessario passare dalla cultura della malattia definita a quella del disagio complesso, con una forte riconversione anche delle strategie di prevenzione, più che mai necessarie per arginare il crollo economico del sistema di fronte al lievitare delle domande di cura. Il forte rischio è la massificazione della risposta in cui i confini delle discipline e delle professionalità diventano rarefatti: tutti possono fare tutto, soprattutto in tema di prevenzione e di assistenza territoriale, senza una governance intelligente che garantisca la valutazione degli interventi con conseguente riprogrammazione degli stessi. Tutto questo ovviamente con una rarefazione progressiva della cultura e della operatività della prevenzione. Non è escluso che in sostituzione di questo vuoto così creato possa lievitare il futuro un grande business che rischia di perdere gradualmente, ma inevitabilmente, il connotato di cardine della Sanità Pubblica.

Maria Triassi
Ordinario di Igiene direttore del dipartimento Sanità pubblica Università Federico II di Napoli


08 giugno 2017
© Riproduzione riservata

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