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Hiv. Essere positivi a due ceppi del virus è "meglio" che esserlo a uno solo


Lo hanno scoperto alcuni ricercatori della Lund University, pubblicata sul New England Journal of Medicine: chi è infetto dal solo ceppo Hiv-1 sviluppa più velocemente l’Aids, e la malattia risulta più aggressiva, rispetto a chi ha subito anche il contagio di Hiv-2.

27 LUG - Perché il virus Hiv-1, il più aggressivo dei ceppi di Hiv nonché il più diffuso in Europa, è meno ‘cattivo’ quando colpisce una persona già infetta con l’Hiv-2? Per rispondere a questa domanda, e per comprendere come poter rallentare lo sviluppo dell’Aids nei soggetti sieropositivi, proprio nella settimana della 19esima International Aids Conference, che si conclude oggi a Washington, arriva una ricerca della Lund University in Svezia, che secondo gli scienziati che l’hanno condotta potrebbe portare allo sviluppo di nuove terapie per combattere l’epidemia. Lo studio è stato pubblicato su New England Journal of Medicine.
 
Gli scienziati che hanno condotto la ricercahanno analizzato per un periodo di oltre 20 anni in che modo la patologia si sviluppasse in 223 pazienti sieropositivi, alcuni dei quali affetti dal solo ceppo Hiv-1 e altri che presentavano nel sangue entrambi i ceppi. “L’effetto di moderazione dato dalla presenza di Hiv-2 era grandissimo: addirittura nel caso in cui il contagio fosse doppio, il tempo impiegato per sviluppare la malattia aumentava del 50% rispetto a chi era infetto del solo Hiv-1”, ha spiegato Joakim Esbjörnsson, virologo alla Lund. “Una differenza talmente sensibile che ci rende ottimisti. È possibile che scoprire la causa di questo fenomeno possa aiutarci a identificare un nuovo metodo per contrastare lo sviluppo dell’Aids”.
Per capire come cambiasse l’infezione a seconda della presenza di uno solo o di entrambi gli Hiv, i ricercatori hanno analizzato anche il genoma stesso del virus. L’Hiv è noto per essere estremamente variabile: quando una persona viene infettata nel suo sangue coesistono diversi tipi di virus, la cui differenza genetica l’uno nei confronti dell’altro aumenta all’avvicinarsi dello sviluppo dell’Aids. Questa differenza era più marcata fin dai primi stadi della malattia nei soggetti infetti del solo Hiv-1 rispetto a quelli portatori di entrambi i ceppi, e ciò dava a questi ultimi un punto di partenza migliore e dunque per questi l’arrivo dei peggiori sintomi dell’Aids risultava ritardato.
 
Per analizzare tutte le differenzegli scienziati hanno anche studiato i livelli di linfociti T CD4+, le cellule del sistema immunitario attaccate e distrutte dal virus, nel sangue dei due diversi gruppi di pazienti. Quelli che presentavano entrambi i ceppi sembravano avvantaggiati anche in questo caso: presentando una conta più alta di CD4+ durante tutto il periodo dell’infezione, queste persone avevano a disposizione un tempo maggiore prima di arrivare al di sotto della soglia critica del valore dei linfociti e dunque prima del passaggio dalla sieropositività all’Aids conclamata. “È come se la presenza di Hiv-2 attivasse automaticamente reazioni cellulari capaci di tenere sotto controllo lo sviluppo della malattia”, ha commentato Patrik Medstrand, docente di virologia alla Lund. “Se riusciamo a capire quali sono questi processi, potremmo anche scoprire nuovi meccanismi da usare per rallentare l’attacco della sindrome anche negli altri pazienti. E a lungo termine questo potrebbe portarci a sviluppare migliori misure preventive o anche trattamenti più efficaci”.
 
Laura Berardi

27 luglio 2012
© Riproduzione riservata

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