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Infermieri. Il valore aggiunto della professione nel riordino del servizio socio-sanitario lombardo


Si è discusso di questo lo scorso 28 marzo in un convegno che ha visto interagire non solo rappresentati delle professioni infermieristica e medica, ma anche istituzioni e rappresentanti delle università per tracciare le linee guida di una riforma territoriale che vedrà proprio l'infermiere ricoprire un ruolo da protagonista.

31 MAR - Un convegno organizzato dal collegio Ipasvi di Milano–Lodi-Monza e Brianza si è tenuto il 28 marzo in occasione dell’assemblea provinciale degli iscritti. Nel corso dell'incontro sono stati toccati tutti gli attuali temi di dibattito nazionale sull’evoluzione dei bisogni sanitari e le possibilità di risposta con particolare riguardo al contesto lombardo. La relazione di Giovanni Daverio, Direttore Generale dell'Assessorato alla Famiglia della Regione Lombardia, ha messo in evidenza che i malati cronici sono in costante aumento (circa 3,2 milioni in Lombardia nel 2013, pari al 31.8% della popolazione assistita), e rappresentano ben il 79.6% della spesa sanitaria per attività di ricovero e cura, specialistica ambulatoriale e consumo di farmaci. In quest’ambito la rappresentanza professionale si è mossa anche con la richiesta di attivare un tavolo tecnico di lavoro con il Collegio Ipasvi di MI-LO-MB ed altre rappresentanze professionali territoriali in Regione proprio per armonizzare il modello regionale con quanto proposto dalla categoria: l'infermiere di Famiglia/Comunità.

“La volontà del Consiglio Direttivo – ha dichiarato Giovanni Muttillo, responsabile Ipasvi – è proprio quella di promuovere un percorso istituzionale con l'Assessorato alla Famiglia, volontà condivisa anche nell'ultimo incontro avuto con il Presidente della Giunta Regionale Maroni proprio sulla proposta dell'Infermiere di Famiglia/Comunità”. D’altra parte il tesoriere Ipasvi Francesco Fanari ha voluto rilevare le criticità della recente Delibera Regionale sui CReG (anche se riguarda per competenza l'assessorato alla sanità, invitato al convegno ed assente) se pur nelle sperimentazioni hanno riscosso una scarsa capacità attrattiva da parte dei medici di medicina generale e dei pazienti coinvolti, ci sia l'assenza incomprensibile, del ruolo infermieristico che la professione può mettere a disposizione come risorsa strategica di integrazione con altre professionalità per favorire lo sviluppo del modello. La sperimentazione, con il modello CReG (Chronic Related Group), una modalità di presa in carico delle persone affette da malattie croniche, finalizzata ad assicurare la continuità del percorso assistenziale. Avviata con DGR IX/937 del 1° dicembre 2010 in 5 ambiti territoriali (ASL di Milano, Milano 2, Bergamo, Como e Lecco). La sperimentazione riguarda alcune patologie croniche principali (BPCO, scompenso cardiaco, diabete, insufficienza renale cronica, ipertensione e cardiopatia ischemica). Obiettivo della sperimentazione è verificare se una organizzazione dell’assistenza territoriale su base budgetaria, simile quindi a quella dei DRG ospedalieri, può migliorare la qualità di cura (a risorse economiche sostanzialmente invariate), conseguentemente a una miglior presa in carico del paziente da parte del Mmg.

L’intervento di chiusura della mattinata è stato di Ivan Cavicchi, docente di Filosifia della Medicina all'Università Tor Vergata di Roma. Una difesa del diritto alla salute che non si svende a essere un mero valore economico e commerciale. Salute più che sanità, prevenzione più che cura delle malattie, cura nei luoghi di vita più che terapia. Il cambiamento che dobbiamo affrontare, perché il sistema così non è sostenibile economicamente e non garantisce il diritto alla salute, lo si può attuare solo con la partecipazione attiva del vero capitale del sistema: il capitale umano, l’unico che in realtà è de-capitalizzato con il blocco dei contratti e il blocco del turn over.

Francesco Longo, Direttore del Cergas Bocconi, ha poi evidenziato come il futuro sarà necessariamente a valenza infermieristica per l’aumentare dei bisogni legati all’aumento dell’anzianità. Il cambiamento è perciò necessario nella direzione di intercettare i nuovi bisogni di quel 30% della popolazione che assorbe il 70% delle risorse sanitarie: i malati cronici. All’interno di questo gruppo di pazienti sta sempre più aumentando anche il numero di persone in condizione di cronicità socio-sanitaria (anziani non autosufficienti, persone con disabilità, persone affette da dipendenze da sostanze, etc.), stimabili in circa 660.000 di cui il 75% sono a casa con badanti. L’aumento della fragilità e della cronicità sta determinando anche in Lombardia un considerevole aumento dei costi di gestione e richiede un adeguamento delle risposte assistenziali sia sul piano clinico, sia su quello organizzativo-gestionale. Intervenire oggi sulla “cronicità”, significa rispondere ai bisogni di malati complessi, spesso anziani e nei quali incidono più patologie. Si tratta di malati che si rivolgono a numerosi specialisti e figure professionali, spesso senza una corretta integrazione della cura, causa di inutili ripetizioni diagnostiche o terapeutiche, con ripercussioni notevoli anche sul piano della spesa sanitaria. Longo ha anche evidenziato come la crescita del Ssn sia ferma ormai dal 2009, e come l'impatto dei disavanzi devono essere correlati ai tassi di copertura dei bisogni.
 
Nel pomeriggio, la discussione è proseguita con la tavola rotonda “Sostenibilità del sistema e riequilibrio delle professioni sanitarie” in cui si è discusso del marcato cambiamento che investe le organizzazioni sanitarie: dalle modificazioni nei bisogni di salute (quindi nella domanda), all’offerta/risposta dei professionisti e ai loro profili, alle politiche sanitarie ed economiche.
Per Annamaria Guarnier, Responsabile servizio governance processi assistenziali dell'Apss Trento, la sostenibilità del sistema e il riequilibrio delle professioni sanitarie non può prescindere dalla ricerca, quale condizione essenziale per lo sviluppo della professione e quindi del cambiamento, non solo nella sua accezione classica volta al miglioramento della salute dei singoli individui, delle famiglie e delle comunità, ma in un senso più ampio che rivesta anche l’ambito organizzativo, sia micro (interno alle singole unità operative) che macro (organizzazione sanitaria, processi di lavoro). I processi organizzativi e clinico-assistenziali, infatti, sono strettamente interconnessi ed è fondamentale integrare le due componenti del sistema al fine di raggiungere gli obiettivi istituzionali e professionali con alta qualità di risultato.

Paola Pellicciari (Coordinatore regionale Tribunale diritti del Malato) ha spostato poi l’attenzione sul significato del termine “prossimità” emerso durante le relazioni del mattino, facendosi portavoce di coloro che si celano dietro le 70.000 segnalazioni l’anno che danno il senso del grande bisogno, appunto, di “prossimità” anche “fisica” tra chi ha bisogno di cure e che le eroga. L’infermiere è colui che di fatto può ridurre questa distanza; anche l’educazione al paziente e ai Care Givers rientra nel principio della prossimità, soprattutto sul territorio, sia in termini di sensibilizzazione che di responsabilizzazione dei cittadini e di coloro che vivono il loro ambiente. Ideale sarebbe una stretta relazione tra infermiere e cittadino nella formulazione della domanda di salute, al fine di stimolare con maggior enfasi una risposta efficace.

Andrea Bottega (Segretario Nazionale NurSind) ha invece introdotto il suo intervento partendo dallo stato della contrattazione nazionale: la contrattazione collettiva è ferma sia a livello normativo che contrattuale in quanto mancano da definire i comparti e le aree di contrattazione. In questo scenario l’impegno del sindacato si focalizza sulla disoccupazione infermieristica e sul precariato e si pone come priorità la difesa dell’occupazione e la difesa di adeguati standard assistenziali. Le linee di indirizzo nazionali sono volte al potenziamento del territorio e gli standard assistenziali (come quelli del Veneto) sembrano creati per dichiarare un esubero di personale infermieristico a livello ospedaliero per reinvestirlo a livello territoriale, creando così una ulteriore criticità in un ambiente dove i pazienti sono sempre acuti e sempre più complessi. In questo senso ed in questo momento economico la lotta si sposta dalla contrattazione alla difesa dei diritti dei cittadini e dei diritti dei lavoratori, affinché non vengano “tagliati” né i diritti dei cittadini, appunto, né il valore della professione infermieristica. Infine Bottega ha dichiarato "più autonomia, più competenza e responsabilità professionale per garantire qualità del processo e degli esiti, motivo per cui solleciteremo il Comitato di Settore per la riapertura dei contratti per la parte economica e normativa affinchè possano rappresentare uno strumento indispensabile per introdurre quei cambiamenti necessari per rendere il nostro Ssn più efficiente in termini di qualità e di corretto utilizzo delle risorse".

Fabio Castellan (Presidente del Collegio Ipasvi di Padova), partendo dalla recente delibera della Regione Veneto sulla “Definizione dei valori minimi di riferimento per il personale di assistenza del comparto dedicato alle aree di degenza ospedaliera”, ha illustrato come è stato calcolato il “minutaggio”: il valore standard esprime la media dei tempi di assistenza rilevati per singolo paziente nelle due aziende ospedaliere venete che hanno presentato i valori più bassi (the best). Solo per la Medicina interna la Regione ha scelto come riferimento la mediana. Castellan ha quindi ribadito che assumere come standard di riferimento il valore della media, rilevata considerando le due aziende che registrano i tempi di assistenza giornalieri per pazienti più bassi, espone a diversi rischi anche in ragione del fatto che tali indicatori possono derivare da carenze ed inadeguatezze dei servizi erogati, piuttosto che da situazioni di efficacia ed efficienza. Castellan ha rimarcato il fatto che il termine “Valore” non può essere affiancato al termine “minuto” (ed indirettamente, quindi, ad una valenza economica), ma che per gli infermieri il Valore è il diritto alla salute, motivo in più per cui gli standard dovrebbero essere delineati sul criterio degli esiti anziché su quello del tempo.

Infine, è stato il turno di Roberto Carlo Rossi (Presidente del dell’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano) che ha parlato di integrazione, a livello territoriale, tra medico di medicina generale e infermieri, definendola più "complessa" rispetto all’interazione medico-infermiere in ambito ospedaliero, proprio per il fatto che il medico di base è abituato a rapportarsi solo con il proprio assistito e con il personale amministrativo. Nel raccogliere l’invito del presidente Muttillo, l’Ordine dei medici di Milano punta fiducioso su una collaborazione tutta da costruire dunque, una sfida nella sfida del cambiamento del sistema salute, anche nell’ambito delle cure primarie. 

31 marzo 2014
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