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Cesarei, all’Italia il primato dei “tagli inutili”


26 GEN - Si entra in sala operatoria, eppure se ne potrebbe fare a meno. È il caso dei parti con tagli cesarei non necessari. In Italia accade più spesso che in qualsiasi altro Paese d’Europa. Il cesareo non è necessario nemmeno per quello donne che ne hanno già subito uno. Diffondere questa informazione, in modo capillare. è uno dei principali scopi del progetto Optibirth, un’iniziativa messa in piedi da sei Stati europei, Italia compresa.
 
L'iniziativa si è conclusa il 15 settembre del 2015, ma la sua chiusura ufficiale, che prevede lo studio di tutti i dati raccolti , avverrà il 15 febbraio di quest’anno. In attesa di questa data, la responsabile del programma, Cecily Begley, insegnante al Trinity College di Dublino, sta presentando i risultati in tutti i paesi europei partecipanti. Il 26 gennaio 2017 è stata la volta dell’Italia.
 
I cesarei inutili in Italia e in Europa
Eppure tra tutti gli stati Comunitari se ne contano almeno 160 mila inutili, ogni anno, per un costo di 156 milioni di euro. Una cifra enorme che potrebbe essere risparmiata e reinvestita in altri ambiti della Sanità Pubblica.
Se l’Italia detiene il primato europeo, analizzando la singole regioni la situazione diviene ancora peggiore. In alcune zone l’incidenza di tagli cesarei è così alta da schizzare in vetta alla classifica non d’Europa, ma del mondo. Allo stesso tempo l’Italia si trova in cima anche ad un’altra graduatoria, quella del minor numero di parti vaginali dopo il cesareo: se ne contano talmente pochi da essere la cifra più bassa d’Europa, nonostante sia stata dimostrata la sua maggiore sicurezza.
 
Optibirth Italia
"Il progetto - ha spiegato la Sandra Morano, Optibirth Italia - ha puntato l'obiettivo sopratutto sulle donne che già avevano dato alla luce un bambino con un taglio cesareo e che si trovavano ad affrontare il secondo parto. È diffusa la credenza che chi abbia avuto il suo primo bimbo in una sala operatoria, ci debba tornare anche per partorire il secondo figlio”. La prima investigatrice del progetto da uno sguardo anche all’Italia degli anni passati: “Il quadro della nostra nazione – ha sottolineato - è mutato negli ultimi decenni: 30 anni fa i tassi di incidenza di cesarei erano intorno all’11%, ben al di sotto della media dei vicini europei. Oggi la percentuale è del 38%”.
 
La storia del progetto
Dal 2012 l’Italia si è attivata per mettere un freno a questa tendenza. Ha aderito insieme a cinque altri paesi - Finlandia, Svezia, Irlanda, Paesi Bassi e Germania - all’Optibirth, un progetto finanziato dalla Comunità Europea, che ha coinvolto 15 ospedali e 2 mila donne. “Tutte le partecipanti  - ha spiegato Cecily Begley, responsabile del progetto - sono state reclutate perché nel corso della vita avevano subìto almeno un parto cesareo”. Le mamme hanno preso parte ad un programma innovativo di informazione e sostegno, tenuto da ostetriche e ginecologi.
 
Cesareo: una scelta responsabile della donna
“In alcune realtà - ha aggiunto Sandra Morano, Pi Optibirth Italia - è stato addirittura difficile reclutare donne incinte, che diventano una sorta di proprietà privata del proprio medico. L'85% delle donne sceglie uno specialista privato e,difficilmente, nel corso della gravidanza si distacca dai suoi consigli, quello di optare per un parto cesareo compreso”.
Ma le donne che sono riuscite ad usufruire dell’appoggio degli esperti, hanno potuto contare sulla loro estrema professionalità. I professionisti hanno mostrando loro le evidenze scientifiche e le esperienze sul campo: hanno fatto in modo che la donna potesse scegliere in libertà l'opzione più adeguata ai suoi bisogni.
“Scegliere un cesareo – ha continuato Cecily Begley - può significare aumentare le possibilità per la mamma di dover subire trasfusioni, o maggiori rischi di sviluppare aderenze all'utero dopo la gravidanza. Il nostro scopo è di preservare la salute delle donne e quella del bambino”.
 
I risultati ottenuti con Optibirth
Ma veniamo ai risultati raggiunti:' “grazie al progetto - ha detto Begley- le donne che hanno effettuato un parto vaginale, dopo un cesareo sono aumentate, in media, di 1,4 punti percentuali”. Cifra che sale in modo significativo in Italia dove l'aumento è stato del 13.6%. “Il successo del Belpaese - ha spiegato Sandra Morano - è dovuto all'ottimo lavoro delle ostetriche. Negli altri paesi ci sono stati due problemi: campagne contrarie dei media ed una presa in carico delle gravide un po' tardiva'”.
Le complicazioni riscontare, sia durante la gravidanza che nella vita dei neonati, sono state le stesse che, in media, si riscontrano tra le donne che non hanno partecipato al progetto.
'' Ogni volta che un corpo umano subisce un intervento chirurgico ci possono essere dei rischi - ha commentato Lars Ladfors, dell’ università di Göteborg, in Svezia - anche con un taglio cesareo. Ed è per questo che bisogna farne ricorso solo se necessario”.
Ma i numeri mostrati ci rimandano ad una realtà preoccupante. Secondo i promotori dell’iniziatica sono due i principali nodi da sciogliere: la crescita esponenziale dei costi della Sanità Pubblica ed il condizionamento operato sulla scelta delle donne, che non appaiono autonome nel decidere se partorire in modo naturale o in una sala operatoria.
 
Le sedi italiane e l’informazione sul web
In Italia, hanno aderito all’iniziativa: l’ Ospedale Sant’Anna di Torino, il Policlinico Sant’Orsola Malpighi di Bologna, il Policlinico di Bari, la seconda Università degli Studi di Napoli degli Incurabili, l’ospedale Evangelico Villa Betania di Napoli e Irccs San Martino Idi Genova.
Per tutte le mamme del mondo è stato creato un sito ad hoc www.optibirth.eu, dove poter reperire le informazioni sull'argomento.

26 gennaio 2017
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