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Garantire i Lea rispettando le regole di bilancio delle Asl

di Nicola Rosato

27 LUG - Gentile Direttore,
la Corte dei conti, Sez. controllo Campania (ordinanza 201/2019), ha sottoposto al vaglio della Corte costituzionale (sent. 157/2020) la disciplina dell’art. 29, co. 1, c) del d.lgs. 118/2011, in materia di sterilizzazione dell’ammortamento dei cespiti acquistati con contributi in conto capitale nei bilanci delle aziende sanitarie. La regola – derogando alle norme civilistiche e ai princìpi contabili nazionali ed internazionali – prescrive che le aziende iscrivano il contributo in conto capitale, pubblico o privato, a patrimonio netto per essere gradualmente attribuito a conto economico per quote corrispondenti all’ammortamento annuale, che in tal modo viene sterilizzato.
 
Le deroghe, secondo la Corte costituzionale, che ha dichiarato infondato il ricorso, hanno due motivazioni: sgravare il risultato del bilancio dall’onere degli ammortamenti, pareggiandole con il prelievo periodico di pari importo dal contributo in conto capitale; scoraggiare l’impiego del finanziamento corrente per spese di investimento, per garantire l’integrità delle risorse stanziate per remunerare i soli costi delle prestazioni LEA.
 
Purtroppo, dalle motivazioni emerge la perdurante incomunicabilità, colta dalla Corte dei conti, tra il formalismo giuridico e la concretezza della gestione aziendale. La formale legittimità costituzionale della disciplina non elimina gli impatti negativi sulle finalità informative dei bilanci e sui risultati di gestione che altre norme primarie vogliono trasparenti. Gli ammortamenti sterilizzati inquinano la valutazione dell’efficienza dell’impiego dei cespiti, che non influisce più sul risultato economico.
 
Nel caso, poi, dell’intero ammortamento nell’esercizio nel quale sono acquisiti beni con fondi per la gestione corrente, lo scopo di non sottofinanziare le prestazioni LEA si scontra con le esigenze straordinarie imprevedibili nei piani generali del conto capitale, che sono soggetti ad accordi di programma tra Stato e Regioni temporalmente sfasati tra previsione del fabbisogno, erogazione dei fondi, approvvigionamento e disponibilità dei beni. E anche l’indisponibilità dei beni non consente l’erogazione dei LEA.
 
Occorre, quindi, trovare soluzioni coerenti con le esigenze operative delle aziende e del loro obbligo di rendere conto dei costi, rendimenti e risultati delle attività svolte (d.lgs. 502/1992, art. 5, co. 5, e), rendendo anche più precisi i contenuti informativi del bilancio per i processi decisionali di programmazione e controllo. Né sono mancati indicazioni in letteratura (Santesso, Sostero, La sterilizzazione degli ammortamenti: alcune riflessioni critiche, Mecosan aprile giugno 1999).
 
I fondi in conto capitale, contabilizzati come elementi permanenti del patrimonio netto, non dovrebbero essere usati per sterilizzare gli ammortamenti dei beni acquisiti con quei contributi. Un vero ammortamento renderebbe i costi espressivi degli effettivi consumi in relazione ai ricavi, consentendo una valutazione attendibile dell’efficienza aziendale attraverso l’equilibrio o il disequilibrio di bilancio nel medio termine. La sterilizzazione maschera i costi quando le prestazioni erogate, inferiori al volume programmato, riducano i ricavi, effettivi per le aziende ospedaliere, figurativi per gli ospedali e gli altri servizi direttamente gestiti dalle Usl (I ricavi tariffari figurativi degli ospedali direttamente gestiti dalle Usl, finanziate a quota capitaria, sono usati per verificare il pareggio del loro bilancio: L. 27 dicembre 1997, n. 449/1997, art. 32, co7).
 
Per gli investimenti relativi ad esigenze impreviste ed eccezionali, che si presentano sistematicamente in una organizzazione complessa, si dovrebbero dotare ogni anno le aziende di un fondo in conto capitale ad hoc, controllato a posteriori dalla regione. La Corte Costituzionale stessa ammette che “vi possono essere delle situazioni imprevedibili o di emergenza nel corso delle quali … [la] necessità di beni durevoli può richiedere un finanziamento aggiuntivo in conto esercizio”, sottintendendo che compete al legislatore ordinario di trovare le soluzioni.
 
Dopo il 1992, quando il bilancio civilistico è stato introdotto nelle aziende sanitarie pubbliche, un riflesso condizionato degli apparati ministeriali a favore della contabilità finanziaria pubblica, più congeniale alla loro cultura e alle loro prassi, ha agito in direzione opposta al cambiamento pieno delle regole di contabilità e bilancio.
 
Un’analoga deroga alle norme civilistiche si deve alla prassi, tollerata dai ministeri ma non suffragata da norme legislative, per la contabilizzazione dei ticket riscossi dagli operatori privati accreditati. Le compartecipazioni dei cittadini alla spesa delle prestazioni sono una quota della tariffa che costituisce entrata propria del SSN; ma – quando riscossa dagli operatori privati, che non sono agenti contabili delle Usl – non viene rilevata affatto nei bilanci delle Usl, che dovrebbero invece registrarla a ricavo e a debito e costo verso il fornitore privato che, trattenendo il ticket riscosso, ha ricevuto un acconto del suo credito. Le Usl, invece, registrano soltanto il debito o il costo al netto delle compartecipazioni dei cittadini. Sebbene i saldi di bilancio non ne risentano, sono vulnerati i valori delle entrate proprie e gli indicatori di efficienza correlati.
 
Il complesso di queste e altre anomalie non fa fare passi in avanti al complicato processo di calcolo dei costi standard delle prestazioni, sottostima il reale fabbisogno finanziario per i LEA, falsa le perdite o i risparmi di esercizio e fa perdere di vista le aree critiche di gestione su cui intervenire per risanarle.
 
Non si dimentichi che secondo il PSN 1998-2000 le corrette regole aziendali di organizzazione, amministrazione e gestione sono “prerequisito” per erogare le prestazioni in condizioni di efficienza ed efficacia”.
 
Nicola Rosato
Già subcommissario del Governo per il Piano di rientro della regione Molise


27 luglio 2020
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