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Coronavirus. Il medico competente ai tempi dell’emergenza… e anche dopo

di Ernesto Ramistella

09 APR - Gentile Direttore,
anche i medici competenti (MC) sono stati travolti dal cataclisma Covid-19, paradossalmente non per l’attività di sorveglianza sanitaria periodica ma per un intervento diretto per il controllo dell’attuale epidemia. Infatti, dopo un iniziale periodo di incertezza, si è giunti alla decisione sollecitata dalle società scientifiche del settore di sospendere l’esecuzione delle visite periodiche, rimandandole alla fine dell’emergenza e assicurando solo le prestazioni urgenti: visite preventive, visite al rientro dopo prolungata assenza e visite su richiesta. I MC, comunque, non sono rimasti inoperosi né sono rifuggiti dalle proprie responsabilità ma hanno continuato ad assicurare la loro azione di consulenza per raccomandare i provvedimenti da tenere negli ambienti di lavoro, segnalare i cosiddetti “soggetti fragili”, collaborare con i dipartimenti di prevenzione per l’individuazione dei contatti stretti, concordare modalità d’ azione con i medici curanti.
 
Prestazioni indifferibili e attività di consulenza potevano certo bastare a riempire le giornate dei MC ma in realtà c’è stato molto di più.
 
Infatti, nei presidi ospedalieri e nelle infermerie delle grandi aziende private i MC sono stati progressivamente coinvolti in attività di “sorveglianza attiva” degli lavoratori soggetti al possibile contagio da SARS-CoV-2, con un importante cambiamento di paradigma poiché tale forma di sorveglianza sanitaria non può essere assimilata a quella effettuata ai sensi del D.Lgs. 81/08, che ha ben altre finalità.
 
Ai MC, invece, è stato richiesto di collaborare all’individuazione di lavoratori potenzialmente affetti da infezione da SARS-CoV-2, della possibilità dei contagi per i colleghi, delle condizioni nel caso di isolamento domiciliare e del successivo rientro al lavoro. Inoltre, a seguito del protocollo di intesa siglato tra le parti sociali lo scorso 14 marzo, i MC sono stati incaricati anche di individuare i lavoratori “fragili”, potenzialmente più suscettibili di altri alle severe complicanze della malattia Covid-19, segnalandoli al datore di lavoro per i provvedimenti di tutela da prendere. In alcune regioni tali compiti di sorveglianza attiva sono stati istituzionalizzati, ribadendo il ruolo pubblicistico dei MC e il doveroso contributo al Servizio Sanitario, tesi che abbiamo sempre sostenuto.
 
E’ presumibile ipotizzare che questo nuovo ruolo prosegua nel prossimo futuro, anche in occasione della graduale ripresa delle attività produttive del Paese. Per tale inevitabile percorso si parla di stratificazione dei lavoratori per età o in base alla “patente di immunità” ed è probabile ritenere che tale valutazione sarà rimessa ai medici competenti nominati per le singole aziende, una grande responsabilità che metterà in risalto la loro professionalità e le conoscenze sanitarie in relazione all’epidemia.
 
Risulta evidente che sarà assai complesso, oltre che eticamente discutibile, discriminare i lavoratori esclusivamente in base all’anzianità o alla condizione immunitaria per le imprecise conoscenze sulle caratteristiche di permanenza dell’immunità acquisita, sulla persistenza della replicazione virale e sulla possibilità di recidive. Gli screening sierologici in verità sono già iniziati, ma solo per gli operatori sanitari anche se molti datori di lavoro chiedono di eseguirli per i propri dipendenti nonostante al momento questa possibilità sia esclusa dalla legge.
 
Al contrario, difficilmente si può pensare che i MC possano effettuare direttamente tali test, dovendo invece mantenere il loro cruciale ruolo di coordinamento per la tutela della salute dei lavoratori, “fragili” o meno, per il controllo delle condizioni sanitarie dei luoghi di lavoro e del rischio di contagio, in modo particolare nella piccola e media impresa e in sinergia con i dipartimenti di prevenzione territorialmente competenti.
 
Per non farsi cogliere impreparati occorre dunque individuare tempestivamente procedure scientificamente validate e concretamente attuabili sul piano professionale, preliminarmente condivise con le parti sociali e con le rappresentanze dei medici competenti, valide e accettate su tutto il territorio nazionale senza ulteriori e diverse interpretazioni da parte delle regioni.
 
E si deve fare presto, poiché già dalla prossima settimana molte aziende riapriranno i battenti.
 
Può sembrare prosaico ma rimane da capire, infine, “chi paga” dal momento che a differenza dei presidi ospedalieri e delle grandi aziende nelle PMI la maggior parte dei medici competenti opera in regime libero-professionale. A tale proposito, per non gravare interamente sul sistema delle imprese, forse non è peregrino riportare alla memoria la proposta dell’Agenzia Nazionale dei Medici Competenti, formulata anni addietro ma che ritorna incredibilmente attuale al giorno d’oggi.
 
Ernesto Ramistella
Segretario Nazionale Area MC Co.Si.P.S.
(Coordinamento Sindacale Professionisti della Sanità)


09 aprile 2020
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