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Ancora troppa confusione fra i concetti di “equivalenza” e di “bioequivalenza”

di Andrea Gazzaniga

30 MAG - Gentile Direttore,
ho seguito con interesse la discussione relativa ai rischi legati all'utilizzo di medicinali scaduti con commento al comunicato ufficiale di AIFA e replica di quest'ultima.
 
Penso che la polemica in termini generali manchi di reale consistenza: esiste una normativa espressa e accettata a livello internazionale, che come tale va rispettata.
 
Diverse conclusioni potrebbero essere raggiunte, caso per caso, se su singoli lotti, che hanno superato il limite di scadenza, fosse effettuata una nuova valutazione della "qualità" del prodotto. Argomento che di tanto in tanto mi sembra venga riproposto allo scopo di poter disporre di medicinali da destinare a Paesi che, per ragioni varie ma principalmente economiche, ne sono sprovvisti.
 
Dal punto di vista tecnico-scientifico mi ha molto colpito l'approccio sempre ed esclusivamente orientato ad una ipotetica "degradazione chimica" di principio attivo o eccipienti, come se virtù e pecche dovessero necessariamente essere incentrate solo sugli aspetti chimici del preparato e non sulla riproducibilità della sua prestazione biofarmaceutica, la quale si riflette direttamente sulla risposta terapeutica.
 
Presenterà maggiori rischi assumere una compressa di un medicinale scaduto a causa di degradazione chimica del principio attivo o, per esempio, a causa di alterazione fisica che ne aumenterà il tempo di disgregazione, riducendone quindi l'efficacia terapeutica?

A questa domanda chiaramente non c'è risposta. Va tuttavia sottolineato che lo scopo primario del lavoro di "assicurazione di qualità" è fare sì che i lotti del medicinale che vengono via via fabbricati mantengano un rapporto di bioequivalenza con il lotto a suo tempo impiegato per dimostrare l'efficacia terapeutica del medicinale stesso.
 
La mancanza di una nostra solida cultura farmaceutica è un problema che si trascina da sempre: si è a un passo dall'essere i primi produttori di medicinali in Europa e, per quanto riguarda questo specifico aspetto, si continua tuttavia a latitare.
 
Questa visione parziale nell'affrontare la discussione sulla scadenza dei medicinali, insieme al “botta e risposta” riguardante intercambiabilità/sostituibilità dei biosimilari, recentemente apparso sul Suo giornale, mi hanno fatto pensare a una questione di più vasto impatto relativa appunto a un esempio clamoroso di "inadeguatezza culturale", che si trascina da più 15 anni e che riguarda le Liste di trasparenza. Questione mai risolta da chi avrebbe la responsabilità di compilare le liste stesse che, come si sa, dovrebbero guidare la sostituibilità in farmacia esclusivamente fra medicinali bioequivalenti.
 
C'è la sensazione che, a certi livelli, permanga, o ristagni, un po' di confusione fra i concetti di "equivalenza" e di "bioequivalenza".
 
Questo, a mio avviso, dovrebbe essere un argomento tale da suscitare un forte interesse da parte di tutti, addetti ai lavori e non. Fra i non addetti ai lavori ci sono anche i pazienti che non sempre, a fronte della stessa prescrizione in ricetta, si portano a casa medicinali bioequivalenti.

Prof. Andrea Gazzaniga
Presidente del Comitato di Direzione della Facolta Di Scienze del Farmaco
Università degli Studi di Milano 


30 maggio 2018
© Riproduzione riservata

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