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Ma a cosa serve oggi il Direttore Generale nelle Aziende del Ssn?

di Elisa Petrone e Samuel Dal Gesso

26 GEN - Gentile direttore,
ci inseriamo sul tema della riorganizzazione del SSN e sulla figura del DG nelle Aziende sanitarie, a partire dagli interessanti spunti offerti dallo studio condotto da Fiaso su “Aziende e management per il futuro del SSN”, una sintesi del quale è apparsa il 23 gennaio sulle vostre pagine.

Leggendo gli atti, frequentando corsi e seminari e girando nei corridoi delle Aziende sanitarie non si parla altro che di ristrutturazioni, riorganizzazioni, accorpamenti, fusioni, incorporazioni, soppressioni, rotazioni, contenimento dei costi e cose simili.

Sono spuntati in questi anni “giganti” organizzativi, intere Città (leggi Città della Salute di Torino), o mega Aziende uniche regionali (ZERO, ESTAR, ALISA o ARESA e - ultima in fase di concepimento - la piemontese AS@P) piuttosto che mega ASL (vedi le tre ASLONE Toscane, l’unica ASL Sarda piuttosto che le ASL Roma 1 e 2 grandi quanto intere regioni) con decine di migliaia di dipendenti ed i cui benefici in termini di qualità dei servizi offerti ed anche economici sono tutti da dimostrare, anzi...!

A seguito di questi processi riorganizzativi soprattutto dirigenti amministrativi e tecnici (la gran parte del tutto!) che hanno dedicato una vita, credendoci, alla carriera pubblica, si sono trovati dall’oggi al domani senza incarico o retrocessi (ma paradossalmente con aggravio del carico di lavoro) in nome dell’efficienza, della rotazione, della razionalizzazione, della semplificazione, e di altre astrazioni che nulla hanno a che fare con la valorizzazione delle competenze e dei talenti, di cui si fa invece un gran parlare, ma soprattutto con la vera efficienza organizzativa!

Tutto ciò ovviamente con l’obiettivo dichiarato (ma smentito finora dai fatti) di semplificare le Organizzazioni per dare risposte più efficaci ai cittadini ma con il reale effetto (mai affermato, ma facilmente riscontrabile) del solo taglio del personale, delle posizioni e degli incarichi dirigenziali, dei servizi gestiti dal pubblico, l’emarginazione delle persone scomode ma soprattutto con la reale concentrazione delle più importanti funzioni di spesa nelle mani di pochissimi “fiduciari”, con i rischi facilmente intuibili derivanti da tanta polarizzazione, e con pesanti coinvolgimenti in tali funzioni di società esterne.
 
Allora quanto è fondato il sospetto che dietro la necessità di destrutturare continuamente l’organizzazione amministrativa (perché è su questa che principalmente impattano i gigantismi istituzionali) ci sia in realtà l’interesse a gestire sempre più in via diretta i rilevanti interessi (appalti, informatica, concorsi) che girano dentro una ASL? Chi finora con dati inoppugnabili ha dimostrato che la centralizzazione di queste funzioni ha prodotto risparmi effettivi e duraturi e qualità inalterata?

Ed arriviamo al punto. Chi governa questi processi sempre più complessi? Che fine ha fatto l’autonomia organizzativa delle Aziende ex d. lgs. 502/92? Il DG, l’“uomo solo al comando” (per riprendere la definizione di Fiaso che giustamente ne chiede il superamento) che ruolo ha veramente in tutte queste vicende?

A cosa serve un DG “imposto” dalla politica, in molti casi (soprattutto recenti) “prestato” alla Sanità (sempre più spesso proveniente dal privato e con target preferibilmente bocconiano) che troppo spesso non ha una conoscenza approfondita dei contesti in cui opera e quasi mai ha lo spazio per prendere decisioni in autonomia e responsabilità?

Quale organizzazione gestisce un DG che riceve dal Governo regionale (vedi quanto sta succedendo in questi giorni nel Veneto, con atti aziendali scritti dai DG sotto “dettatura puntuale” della regione) istruzioni dettagliate su come deve costruire il Piano di Organizzazione Aziendale, quante e quali strutture complesse deve attivare, quali deve sopprimere, come le deve chiamare…e poi anche magari a chi le deve affidare!?

A cosa serve fare un albo nazionale dei DG, peraltro con requisiti prevalentemente ritagliati sui titoli accademici e sulle specializzazioni cliniche, per selezionare una classe dirigente di qualità che poi andrà a fare il terminale “obbediente” di una classe politica sempre più autoreferenziale e invasiva?

In questo momento delicato della vita del Paese, chiediamo alla buona politica (e non alle sirene di turno) di fare dei passi avanti a favore del SSN scegliendo DG di vera esperienza e di tanto buon senso e parecchi passi indietro dalla gestione restituendola a chi di competenza, e cioè al management delle Aziende.
 
Elisa Petrone e Samuel Dal Gesso
Segretari nazionali Fedirets (Sezione Fedir)

26 gennaio 2018
© Riproduzione riservata

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