Farmaci e terapie straordinarie, per lo più biotech, hanno cambiato e stanno cambiando la storia naturale di tante gravi malattie curandone le cause, prevenendo complicazioni, evitandone la progressione. Agli importanti vantaggi per i pazienti in termini di salute e qualità di vita, si associano anche maggiori costi per l’accesso alle terapie, un elemento che viene visto dai sistemi sanitari pubblici come minaccia alla sostenibilità del sistema. Come garantire e conciliare lo sviluppo di importanti innovazioni farmaceutiche, come quelle raggiunte grazie alle terapie biotech, con un accesso rapido e sostenibile? Oggi a Roma, in occasione dell’evento: “Innovazione Farmaceutica. Valore, nodi e modelli di sviluppo dalla ricerca all’accesso” promosso da Assobiotec (Associazione nazionale di Federchimica per lo sviluppo delle biotecnologie) in collaborazione con Osservatorio Sanità e Salute, si è cercato di dare risposta a questa domanda di stringente attualità, che sempre più richiederà una risposta urgente se si considera che nel 2030, secondo le stime dell’OCSE, saranno biotech l’80% dei farmaci.
Mondo della ricerca, comparto industriale, responsabili politici e decisori istituzionali si sono così confrontati su alcune aree critiche che riguardano l’innovazione farmaceutica con particolare riferimento alla sperimentazione clinica e al valore dei farmaci innovativi cercando di trovare il difficile punto di equilibrio tra il progresso scientifico che i pazienti e la società in generale chiedono e un accesso sostenibile necessario per i sistemi sanitari pubblici. “L’innovazione farmaceutica – ha dichiarato Fabrizio Greco, Presidente di Assobiotec - è un processo globale che porta valore ai pazienti e alla società e viene generato ad ogni passo del percorso che porta un’idea a diventare soluzione. Il nostro Paese ha bisogno di crescere nella ricerca di base e nel suo passaggio alle realtà produttive ma già oggi può sfruttare le grandi competenze esistenti nel SSN per diventare maggiormente attrattivo per la ricerca clinica, un importante volano che permette ai pazienti di accedere anticipatamente a terapie innovative, offre opportunità di crescita professionale a medici e ricercatori e consente al SSN benefici, tra investimenti e costi evitati, stimati in 2,77 euro per ogni euro investito. Ma per ottenere questo – prosegue Greco –, è necessario riconoscere il valore delle terapie innovative con modelli farmacoeconomici che valutino adeguatamente i benefici ed i costi evitati nel lungo periodo. Il futuro della farmaceutica dipenderà dallo sviluppo delle biotecnologie e la ricerca ed il rapido ed ampio accesso a questi farmaci sono fattori chiave, oltre che per generare salute, anche per lo sviluppo del Paese. Dobbiamo quindi cambiare prospettiva e focalizzarci, garantendo nel breve termine la sostenibilità del SSN, nella generazione di salute, competenze e valore economico, così da avere le risorse necessarie per poterci permettere le nuove terapie e generare un ciclo virtuoso di benessere per il Paese”.
L’evento è stata anche l’occasione per presentare la pubblicazione “Il valore dell’Innovazione farmaceutica” di Stefano Vella, Professore di Metodologia della ricerca clinica dell’Università Tor Vergata di Roma. Un’opera in tre volumi che partendo dalla descrizione delle aree terapeutiche ad alta innovatività affronta aspetti normativi e regolatori, anche a livello europeo, fino all’analisi di nuovi modelli di valutazione dell’innovazione, per il Paziente e per la Società, e alla tematica cruciale rappresentata dall’accesso ai medicinali. "Nell'ultimo capitolo di questa trilogia - evidenzia Vella - toccherò anche l'essenziale aspetto dell'accesso all'innovazione, nei Paesi più ricchi ma anche in quelli più poveri. Perché l'innovazione é un valore solo se arriva a tutti coloro che ne hanno bisogno. E toccherò il problema globale dell'accesso all'innovazione per i Paesi più poveri: è un aspetto che mi tocca da vicino, avendo lavorato per tanti anni sulla pandemia HIV/AIDS, che rappresenta un modello virtuoso di accesso ai farmaci, ad esempio attraverso il voluntary licensing, che, pur garantendo il diritto di proprietà intellettuale nei i Paesi più ricchi, la rimodula per i Paesi poveri”.