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Il nuovo codice deontologico e la realtà ovvero infermieri in cerca d’autore

di Luciano Urbani

08 MAG - Gentile Direttore,
fatto e recitato il Codice. Tutto continua come prima.  L’infermiere è sempre senza tempo e la prevenzione delle infezioni è disattesa. “In definitiva, si può dar ragione a Gilbert Keith Chesterton, il fine umorista creatore di Padre Brown, il quale asseriva che la contemporaneità non è, come appare, il mondo nel quale non si crede più a niente, ma, all’inverso, quello in cui si è disposti a credere proprio a tutto...”, dice Giuseppe Goisis, già docente filosofia politica Università Ca’ Foscari – Venezia.
 
Ed ecco nella banalità del quotidiano individuato finalmente il buco nero Ipasvi/ Fnopi, dove da molti anni spariscono nell’orizzonte degli eventi le continue richieste sul quesito deontologico per la prevenzione delle infezioni e i presidi non sterili e da cui non affiora alcuna luce o segnale etico.
 
Eppure, i principi espressi nel Codice Deontologico 2009, come pure di quelli precedenti, e anche nel nuovo Codice Deontologico 2019 sarebbero idonei alla prevenzione, peccato non vengano osservati e promossi proprio dall’Ordine Professionale sia a livello Provinciale che a livello Nazionale (QS del 19 marzo 2017).
 
Ivan Cavicchi ha detto: “la deontologia nella professione infermieristica è morta” (QS del 18 aprile 2019). Ora, se non è morta, certamente non sta proprio bene. Come dimostra il “silenzio sepolcrale” della Presidente Ipasvi/Fnopi Mangiacavalli, evidenza inconfutabile e lampante, sul quesito deontologico all’uso dei presidi non sterili.
 
Sono ormai quattro anni che non risponde. Perché non risponde? È forse impedita? Da chi, da che cosa? E i Collegi/Opi come mai in tutti questi anni non si sono mai “attenzionati” sul problema? E neppure le associazioni o società scientifiche hanno dato segni vitali. Ricordo che la mia prima segnalazione risale al 2007 al Congresso Anipio a Torino.
 
Ma risulta paradossale la dichiarazione del 13 aprile 2019 della Presidente Barbara Mangiacavalli: “Il Codice Deontologico è per gli infermieri e degli infermieri”. Strana cosa, perché alla Leopolda nel 2016 proclamava: “Il Codice Deontologico non è per gli infermieri, ma per il cittadino”.
 
Ora, quale dichiarazione è vera? La prima? La seconda? Sono vere tutte e due? Nessuna è vera? Forse, a sua insaputa, la Presidente Mangiacavalli fa una rivelazione clamorosa, perché il nuovo codice risulta essere una fantastica creazione quantistica, infatti:“il codice è, e contemporaneamente non è, per gli infermieri”.
 
Un Codice inutile, perché l’infermiere non c’è, semplicemente perché nella realtà assistenziale il tempo non c’è, anche se il nuovissimo articolo 4 inutilmente recita “Il tempo di relazione è tempo di cura. Il tempo è l’anima della professione di infermiere, senza tempo l’infermiere non esiste. L’infermiere è perduto fra il paradosso trascendente spazio-tempo etico e l’immanenza della cruda realtà aziendalistica del profitto.
Forse agli infermieri rimane un’ultimo scoglio, dove provare a resistere: la ricerca di un autore.
 
Luciano Urbani
Cittadino, post infermiere, coordinatore Slow nursing

08 maggio 2019
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