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Come demolire la riforma della sanità sarda

di Andrea Tirotto (Nursind-Sassari)

21 DIC - Gentile Direttore,
la notizia è già vecchia ma non ha scatenato le polemiche che ci si aspetterebbe in un caso del genere. Il bacio nell'armadio al Grande Fratello, ha certamente smosso più animi e non abbiamo la pretesa che la vicenda dei due anziani protagonisti di questa storia susciti tanto clamore, sia mai.

Un episodio avvenuto, in un contesto, appena riformato, in cui polemiche, critiche, clamore e indignazione di cui solo la politica a volte sa essere protagonista, sono mancati come la pioggia nell'anno più secco che si ricordi.

La nomina del direttore generale dell'Agenzia per le Emergenze e Urgenze Areus, atto conclusivo della riforma, ha smosso le coscienze critiche di tutti gli schieramenti, in una finta e ridicola guerra a chi fosse più indignato e a chi urlasse più forte il nome di questo o quel candidato. Ciò che mancava perché i cittadini sardi avessero cure di qualità.

Asl Unica, rete ospedaliera, Areus, ora tutto può essere risolto. C'è da chiedersi in che modo questa rivoluzione inciderà sulla vicenda che stiamo per raccontarvi e come sia possibile che il livore che ne ha caratterizzato i passaggi, non sia esploso vigoroso per questa storia. Tutti zitti difronte a un titolo di giornale che denuncia un "sequestro" di due anziani che non possono essere dimessi.

Ricoverati in lungodegenza da maggio l'uno e da agosto l'altro, clinicamente ristabiliti, allettati, non possono tornare a casa perché uno non ha familiari, mentre quelli dell'altro non sarebbero in grado di gestire l'assistenza, "complicata" da una colonizzazione da Klebsiella che impone alcune semplici e banali norme igienico comportamentali. Attenzioni che sembrano mettere in crisi i bilanci personali e le Rsa che dovrebbero prenderli in carico, posto che la media complessità assistenziale determina una compartecipazione alle spese che l'uno non si può permettere mentre potrebbe mandare a rotoli i conti dei familiari dell'altro.

Così rimangono ricoverati nel reparto di lungodegenza, coccolati, ben voluti, assistiti impeccabilmente dal personale, determinati a festeggiare il Natale insieme a chi in questi mesi si è occupato di loro, in attesa che la burocrazia trovi una soluzione. Una soluzione al loro caso come a quello di tanti altri che passato il periodo di acuzie, hanno difficoltà a trovare la risposta a una esigenza assistenziale che non ha bisogno di svolgersi all'interno di un ospedale ma non trova risposte sul territorio.

Non può sorprendere allora il totale silenzio di tutte le istituzioni. Assordante quelli dell'Azienda Ospedaliero Universitaria e dell'Azienda Tutela Salute che non hanno smentito quanto riferito sul giornale. Non un cenno da parte di un solo politico, dell'assessore o chiunque altro abbia in mano le leve della soluzione.
E' proprio su questo silenzio che va a schiantarsi e a disintegrarsi tutta la riforma del Ssr. Si polverizza tutto l'impianto di fronte a un caso che dimostra quanto il NurSind ed io personalmente sostengo da sempre e cioè che la ristrutturazione partiva dal tetto. Oggi il bel tetto fatto di manager plenipotenziari, super pagati, di riorganizzazione della rete ospedaliera e di Areus, crolla al suolo come tutti i tetti costruiti senza perizia, poggiati su muri di cartongesso affondati nel fango.

Le fondamenta, quelle che non si sono volute costruire, rifondare o consolidare se si preferisce, come primo passo. Necessario, perché è nel terreno su cui poggia la riforma che si doveva intervenire prioritariamente. Siamo stufi di dire che è il territorio la parte carente del sistema e il caso dei nostri anziani lo dimostra.

L'ospedale è costoso e funziona e ci mancherebbe ma terminato il suo compito, sul terreno non c'è nulla e nessuno che si prenda cura dei pazienti, un luogo dove terminare la degenza, un luogo dove essere assistiti con una presa in carico olistica, un luogo dove un infermiere di famiglia case manager prenda in carico l'individuo e si occupi del suo percorso, ricorrendo a tutte le risorse che sul territorio si dovrebbero trovare agevolmente: assistenza domiciliare, prestazioni ambulatoriali, residenze sanitarie e reparti a bassa intensità di cure a conduzione infermieristica.

Queste sono le fondamenta su cui si sarebbe dovuto costruire il resto dell'impianto. Se la copertura assistenziale del territorio avesse avuto priorità, ci saremmo risparmiati tanti mal di pancia sulla necessità di riorganizzare davvero la rete ospedaliera e soprattutto, i nostri due vecchietti non sarebbero ancora in ospedale loro malgrado, ad occupare posti letto preziosi per qualche altro caso costretto invece a stazionare in un corridoio, sopra una barella come tante volte accade.

Questa vicenda è il suggello di un fallimento annunciato, un fallimento che ha nelle scelte politiche la sua causa e nei politici, autori di quelle scelte, i responsabili più noti.

Andrea Tirotto
Nursind Sassari

21 dicembre 2017
© Riproduzione riservata

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