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Campania. Sanità privata. La Corte boccia accreditamento ‘automatico’ strutture fallite

di Giovanni Rodriquez

I soggetti che subentrino nella loro titolarità, non potranno ottenere l’accredito definitivo con il Ssr solo mantenendo invariato l’assetto organizzativo e tecnologico. Si dovranno verificare anche il volume di attività e la qualità dei risultati. Lo ha stabilito la sentenza della Corte Costituzionale 132/2013.

11 GIU - La Corte Costituzionale, nella sentenza 132/2013, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 1 della legge della Regione Campania n. 4 del 15/03/2011, introdotto dall'art. 2 della legge n. 23 del 21/07/2012. La legge regionale stabiliva che i nuovi proprietari di strutture sanitarie private accreditate fallite, potessero chiedere ed ottenere direttamente l'accredito definitivo al Servizio sanitario regionale.

In realtà, in questi casi, la disciplina statale di principio stabilisce che l’accreditamento può essere concesso in via provvisoria, per il tempo necessario alla verifica del volume di attività svolto e della qualità dei suoi risultati. Un’eventuale verifica negativa comporterebbe la sospensione automatica dell’accreditamento temporaneamente concesso.
La disposizione regionale censurata, invece, stabiliva, dichiaratamente “in deroga ai requisiti di legge per l’accreditamento definitivo”, che “ai soggetti che hanno presentato domanda di accreditamento e che, in virtù di acquisto per il tramite del curatore fallimentare, sono subentrati nella titolarità di strutture per le quali si è risolto il rapporto di provvisorio accreditamento con il servizio sanitario regionale, la Regione concede l’accreditamento definitivo qualora all’esito delle verifiche effettuate dalle Commissioni locali Asl risulti confermato l’assetto organizzativo e tecnologico della precedente struttura ed il possesso dei requisiti ulteriori per l’accreditamento definitivo”.

Veniva così introdotta una sostanziale variante alla struttura bifasica della procedura, in quanto l’accreditamento provvisorio del soggetto la cui attività è cessata per fallimento veniva posto direttamente in correlazione con quello definitivo concedibile al soggetto subentrante che mantenesse inalterato l’assetto organizzativo e tecnologico della precedente struttura, oltre ad essere, ovviamente, in possesso dei requisiti per l’accreditamento.

Ciò di fatto impediva, nei confronti della nuova attività avviata nella struttura preesistente, la verifica, “per il tempo a questa necessario, del volume di attività svolto e della qualità dei suoi risultati”, quale, invece, prescritta dalla disciplina statale di principio, anche ai fini del riscontro di compatibilità dell’eventuale nuovo accreditamento con il fabbisogno regionale di assistenza.
 
Giovanni Rodriquez

11 giugno 2013
© Riproduzione riservata

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