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Il Distretto. Quale bilancio a (quasi) vent’anni dalla Riforma Sanitaria Ter?

di Alberto Minardi

22 OTT - Gentile Direttore,
se il 2018 celebra i quarant’anni della nascita del Sistema Sanitario Nazionale (Legge 833 1978), un’altra ricorrenza (benché irrituale, in quanto non ancora giunta al traguardo dei vent’anni esatti) è altrettanto significativa e degna di riflessione.
 
Diciannove anni ci separano, infatti, dall’entrata in vigore del Decreto Legislativo n. 229 del 19 Giugno 1999 (cd Riforma Ter) dal titolo “Norme per la Razionalizzazione del Sistema Sanitario Nazionale”, che avrebbe voluto e dovuto intervenire in modo decisivo nella riforma della governance della sanità in Italia.
 
Decreto che molte speranze di cambiamento innescò, in chi pensava ad un rilancio dei principi della 833 (dopo il processo di Aziendalizzazione “hard” del 1992-93) e in particolare del welfare territoriale, attraverso il potenziamento del ruolo del Distretto.
 
Infatti, dopo il Decreto Legislativo n. 502 (successivamente modificato dal D.Lgs 517), il quale conteneva sul tema un solo riferimento ed anche piuttosto generico (Art. 3 comma 5), laddove si limitava a stabilire che “spetta alla regione disciplinare le modalità organizzative e di funzionamento dell’ aziende Usl, definendo, tra l’altro l’articolazione delle Usl in distretti”, il D.Lgs 229 sembrò intervenire a completamento, sulla configurazione concettuale, di mandato e organizzativa del Distretto stesso.
 
Ma questa normativa gettava davvero nuove fondamenta affinché il Distretto divenisse l’artefice del cambiamento tanto atteso all’interno delle USL, riconoscendogli definitivamente un ruolo (il ruolo?) nel trasformare la Sanità italiana, baricentrandola, istituzionalmente e organizzativamente, sulla lettura del bisogno di salute rispetto alla gestione della domanda di servizi e, di conseguenza, sul territorio anziché sull’ospedale, in modo radicalmente nuovo? Riconosceva altrettanta dignità al Distretto di quanta ne riconoscesse ai Presidi Ospedalieri o anche ai Dipartimenti di Prevenzione e di Salute Mentale del territorio, in cui si era già articolata prima la USL e poi l’Azienda USL?  
O lasciava invece irrisolti i nodi chiave?        
 
Rispondere a queste domande può rivelarsi un approccio fecondo per stilare un bilancio di cosa è riuscita “a portare a casa”, concretamente, quella norma, tutt’ora vigente.          
 
Provo a farlo con cinque premesse analitiche e cinque proposte di attacco sui nodi critici irrisolti, per un indispensabile rilancio del suo ruolo che ho riassunto in un documento che allego alla presente.
 
Alberto Minardi
Direttore del Distretto di Imola

22 ottobre 2018
© Riproduzione riservata

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