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Corsi di autodifesa per i medici. Forse è l’unica strada

di Lorenzo Lopedote

12 DIC - Gentile Direttore,
sulla violenza ai medici finora si è parlato e si è scritto tanto ma ancora siamo in attesa, come sempre in Italia, che altri cioè il ministero (Ddl antiviolenza) o la politica o le regioni intervengano per bloccare l’escalation di violenza. In questa sede voglio parlare soprattutto delle aggressioni ormai quotidiane nei luoghi di lavoro: quasi sempre esse sono determinate da lunghe attese in Pronto Soccorso spesso per ridotto personale medico, da lunghe attese (mesi) per ottenere un esame diagnostico che magari per assenza del medico o rottura del macchinario non potrà essere eseguito, da attese soggettivamente ritenute lunghe quando si ricorre alle cure del 118 o solo per sfogare sul medico la frustrazione di essere maltrattati da una sanità burocratizzata e lontana dalle esigenze del cittadino.
 
Se a questo si aggiunge la scarsa o assente “educazione sanitaria” del cittadino (ma mi chiedo a chi spetta educare il cittadino?), la quasi certezza come accade in molte città del sud Italia che le maniere forti e la voce alta possono risolvere qualsiasi problema, la mancata attivazione a livello regionale di un filtro funzionante (AFT) che garantisca assistenza sanitaria serale e festiva per evitare l’intasamento di codici bianchi e verdi nei Pronto Soccorso (nel 70% questi accessi sono finalizzati a saltare le liste di attesa), l'assenza nei distretti e negli ospedali di sistemi di dissuasione attivi  e passivi, oltre alle citate lunghe attese per ottenere prestazioni sanitarie ambulatoriali e di pronto soccorso, forse possiamo iniziare a comprendere i motivi delle aggressioni.
 
In occasione di un congresso medico a Trento  si è parlato di “deontologia sociale” e di un “patto sociale” tra medico e cittadino: a parte il fatto che non leggo in cosa consisterebbe questo patto sociale e che benefici apporterebbe alla problematica, ma tra termini dell'antica Grecia (episteme-archè-doxa), proposte filosofiche e termini innovativi come MALATISMO (quando leggo questi termini non posso non pensare a Checco Zalone ed al suo INVALIDISMO) che ho provato ad applicare al fenomeno senza però avere alcun riscontro o soluzione, vi immaginate i risultati di un patto sociale tra medico e cittadino non attuato in Trentino, non in Alto Adige e nemmeno in Val D'Aosta ma in regioni in cui la sanità non se la passa bene come Campania...Calabria....Puglia......Sicilia?
 
C'è persino chi tira in ballo Shakespare (Amleto) con la frase "l'insoleance of office" cioè l'insolenza dei superiori e chiede di creare quello che in contrapposizione si potrebbe definire "amiability of office": in cosa consisterebbe questa “amiability” come ed a cosa si applicherebbe riferito al fenomeno aggressioni e violenze sui medici però non è dato di sapere……
 
E visto che per combattere la violenza contro i medici la via giusta non è la militarizzazione degli ospedali cosa siamo in grado di chiedere in alternativa?
Recitiamo Shakespare ai violenti? Utilizziamo per difenderci termini dell’antica Grecia? O ancora peggio diciamo ai colleghi che hanno subito atti violenti o che lavorano in sedi esposte a tali pericoli che ci stiamo lavorando proponendo non meglio specificati patti sociali tra medico e cittadino?
 
Proviamo adesso ad esaminare quali possono essere le soluzioni per risolvere il problema e quali difficoltà rinvengono da tali proposte che coinvolgono le direzioni generali delle asl ed assessorati regionali.
 
E' fattibile, ed in quanto tempo, installare in ogni pronto soccorso, nelle sedi di guardia medica-centri di salute mentale-punti di primo intervento ed in altri luoghi riconosciuti sensibili sistemi di dissuasione passivi?....dovrebbe essere un obbligo di legge (dopo gli omicidi a medici in servizio in guardia medica e nei centri di salute mentale) ma con i tempi lunghi delle amministrazioni e con costi elevati (gare....commissioni di valutazione....ecc).
 
Maggiore sorveglianza nei Pronto Soccorsi-PPI-CSM-Distretti?.....è già attuata ma a macchia di leopardo e con personale insufficiente (in alcuni PS l'agente di polizia alle h.20 è smontante).
 
Applicare i protocolli aziendali (vademecum) previsti per prevenire le aggressioni?....a mio parere è semplicemente ridicolo ipotizzare che una persona che ha poco da perdere (pregiudicato-violento abituale-persona agitata con o senza precedenti per aggressioni e/o violenze generiche) si possa tenere sotto controllo parlando con voce e maniere pacate.
 
Per essere vicino al problema la FNOMCEO si è fatta carico di mettere a disposizione degli ordini alcuni milioni di euro per supportare valide iniziative a tema.
 
Perché non utilizzare questi fondi, in attesa che le Asl attuino i protocolli per la prevenzione del rischio sui luoghi di lavoro, per sponsorizzare gratuitamente iniziative in cui con un team di psicologi-magistrati-istruttori di difesa personale viene affrontato a 360° il problema delle aggressioni?
 
Mi rendo conto di proporre qualcosa - la difesa personale - che è identificato e percepito “erroneamente” come sport violento, aborrito da chi rifugge la violenza e forte della conoscenza  del fenomeno sociale propone modelli  di altro genere, ma in attesa che Ministero-Regioni-Asl diano il loro contributo noi medici cosa facciamo per noi?
 
Siamo sicuri che il Ddl anti-violenza ci metterà al sicuro da future aggressioni? Veramente pensiamo che ogni guardia medica possa essere pattugliata di notte e che ogni collega di guardia medica possa essere scortata nelle visite domiciliari notturne?
 
Senza averci provato, al netto delle preclusioni ideologiche, chi se la sente di dire che la proposta  di attivare corsi gratuiti di difesa personale sia un fallimento? Ed intanto che parliamo l’OdM di Pavia si è già attivato…l’OdM di Belluno di è già attivato...l’OdM di Lecce si è già attivato...
 
Dr. Lorenzo Lopedote
Dirigente Medico Distrettuale
Radiologo (Bitonto, Bari)


12 dicembre 2018
© Riproduzione riservata

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