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I ritardi nella vaccinazione degli over 70 si sarebbero potuti evitare

di Girolamo Digilio

25 MAG - Gentile Direttore,
I primi risultati della campagna vaccinale anticovid confermano l’efficacia e la validità della pratica della vaccinazione nella prevenzione delle malattie infettive e delle loro nefaste conseguenze. Del resto si può affermare senza ombra di dubbio che da quando, due secoli fa, Edward Jenner con la sua geniale intuizione sperimentò con successo la vaccinazione antivaiolosa, si deve ai vaccini la scomparsa di una serie di malattie contagiose, veri flagelli di Dio, che hanno afflitto l’umanità nel corso dei millenni. Si può perciò ben dire che i vaccini, insieme agli antibiotici, hanno rappresentato, per lo sterminato numero di decessi che hanno evitato nel corso dei secoli, il più importante progresso della medicina.
 
Si è trattato stavolta di una colossale sperimentazione a livello planetario che se, da una parte, ha dimostrato per i tempi accelerati di realizzazione e per le quantità di vaccino necessarie la potenza di una complessa e raffinata macchina di produzione, dall’altra ha messo in evidenza tutte le debolezze di una globalizzazione ancora troppo condizionata da interessi locali e particolari oltre che da carenze nella comunicazione e nella condivisione degli obiettivi.
 
Luci ed ombre che hanno rappresentato una sorta di prova generale per esperienze future che sembrano incombere sul cammino dell’umanità. In questo clima di emergenza e di pericolosità anche il ruolo della grande informazione, soprattutto televisiva e on line, non sempre è stato all’altezza della situazione e ha favorito, se non generato, disorientamento e ulteriori apprensioni nell’opinione pubblica.
 
Un dato sconcertante e che merita ancora una seria riflessione è rappresentato dal ritardo con cui si è proceduto in Italia alla vaccinazione delle persone più anziane, soprattutto quelle appartenenti alle classi di età 70-90+ che hanno pagato il più alto contributo in termini di decessi (95% dei deceduti).
 
Questa circostanza, pure ben nota, che paradossalmente ci offriva su un piatto d’oro l’opportunità di evitare gran parte dei decessi concentrando le vaccinazioni sulle classi di età più esposte non è stata colta con la dovuta attenzione e quindi non adeguatamente considerata nei comportamenti di attuazione della campagna vaccinale da parte di esperti forse troppo ossessivamente concentrati sull’obiettivo della cosiddetta “immunità di gregge”: un obiettivo certo irrefragabile, ma che richiede tempi necessariamente lunghi per essere raggiunto.
 
Si stenta quasi a credere, ascoltando i telegiornali o leggendo i quotidiani, che alla data del 23 maggio 2021, data alla quale erano stati somministrati circa 30 milioni di dosi, circa 400.000 persone over 80 e quasi 2 milioni di settantenni non sono stati ancora sottoposti alla somministrazione della prima dose di vaccino anticovid.
 
E’ vero che le quantità di vaccino disponibili non sempre sono state sufficienti alle necessità immediate, ma se si pensa che per la somministrazione della prima dose agli over 70 (in totale 10.448.880), oltre che ai sanitari più esposti, sarebbero state sufficienti intorno agli 11 milioni di dosi e che questo numero di somministrazioni è stato raggiunto già nei primi giorni di aprile 2021 allora si deve riconoscere che un siffatto ritardo avrebbe potuto essere evitato se il vaccino non fosse stato somministrato a categorie di persone meno esposte al rischio di malattia grave o di decesso.
 
Forse un più precoce ed attivo coinvolgimento dei Medici di medicina generale, possibilmente mirato esclusivamente alla vaccinazione degli over 70, avrebbe consentito un intervento più rispondente alla gerarchia delle priorità.
 
Girolamo Digilio
Già Primario e Docente Clinica Pediatrica Università La Sapienza, Roma
  


25 maggio 2021
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