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Pma. Perché è giusto eliminare i limiti di età

di Filomena Gallo

24 APR - Gentile Direttore,
in un paese come l’Italia, dove secondo gli ultimi dati ISTAT, il livello di nascite attuale è il più basso dal 1918, con soli 435 mila nati vivi nel 2019, e dove fare famiglia è sempre più difficile in tempi di crisi economica, ci sono diritti fondamentali che devono essere tutelati, sempre, anche in tempi di emergenza. E la politica non può sottrarsi dalla consapevolezza che investire nel futuro significa pensare anche al futuro demografico del nostro Paese, garantendo sempre l’accesso a tecniche di fecondazione medicalmente assistita. 
 
Le notizie dei giorni scorsi sulla prima gravidanza da fecondazione eterologa al Sud dopo 35 anni e su quella da fecondazione in vitro, in Toscana, da parte di una coppia campana a carico del Servizio Sanitario Regionale hanno alimentato di una rinnovata carica e speranza il nostro lavoro a tutela dei diritti di uguaglianza nell’accesso alle cure e del loro esercizio.  
 
E’ importante, però, ricordare che l’Italia presenta ancora molte disuguaglianze territoriali nell’erogazione delle tecniche mediche volte ad aiutare le coppie ad avere un figlio. Con le coppie, l’Associazione Luca Coscioni e le associazioni di pazienti, abbiamo contribuito a rimuovere i divieti imposti dalla legge 40 e continuiamo a lavorare per eliminare altri divieti ancora esistenti. In particolare, ci battiamo affinchè tutte le regioni prevedano l’accesso a tutte le tecniche di fecondazione medicalmente assistita (PMA) in regime di Servizio Sanitario Nazionale. Qui, infatti, c’è un problema nel problema perché i Livelli Essenziali di Assistenza hanno introdotto, per le donne, un limite di età di 46 anni per l’accesso a queste tecniche.
 
Un limite che, però, non trova fondamento nella legge 40, in cui è previsto l’accesso alle tecniche in età potenzialmente fertile, lasciando al medico la decisione caso per caso. La conseguenza è stata l’introduzione da parte delle regioni di limiti di età dai 43 ai 46 anni: un limite giustificato su base economica, ma, di fatto, fondato su volontà politiche. Chi si rivolge a queste tecniche ha un problema di salute, che la medicina consente di provare a superare. Viene da sè, però, che maggiore è l’età della donna e minore sarà la possibilità di avere una gravidanza. La scelta politica è stata, quindi, quella di puntare solo su chi ha maggiori possibilità di successo. Ma questa è una scelta non attuabile quando si parla di cure. E’ come se si sia scelto di “concentrare” le cure su chi è “meno malato”, in modo da avere un maggior numero di successi, lasciando solo chi ha magari problemi più seri nel concepire. Dovrebbe essere il medico, invece, a dare indicazioni precise in questo senso, valutando le condizioni di ogni coppia, a prescindere dall’età. 
 
Durante l’emergenza sanitaria da covid-19, questi limiti d’età risultano ancora più lesivi del diritto fondamentale di accesso alle cure. Se da un lato, infatti, è stata disposta la sospensione delle attività di PMA a causa della epidemia, nella stessa circolare CNT e Registro PMA è espressamente auspicato di mantenere attive le procedure di crioconservazione in pazienti oncologiche e i casi urgenti. 
 
Ma il tempo passa per tutti e non c’è atto regionale o ministeriale che possa bloccarlo, assieme all’età anagrafica di pazienti che in questi mesi stanno superando il limite di età per accedere ai trattamenti, a carico del Servizio Sanitario Regionale e non. 
 
Per questo motivo, insieme alle associazioni di pazienti L’altra cicogna ONLUS; Associazione Cerco un Bimbo; Amica Cicogna; Unbambino.it; SOS infertilità,  abbiamo chiesto al Governo e al Ministro della Salute che questi limiti di età siano eliminati dai LEA, in osservanza di legge 40 e giurisprudenza costituzionale.
 
Abbiamo poi chiesto ai Presidenti delle Regioni e agli assessori alla salute di riattivare in sicurezza, e nel minor tempo possibile, la PMA nelle strutture pubbliche in particolare per i trattamenti con carattere di urgenza per età o per condizioni sanitarie e di emanare un atto urgente che preveda una estensione dei limiti di età dalla ripresa di almeno 1 anno in considerazione della interruzione del servizio e del tempo necessario per la ripresa dei trattamenti. Richiesta ribadita anche per il Lazio e la Toscana, che hanno esteso il limite al 31 dicembre 2020.
 
Buone intenzioni, che però non tengono conto del fatto che ad oggi non si conosce la data di quando sarà possibile riprendere tali procedure. Abbiamo poi chiesto al Governatore della Campania che sia conclusa l’attuazione dell’aggiornamento normativo e che siano considerate le indicazioni del CNT e Registro PMA sia per pubblico che per privato con estensione di 1 anno dei limiti di età.
 
Avv. Filomena Gallo
Segretario Nazionale della Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica

24 aprile 2020
© Riproduzione riservata

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