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Riforma 118. Mettiamo da parte le scaramucce sui media

di Il Comitato Scientifico del II Congresso Nazionale Emergenza Urgenza

28 SET - Gentile Direttore,
il Comitato Scientifico del II° Congresso Nazionale Emergenza Urgenza che ha avuto luogo a Riva del Garda lo scorso 20-22 settembre con la partecipazione di oltre 2000 professionisti rappresentanti di tutte le categorie che si occupano del sistema di emergenza e urgenza (medici specialisti e non, medici in formazione, infermieri, personale volontario, tecnici), ha portato alla firma di un documento denominato “Carta di Riva”, condiviso da ben 14 enti (5 società scientifiche mediche, 4 società scientifiche infermieristiche, 2 sindacati, 3 associazioni di volontariato).
 
Che questa proposta fosse interessante lo ha dimostrato non solo la partecipazione di un’ampia rappresentanza di Senatrici e Senatori e del Coordinatore degli Assessori alla Conferenza Stato-Regioni, ma la presenza di presidenti delle società scientifiche, di rappresentanti di organizzazioni, e la grandissima partecipazione dei portatori di interesse, ossia degli operatori stessi di ogni categoria.
Non può che destare quindi il nostro stupore le dichiarazioni decisamente sopra le righe della Senatrice Castellone riportate da Quotidiano Sanità lo scorso 24 settembre.
 
Senza entrare nel merito di tali affermazioni tuttavia, vorremmo spiegare i motivi per cui abbiamo accolto l’invito dei Presidenti del Congresso, dott. Andreucci e dott. Colamaria, ad unire a Riva tutte le professionalità con un intento unico, poi suggellato con la “Carta di Riva”, di riordinare idee ed intenti per definire un modello per l’emergenza e urgenza italiana sostenibile, competente e sicuro, esclusivamente nell’interesse del cittadino.
 
Non è superfluo ricordare che la medicina di emergenza e urgenza, secondo la definizione Europea, si occupa della gestione e stabilizzazione di ogni paziente affetto da una condizione patologica acuta e tempo dipendente, che rende necessaria una risposta integrata di rete, dal momento in cui questa accade sul territorio, al momento in cui il paziente viene affidato ad altra struttura ospedaliera o rinviato al domicilio. Di questo sistema sanitario complesso fanno parte medici, infermieri specificamente formati in area critica e triage, personale di supporto, autisti soccorritori, volontari.
 
Ma la pandemia ci ha insegnato che il sistema va migliorato, investendo nella attrattività per i giovani di questi percorsi formativi e focalizzando l’attenzione sulle criticità emerse.
 
Oltre al progressivo incremento delle risorse specializzate in medicina d’emergenza-urgenza, iniziato in Italia 12 anni orsono, la rete offre risultati che si dimostrano più soddisfacenti dove l’assistenza è erogata in piena multisciplinarietà e professionalità, coinvolgendo le specializzazioni mediche e le competenze infermieristiche più avanzate, ma anche ottimizzando il loro coinvolgimento per dare risposte coerenti alla crescita della vulnerabilità sociale del nostro Paese.
 
Pertanto ci pare indispensabile, dopo 30 anni dall’istituzione del 118 ma anche sull’esempio di molti stati europei e non solo, dove il sistema è altamente evoluto, sedersi ad un tavolo e concertare con i Decisori politici un modello che tenga in considerazione l’efficacia, l’efficienza e la competenza di un sistema, tentando di comporre le grandi disparità di organizzazione e di professionalità che, allo stato attuale, non garantiscono un servizio omogeneo nelle diverse Regioni e Province Autonome italiane, e al contempo determinano una scarsa efficienza.
 
La “casa comune” non è intesa come la possibilità da parte degli specialisti d’emergenza e urgenza e di quelli di anestesia-rianimazione-terapia intensiva e del dolore di entrare e uscire dall’ospedale al territorio senza una logica basata sui dati, bensì di mantenere le alte competenze specialistiche laddove sono rese necessarie dalla continuità assistenziale, che va garantita dalla fase preospedaliera alla gestione intraospedaliera dell’emergenza.
 
D’altra parte è convinzione di tutti che possa essere certamente molto più sicuro affidare il soccorso in emergenza a infermieri divenuti realmente competenti in “area critica” piuttosto che a medici senza alcuna competenza specialistica, oppure con una formazione di medicina di base, non certo professionalizzante l’emergenza e urgenza.
 
Invitiamo pertanto la Senatrice Castellone, a voler mettere da parte le scaramucce sui media e a prendere invece atto della portata epocale di una unità di intenti come quella da cui è scaturita la “Carta di Riva”, garantendo un tavolo in cui le società scientifiche riconosciute a seguito della Legge 24/2017 e le associazioni professionali, vengano sentite tutte. Riteniamo infatti che se, come correttamente Lei afferma, è compito del legislatore definire i sistemi in Sanità, è certamente suo dovere interpellare i tecnici del sistema, per conoscerne i reali contesti e per poter decidere in maniera appropriata riguardo alle sfide che il SSN deve oggi affrontare.
 
Il Comitato Scientifico del II Congresso Nazionale Emergenza Urgenza

28 settembre 2021
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