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L'anima di Insinna, tra la prepotenza dell'apparire e le limitazioni dell'essere 

di Enrico Frisone

04 GIU - Gentile direttore,
gradirei potesse pubblicare questa mia lettera aperta a Flavio Insinna.

Caro Sig. Insinna,
ho letto con attenzione il suo libro  e avrei piacere di condividere alcune considerazioni. E' un vero peccato leggere che una persona famosa intelligente e istruita, che ha  regalato speranza a poveracci squattrinati e tonti che sono disposti a farsi deridere pubblicamente per inseguire una ipotetica vittoria , sia stato vittima del più normale sentimento di frustrazione che quotidianamente gli infermieri devono cercare di gestire (e spesso sopportare) durante la loro attività.

La cosa più amara invece, è che Lei Sig, Insinna, non pago della fortuna ricevuta dalla vita di avere un lavoro che le consente di "imbonire" le persone, (i presentatori sono degli imbonitori professionisti spesso neanche giornalisti) sia così irrispettoso nei confronti  di se stesso e della memoria di suo padre,  arrivando a scrivere un libro che narra nei minimi particolari la sofferenza della sua famiglia posta alla stregua dei concorrenti pronti a umiliarsi pubblicamente per la ricerca della chimera.
Mi spiace molto per suo padre che si vede protagonista ex post di un racconto privo di sceneggiatura, poesia e contenuti, che rappresenta solo la rabbia di un personaggio "noto" che si vede costretto a fare la fila, rispettare le regole e impossibilitato a godere dei privilegi a lui esclusivamente riservati dal mondo dorato della televisione..
 
Egregio sig. Insinna, empaticamente sono con lei nel vissuto del dolore, come lo è stata la collega "piccola e con gli occhiali", che suo malgrado ha dovuto agire come un "buttafuori" perchè lei non ha creduto nelle regole, forte della sua arroganza.
Io avrei fatto lo stesso, magari usando altre parole, o forse avrebbe preferito anche lei  "tre pacchi da scavicchiare" per cercare la fortuna di entrare al posto di sua madre o sua sorella? Quale sarebbe stata la sua reazione?

Coraggio, il periodo in rianimazione è qualcosa di insopportabile per i parenti, che impotenti attendono la sentenza, che spesso già conoscono, ma che questa società ci ha abituato a non accettare.
La fede è qualcosa che aiuta e mi auguro vivamente che Lei possa trovare la pace nella sua anima  combattuta tra la prepotenza dell'apparire e le limitazioni dell'essere.      
Arrivederci

Enrico Frisone    
Presidente IPASVI Provincia Pavia


 

04 giugno 2012
© Riproduzione riservata

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