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Ai giovani colleghi che stanno per diventare medici nel pieno di questa emergenza

di Antonio Panti

24 MAR - Gentile Direttore,
entro i prossimi giorni, abrogato l'esame di stato col recente Decreto, gli Ordini iscriveranno all'albo i giovani colleghi neolaureati che da quel momento potranno iniziare l'avventura di una vita, fare il medico. Un battesimo di fuoco, gettarsi nella mischia in un momento così drammatico per la sanità del nostro paese, ma anche l'occasione per cimentare quel che si è imparato all'Università colla pratica concreta e immediata, insomma per avviare un'esperienza che varrà per la vita.
 
Gli Ordini son o soliti dare il benvenuto ai giovani con una cerimonia, il cosiddetto "Giuramento di Ippocrate" che, durante i trent'anni della mia presidenza, non ho mai considerato come un rituale ma come un approccio all'esercizio della professione che non si impara all'Università ma con la pratica quotidiana e che oggi è estremamente complesso anche sul piano normativo.
 
E' giusto che un medico anziano saluti i giovani colleghi e dia loro una qualche idea su quel che vanno a affrontare.
Cosa significa essere medico oggi? E come cambia la medicina quando prevalgono le donne, un salutare arricchimento ma anche una diversità di approccio? Dopo anni di educazione scientifica i medici apprendono in brevissimo tempo che la medicina è una prassi, un'arte, che si avvale di scienze ma che si muove in un mondo di valori.
 
Comincia, dopo la laurea, una vita di studio, la scienza e la tecnica procedono con ritmo logaritmico. Ma il medico non studia soltanto, è anche attento alla quotidianità del mondo, una conoscenza essenziale per calarsi nel vissuto delle persone. Fare il medico richiede umiltà perché si impara da tutti, per primi dai pazienti, e una grande curiosità intellettuale,quella che sostiene ogni uomo colto e il medico lo è per definizione.
 
Forse il ruolo sociale atteso non coincide con la realtà. Ma proprio la pandemia in atto mostra quanto il medico sia figura indispensabile; vi è troppo contrasto tra le "colpe" di cui spesso lo si accusa e la realtà del sacrificio, della dedizione e della fatica proprie della professione. Il medico appare ogni giorno nei mass media come figura autorevole e altruistica. Non è una narrazione buonista né retorica, è la realtà che fa da staffetta ai giovani cui spetta proseguire l'impegno.
Oggi l'autonomia del medico è costretta da molteplici limiti, economici, amministrativi, scientifici, giuridici, ma proprio questa situazione pandemica costringe la società a riflettere sulla necessaria autonomia dei medici pur nel rispetto della autodeterminazione del cittadino.
 
La medicina funziona solo all'interno di percorsi assistenziali che richiedono forti organizzazioni, capacità di coordinamento e collaborazione con molteplici professionalità, investimenti ingentissimi. Ma il covid ha dimostrato come l'aver trascurato il parere degli esperti ha portato a gravi errori di conduzione. Spetta ai giovani riconquistare quel ruolo di coinvolgimento nella gestione del servizio il cui venir meno ha pesantemente condizionato la sanità.
 
Il medico è tale se sa stabilire una relazione col paziente, mostrare capacità di ascolto che richiede tempo ma anche propensione a entrare nelle parole della persona, a viverle con empatia, e infine a dare risposte a chi si aspetta aiuto da parte dei professionista.
 
Quest'inizio di vita così sofferto costringe a un atteggiamento critico e insieme propositivo. Prevale l'idea che dopo l'esperienza del covid niente può restare come prima. E' vero, il servizio sanitario deve essere profondamente ripensato, ma chi se non coloro che si affacciano ora a una professione che vivrà per qualche decennio lo può fare? Coloro i quali vivranno un futuro entusiasmante per gli strumenti tecnologici e conoscitivi di cui disporranno.
 
Un futuro che richiede impegno, curiosità, umiltà, onestà intellettuale e, più ancora, la capacità di indignarsi per le disuguaglianze che aumentano.
I giovani che iniziano la loro avventura professionale e debbono, per la quarantena generale, rinunciare alla cerimonia ordinistica, meritano da parte di tutti i colleghi anziani un augurio di successo e di una vita serena e trascorsa nella pace.
 
Antonio Panti

 

24 marzo 2020
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