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Coronavirus. L’emergenza sia l’occasione per riscoprire altri valori

di Andrea Cocci

12 MAR - Gentile Direttore,
gira per il web la frase di Manzoni nei Promessi Sposi: “Ma la peste non fu solo un male di per sé, non seminò solo sofferenze e morte: scompigliò la vita mentale della gente avviandola verso le credenze più folli, verso l’irrazionalità”. La situazione che stiamo vivendo non ha precedenti nella nostra Repubblica e da molti, da me medesimo e da tanti operatori sanitari, è stata di gran lunga sottovalutata.
 
Nell’epoca della chirurgia robotica mini-invasiva, della focal therapy, della bioingegneria, della chemioterapia, dei vaccini e antibiotici, abbiamo disimparato a temere la malattia. Ci spaventa il tumore, nemico sordo e silenzioso ma l’infezione, almeno la mia generazione, è stata abituata a viverla con la leggerezza dei 3 giorni a casa coccolati da film e lunghe dormite.
 
Siamo anche la generazione Erasmus, senza confini ne limitazioni, abituati a viaggi e libertà che mai ha assaporato restrizioni o imposizioni. Ci sentiamo forti, spesso invincibili e mascheriamo l’incoscienza con il fatalismo.
 
Proprio questa incoscienza che purtroppo non è solo italiana bensì figlia della nostra cultura ha reso necessarie le misure straordinarie adottate dal governo e mai come adesso le parole postate da Ferzan Ozpetek sono vere:
 
La tragedia non si fermerà al contagio, alle morti ma avrà impatti devastanti sull’economia e sulle tante famiglie che non posso permettersi un così lungo periodo di inattività. A loro, a noi tutti, speriamo che le forze politiche diano tutela in maniera congrua e rapida. Saremo noi a dover risollevare il made in Italy consumando prodotti della nostra nazione, a viaggiare quando sarà permesso nel nostro Paese stringendoci come popolo senza dare sfogo a razzismo e divisione sociale.
 
Questa battaglia è combattuta da tutti, giovani ed anziani, esperti e principianti, professori e studenti. È una battaglia che ci unisce come operatori sanitari, che abbatte le gerarchie e ci fa sentire parte di un meccanismo che deve essere perfetto per garantire la sopravvivenza del singolo individuo e della collettività. Sento il dovere di dare voce ad una parte di questi, studenti, ricercatori, dottorandi, specializzandi, frequentati e contrattisti che affiancano il personale di ruolo ogni giorno come membri indispensabili. A questi si aggiungono infermieri, OSS, tecnici di laboratorio e di radiologia, fattorini e tante tantissime altre professioni che rendono possibile il funzionamento della macchina sanitaria.
 
Spero che l’azienda, l’università e i cittadini in generale riconosceranno in queste come nelle altre figure non mediche il merito di aver fatto il loro dovere e di tutelarli anche passata l’emergenza, perché sia chiaro, passerà.
 
Ho la presunzione di credere che da ogni criticità si possa estrapolare qualcosa di buono. Nel fare il nostro dovere civico, nell’imporci qualcosa che forse non comprendiamo e nel sacrificare qualcosa che non vorremmo sacrificare, forse dobbiamo godere di questa pausa. Leggere, parlare, scegliere l’indispensabile dal superfluo e magari capire che la forza di un popolo si dimostra nel momento del bisogno. Si scriveranno libri e forse film su questo preciso momento storico, i protagonisti di questa emergenza saranno ricordati per i loro meriti e sbagli, l’Italia sarà ricordata per come gestirà questa emergenza.
 
Come ho scritto su facebook: “A mio nonno lo Stato ha chiesto di andare in guerra, a mio padre di fare la leva militare, a noi di stare a casa. Direi che siamo stati fortunati”
 
Dr. Andrea Cocci
Specialista in Urologia
Consigliere Ordine dei medici e degli odontoiatri di Firenze
Dottorando di Ricerca Università di Firenze


12 marzo 2020
© Riproduzione riservata

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