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Far certificare i bilanci della sanità da soggetti terzi? Evitiamo di morire di rating

di Ettore Jorio

La proposta del presidente della Toscana di affidare a soggetti terzi la certificazione dei conti della sanità è suggestiva ma o sconsiglia l’esperienza negativa delle società di rating e appare anche contraddittoria rispetto a quanto previsto dalla legge sul federalismo fiscale

24 FEB - La proposta lanciata dal Presidente della Toscana Enrico Rossi di fare certificare i debiti della sanità da soggetti terzi merita qualche riflessione.
Quanto alle finalità sono d’accordo, sostengo infatti - oramai da oltre un decennio - la logica che i conti della sanità debbano essere a posto, nel senso di essere certi e veritieri. Ciò rappresenta un obbligo giuridico, sensibilmente punito in suo difetto, sia sotto il profilo penale che della responsabilità contabile, oltre che sanzionato amministrativamente a carico di chi non lo garantisce.
 
D’altronde, l’attuazione della vigente Costituzione (art. 119) e della successiva legge delega (42/09) lo ribadiscono. Ne sanciscono la puntualità e ne impongono la “prova democratica”, nel senso che la correttezza della gestione contabile debba essere provata ai cittadini elettori dai presidenti delle regioni, in occasione di ogni scadenza elettorale. Ogni inadempimento, in tal senso, è severamente punito con il c.d. fallimento politico, che comporta la ineleggibilità dei colpevoli per i successivi 10 anni, dall’ultimo dei decreti attuativi del federalismo fiscale (149/11). Il provvedimento, questo, impugnato davanti alla Consulta proprio dalla regione Toscana.
Un obbligo, dunque, quello di produrre conti certi e veritieri, che sarà accentuato con la prossima riscrittura dell’art. 81 della Costituzione, secondo quanto previsto dal recente accordo comunitario, meglio noto come fiscal compact.
La previsione dell’inserimento nella Carta costituzionale dell’obbligo di pareggio di bilancio comporterà una grande riforma per tutto il sistema autonomistico, atteso che lo stesso inciderà direttamente nei suoi comportamenti gestionali.
 
Tale obbligo, infatti, inciderà sul bilancio della Repubblica e, quindi, su tutte le sue componenti istituzionali, a cominciare dalla Stato, per finire ai comuni, passando per le regioni e le province.
Proprio per questo motivo, il sistema autonomistico, tenendo conto di quanto precisato nel d.lgs. che armonizza bilanci e sistemi contabili (118/11), dovrà garantire il suo equilibrio economico, non producendo alcun deficit corrente.
Con l’introdotto federalismo fiscale una tale aspettativa istituzionale sarà verosimilmente più garantita, dal momento che ogni sforamento di spesa, rispetto ai criteri dei costi/fabbisogno standard, andrà ad incidere direttamente nelle tasche dei cittadini. Questi ultimi saranno, parimenti, più attenti nel rieleggere i responsabili e, di conseguenza, gli eletti saranno più diligenti nel governo economico degli enti cui sono preposti.
Ritornando alla proposta del presidente Rossi, devo dire però che non mi convince il suo invito generalizzato alla certificazione dei bilanci delle regioni a cura di società terze.
 
 
Lo sconsiglia l’esperienza negativa delle società di rating. Lo sconsiglia la neodisciplina del federalismo fiscale, più esattamente il d.lgs. 149/11, che sottintende l’obbligo di avere degli organi interni preposti alla certificazione. Una opzione che mi pare ovvia e corretta anche perché in linea con la separatezza che la vigente normativa prescrive tra gli organi politici e la dirigenza. Ma anche perché gestibile a costo zero e garante del controllo periodico e costante di tutti gli adempimenti di cui dare conto nella relazione di fine legislatura e di fine mandato, imposte rispettivamente a presidenti di regioni/province e a sindaci.
 
Il richiamarsi all’esigenza della certificazione estranea rappresenta tra l’altro un “desiderio” non più di moda neppure nella imprenditoria privata, attese le balle certificate diffusamente dalle diverse società del settore, prime fra tutte quelle che ebbero a giurare la solidità dei bilanci della Parmalat e Lehman Brothers solo un mese prima del loro default.
Il presidente Rossi, tra l’altro, di esperienze negative in certificazione dei bilanci ne dovrebbe sapere qualcosa. Meglio sarebbe battersi per riformare tutto il sistema della governance dei controlli.
Continuando così, si rischia altrimenti, di morire di rating.
 
Prof. avv. Ettore Jorio
Docente di diritto sanitario all’Università della Calabria

 


24 febbraio 2012
© Riproduzione riservata

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