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Hiv/Aids. Approvato in Usa un nuovo farmaco che riduce il rischio di contagio. Ma è polemica


Se assunto regolarmente dai partner di persone sieropositive il nuovo medicinale può ridurre la probabilità di contrarre il virus dell’Hiv del 73%. Ma il farmaco non convince del tutto le associazioni di pazienti per numerosi fattori: la paura di fare passi indietro nella prevenzione, i costi, la sicurezza.

17 LUG - È stata approvato dall’Fda statunitense il primo farmaco per persone non sieropositive che ha dimostrato di ridurre il rischio di infezione da virus Hiv, e che secondo molti potrebbe essere una pietra miliare nella lotta contro l’Aids. Il nuovo medicinale è stato però accolto da una serie di dubbi e di polemiche, che riguardano in primo luogo i costi, ma anche gli stessi studi scelti per valutarne efficacia e sicurezza.
 
Il farmaco, il cui nome commerciale è Truvada e che è una combinazione di due farmaci antiretrovirali, ridurrebbe la probabilità di contrarre il virus addirittura del 73%, nel caso venga preso quotidianamente. Se invece l’assunzione è meno regolare la protezione scende al 44%.
Secondo l’ente statunitense l’approvazione fa parte di un più ampio piano di prevenzione contro l’Hiv, che prevede anche la promozione dell’uso del preservativo e l’invito a praticare il test, che da poco negli Stati Uniti si può fare oltre che in ospedale anche sia in farmacia che a casa. In questo modo, l’Fda voleva sedare la possibile preoccupazione che la commercializzazione di un farmaco di questo tipo potrebbe invogliare ad avere rapporti non sicuri o portare a comportamenti a rischio.
 
Ma il problema del farmaco non è solo questo.Il trattamento con la pillola, seppure per essa non sia ancora stato stabilito un prezzo definitivo, secondo gli esperti sarà troppo costoso: dovendo essere assunto quotidianamente, il farmaco costerebbe ad ogni paziente secondo le stime non meno di 14 mila dollari l’anno, ovvero circa 11 mila euro. Un prezzo che sicuramente non si avvicina a quelli dei trattamenti di antiretrovirali da assumere a vita, che costano di più, ma che comunque è fuori dalla portata del cittadino statunitense medio, soprattutto se privo di assicurazione sanitaria.
Inoltre, i farmaci usati ad oggi, usati sulle persone sieropositive, hanno dimostrato una maggiore efficacia. “Nella maggior parte delle circostanze è meglio concentrarsi sul partner già affetto che non su quello non sieropositivo”, ha spiegato Michael Barton di Unaids, il programma dell’Onu contro l’Hiv/Aids. “Sappiamo infatti che se le persone che hanno contratto il virus prendono costantemente farmaci antiretrovirali, sopprimendo il virus sotto un certo livello, diventa quasi impossibile trasmetterlo”, ha continuato.
Tuttavia, ammette l’esponente di Unaids, esistono ancora delle situazioni critiche, in cui il farmaco potrebbe essere utile. “Purtroppo ci sono ancora coppie in cui il partner sieropositivo si rifiuta di assumere questi farmaci o addirittura di usare il preservativo. Sono proprio queste le persone cui fa comodo avere un’altra opzione, che può dare un minimo di tranquillità in più ai partner non infetti”.
 
Altre organizzazioni che lavorano nell’ambito della lotta all’Hiv/Aids sono invece state molto più nette nel giudizio sul farmaco. “La decisione dell’Fda è avventata, e ci porterà indietro di anni nella prevenzione”, ha commentato Michael Weinstein, presidente della Aids Healthcare Foundation (Ahf). La paura dell’associazione, infatti, è da una parte quella che possano essere promossi comportamenti che portino a nuove infezioni, dall’altra quella che il farmaco possa avere effetti collaterali troppo grandi, come problemi ai reni riportati da alcuni degli studi sul medicinale. Oppure, ancora, generare resistenza, se assunto in maniera non corretta o sporadicamente. “Gli studi presi come riferimento – ha aggiunto – hanno risultati talvolta contrastanti, e l’ok ci sembra piuttosto imprudente. Inoltre, sarebbe intelligente fornire insieme al farmaco anche un kit per fare il test, cosicché si possa essere sicuri di non dare il farmaco a persone che non ne avranno beneficio”.
 
L’ok dell’Fda arriva a seguito dell’analisi di diversi studi sul farmaco,che hanno in effetti dimostrato buoni risultati: tra questi uno pubblicato nel 2010 su New England Journal of Medicine e condotto su un campione di 4500 persone (uomini o transessuali) su cui il farmaco ha dimostrato i buoni risultati. Tuttavia,c’è da dire che un altro trial condotto successivamente in Africa solo su un campione femminile è stato sospeso per assenza di benefici.
Nonostante questo e nonostante alcuni effetti collaterali in effetti ci siano – diarrea, dolore o perdita di peso – l’ente statunitense ha però deciso di procedere con l’approvazione, sulla base del resto dei risultati positivi. “I benefici che il farmaco può dare superano di gran lunga questi rischi”, hanno fatto sapere. Nel frattempo, nonostante l’ok, l’ente ha dichiarato di aspettare ulteriori dati sul farmaco, come ad esempio quelli relativi all’uso in gravidanza e quelli che riguardano lo sviluppo di resistenza al medicinale.
 
Laura Berardi

17 luglio 2012
© Riproduzione riservata

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