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Climate Change: gli infermieri in prima linea per la salute e l’ambiente

di Walter De Caro

10 NOV - Gentile Direttore,
il vertice globale sul clima COP26 tenutosi a Glasgow ha evidenziato, con estrema chiarezza, il legame tra il cambiamento climatico e gli effetti di vasta portata e di lunga durata, anche mortali, sulla salute. Per la prima volta, nella riformulazione odierna, la salute ha assunto ruolo cruciale in un vertice ambientale dal 1992; anche l’accordo di Parigi del 2015 per ridurre le emissioni, fu presentato soprattutto come un trattato ambientale.
 
Un numero crescente di studi ha dimostrano quanto il cambiamento climatico abbia impatto sullo stato salute. Si stanno esacerbando le ondate di calore, intensificando gli incendi, aumentando il rischio di inondazioni e sta peggiorando la siccità, con importanti effetti sulla mortalità legata al calore, con complicazioni per le gravidanze e con consistente aumento delle malattie cardiovascolari. Come per molti altri aspetti di vita, i rischi e i danni ambientali sono particolarmente evidenti nei luoghi e nei paesi che hanno meno risorse per limitarne l’impatto, aggravando le disuguaglianze.
 
Che si tratti della pandemia o degli effetti del cambiamento climatico, gli infermieri sono in prima linea e ne subiscono le conseguenze. Queste stanno aggravando le crisi sanitarie e dobbiamo essere in grado affrontarle insieme. Gli infermieri sono testimoni di questa crisi globale in corso e, vedendo in prima persona gli impatti disastrosi, non possono più tacere.
 
Bisogna agire ora per ridurre gli effetti del cambiamento climatico sui pazienti, così come va amplificata la capacità degli ospedali di continuare a fornire assistenza durante condizioni ambientali estreme, in quanto ad esempio le strutture non sono sempre progettate per resistere all'intensità delle tempeste, al calore, alle inondazioni, agli incendi e altre sfide che stanno diventando sempre più comuni.
 
Le conseguenze indirette sulla salute, infatti, minacciano di mettere in gioco, ad esempio, decenni di progressi sul miglioramento della qualità dell'acqua e della sicurezza alimentare. Un suolo più secco può contribuire alla malnutrizione. Il riscaldamento e il cambiamento dei livelli di umidità possono espandere gli habitat adatti alle zanzare portatrici di dengue o malaria ed agli agenti patogeni che causano malattie come il colera.
 
Nel merito, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha già stimato, in caso di invarianza di situazione, che tra il 2030 e il 2050, almeno 250.000 morti in più si verificheranno ogni anno a causa del cambiamento climatico.
 
Tuttavia, mentre c’è stato un crescente riconoscimento all'interno del mondo industriale rispetto al cambiamento climatico, il settore sanitario continua a rappresentare quasi il 5% di tutte le emissioni globali di anidride carbonica a livello globale. Una buona parte di queste proviene dall'alimentazione di ospedali attivi 24 ore al giorno, e la maggior parte - circa il 70% - è legata alla sua catena di approvvigionamento e all'energia richiesta per produrre, spedire e smaltire farmaci e le attrezzature utilizzate ogni giorno. I centri sanitari e gli ospedali sono 2,5 volte più energivori degli altri edifici. Le stanze e i corridoi sono pieni di attrezzature elettroniche e di devices che hanno bisogno di importanti e stabili risorse energetiche e che vanno rimodulati anche ai fini dell’impatto ambientale. Allo stesso modo va posta una grande attenzione sull’impatto ambientale dei kit monouso e sulla produzione dei rifiuti ospedalieri, stimata tra i 10 ed i 20 chili per paziente al giorno.
 
Durante COP-26 un grande alleanza di organizzazioni sanitarie, tra cui la Consociazione Nazionale delle Associazioni infermiere/i (CNAI) (aderente ai network globali tramite Nurses Drawdown, Health without Harm e alla Climate and Health Alliance), si è aggregata per chiedere mettere al centro la salute presentando un documento firmato da oltre 600 organizzazioni che ha dichiarato che la crisi climatica come “la più grande minaccia per la salute dell'umanità”.
 
La nota inviata afferma che: “Ovunque forniamo assistenza, nei nostri ospedali, cliniche e comunità in tutto il mondo, stiamo già rispondendo ai danni alla salute causati dal cambiamento climatico. Le nazioni in cui l'estrazione e l'uso dei combustibili fossili hanno portato grande beneficio, ma anche grande impatto sulla crisi climatica, hanno la responsabilità di fare tutto il possibile per aiutare coloro che ora sono più a rischio, avendo l’obiettivo di evitare l'imminente catastrofe sanitaria, limitando il riscaldamento globale a 1,5°C. La salute umana e l'equità devono essere ritenute cruciali in tutti i Paesi e vanno messe in atto azioni di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico.”
 
È necessario, quindi, nel nostro Paese, anche grazie alle risorse del PNRR, investire ancora più ampiamente per ottimizzare l’impatto ambientale delle strutture sanitarie, utilizzando energie rinnovabili, sistemi di rigenerazione, ma anche attuare una riprogettazione delle aree con innovativi sistemi di filtrazione, oltre ad ottimizzare la catena dei rifiuti, sia ospedalieri che generici, provenienti da aree ospedaliere.
Gli infermieri e gli altri professionisti sanitari hanno il dovere di essere parte attiva e propositiva in questa battaglia per la salute e l’ambiente e per definire nuovi orizzonti di sviluppo propositivo e sostenibile.

Walter De Caro
PhD, MSc, RN, FFNMRCSI
Presidente Nazionale CNAI
Executive Board EFNNMA
 


10 novembre 2021
© Riproduzione riservata

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