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Ortottisti. Serve rispetto per tutta la filiera della salute visiva

di Dilva Drago

10 SET - Gentile Direttore,
a seguito dell’articolo apparso su QS del 7 settembre scorso, vorrei in qualità di presidente  AIOrAO (Associazione Italiana Ortottisti Assistenti in Oftalmologia) condividere il pensiero espresso dal presidente  della SOI sulla necessità di una campagna di informazione capace di responsabilizzare i cittadini fornendo le corrette indicazioni su chi siano i referenti  deputati per legge a fare prevenzione, diagnosi e cura in campo oftalmologico, distinguendoli da altre figure che non hanno la titolarità per farlo.
 
Il fenomeno di marketing che vuole promuovere i negozi di ottica quasi a presidi sanitari di primo livello, esploso negli ultimi tempi, richiede: una chiara comunicazione con la popolazione; un empowerment del cittadino sulla salute visiva in modo che sappia tra le figure in ambito oftalmologico “a chi rivolgersi” e “per cosa” ; una rinnovata attenzione da parte dei ministeri preposti alla sorveglianza della salute e alla formazione delle professioni sanitarie ma anche e soprattutto alla formazione di professioni non sanitarie. L’ambiguità infatti di alcuni percorsi di studio alimenta errate percezioni rispetto alle competenze che possono essere agite nelle attività lavorative al termine del percorso formativo intrapreso.
 
In questo contesto corsi e master in optometria geriatrica e ipovisione, oppure in optometria pediatrica  ancorché in optometria clinica alimentano la confusione.
 
Voglio ricordare, perché estremamente chiara nei contenuti,  la decisione del 17 maggio 2017 con cui la sanità belga ha dato parere negativo al riconoscimento dell’ottico come professione sanitaria, parere negativo espresso anche sulla istituzione della professione sanitaria di optometrista. I quesiti su cui il Ministero degli affari sociali e della sanità pubblica era chiamato a dare un parere riguardavano l’opportunità di fare diventare l’ottico professione sanitaria e quella di istitutire ex-novo la professione sanitaria dell’optometrista.
 
Le conclusioni sono state che non è possibile riconoscere l’ottico come professione sanitaria dato che l'ottico esercita principalmente una funzione tecnico-commerciale ed è necessaria una stretta separazione tra cure sanitarie e interessi commerciali per la protezione del paziente; per quanto riguarda la professione di optometrista il riconoscimento è stato negato poiché le competenze dell'optometrista sono assunte già dall'ortottista. Le motivazioni della Sanità Belga sono in linea con quanto sostenuto da AIOrAO durante l’audizione alla Camera per il disegno di legge C.3868.
 
Vorrei fare un’ultima precisazione. Pur riconoscendo al medico oculista un ruolo centrale nella prevenzione e cura della salute  oculare e visiva, e ad esso doverosamente riconducibile la diagnosi (che tiene conto della patologia globale medica del paziente e dell'intero spettro delle possibili patologie) e il ruolo di coordinamento della cura dei problemi della vista, tuttavia  l’affermazione che il Medico Oculista, è “l’unico soggetto abilitato alla prevenzione, diagnosi e cura delle malattie oculari” nonché  “all’uso degli strumenti ad alta tecnologia in oftalmologia” così come è stata, spero inavvertitamente, espressa nell’articolo pubblicato su Q.S., rischia di diventare irrispettosa della storia, dell’evoluzione e della normativa delle professioni sanitarie nel nostro paese. 
 
La legge del 10 agosto 2000, n. 251 che recita che gli operatori sanitari svolgono la loro attività con autonomia professionale e titolarità,  menziona ,in tre classi delle professioni sanitarie  su quattro, attività diretta alla prevenzione; in due su quattro attività dirette alla cura; l’accesso alle tecnologie diagnostiche e assistenziali per le professioni a cui compete non è limitato ai soli strumenti a bassa tecnologia, e in tutte le professioni sono menzionate attività dirette a valutazioni (pur espresse da termini diversi fra loro). In particolare per i professionisti dell’area della riabilitazione a cui l’ortottista appartiene :…attività dirette alla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione e a procedure di valutazione funzionale, al fine di espletare le competenze proprie previste dai relativi profili professionali”.
 
Nella battaglia che ci aspetta contro i problemi della vista in aumento nel prossimo futuro tutta la filiera dedita alla cura della salute visiva deve lavorare per il paziente  rispettosa della dignità di ogni professione coinvolta e delle competenze attribuite dalla legge italiana ad ognuna di esse. 
 
Dilva Drago
Presidente Nazionale AIOrAO

10 settembre 2017
© Riproduzione riservata

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