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Brescia. Intervento sterilizzazione non riuscito, ospedale dovrà risarcire coppia per 25 anni


Un risarcimento mensile per mantenere il figlio non desiderato fino al compimento dei suoi 25 anni. Questa la condanna inflitta in sede civile nei confronti degli Spedali civili di Brescia a cui una donna, già madre di tre figli, si era rivolta per un intervento di chiusura delle tube. Intervento non riuscito, e due anni dopo la donna è rimasta di nuovo incinta. "ll fallimento della sterilizzazione è da attribuire ad una esecuzione tecnica chirurgica inadeguata", ha spiegato una consulenza tecnica del tribunale.

21 LUG - Un risarcimento mensile, per 25 anni, al fine di mantenere un figlio non desiderato. È questa la condanna comminata in sede civile nei confronti degli Spedali civili di Brescia a cui una donna, già madre di tre figli, si era rivolta per un intervento chirurgico di chiusura delle tube. Intervento non riuscito, e due anni dopo la donna è rimasta di nuovo incinta. "ll fallimento della sterilizzazione è da attribuire ad una esecuzione tecnica chirurgica inadeguata" ha spiegato una consulenza tecnica del tribunale di Brescia, secondo cui "può dirsi provata la responsabilità dei sanitari nel fallimento dell'intervento di sterilizzazione eseguito sulla donna".
 
Secondo quanto stabilito dai giudici "l'errore dei sanitari si è tradotto in una lesione al diritto della coppia di autodeterminazione nella scelta di non procreare". Di qui la decisione di condannare gli Spedali civili al risarcimento per il costo del mantenimento del figlio fino al 25esimo anno d'età, per un valore di 300 euro al mese che, moltiplicato per 12 mesi e per 25 anni, porta alla cifra definitiva di 90mila euro.
 
"La giurisprudenza che ha avuto modo di esaminare i casi di gravidanza conseguente ad interventi di sterilizzazione poi rilevatisi inefficaci - si spiega nella sentenza - ha riconosciuto in caso di errore medico la sussistenza del diritto al risarcimento in favore di entrambi genitori dei danni patrimoniali e non patrimoniali in quanto conseguenti alla lesione del diritto di autodeterminazione".
 
I due genitori hanno dimostrato "di aver affrontato dei disagi connessi al trasferimento in un'altra casa e di aver dovuto lasciare la comunità in cui erano inseriti gli stessi unitamente ai figli adolescenti", mentre la consulenza tecnica del tribunale "ha escluso la sussistenza di risvolti psichici da parte della madre al di là delle comprensibili preoccupazioni per la gestione del quarto figlio".
 
Infine, non è stato riconosciuto il danno - sottolineato dalla coppia - per aver dovuto limitare le spese per il tempo libero a causa della nascita del quarto figlio. "La scelta della coppia - spiega il giudice  - era già improntata alla famiglia come testimonia il numero di figli (tre prima dell'ultimo) della coppia".

21 luglio 2020
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